Riassunto: Maxwell
Evans � un noto produttore cinematografico ed Elizabeth Parker una
giovanissima attrice. Lui ha un passato che nessuno conosce. Lei sta
cercando di costruire il proprio futuro. Naturalmente le loro vite finiranno
con l’intrecciarsi...
Data di stesura:
dal 9 novembre al 13 dicembre 2005.
Valutazione:
adatto a tutti.
Diritti: Tutti
i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto � di
propriet� del sito Roswell.it. (In realt� ci sono anche alcuni personaggi di
mia creazione, ma in un certo senso la cosa � irrilevante...)
Indirizzi e-mail:
ellis@roswellit.zzn.com
Nota dell'autrice:
La trovata con cui Max Evans, nella terza serie, si presenta in casa del
noto produttore Cal Langley, mi ha sempre intrigato. I nomi dei personaggi
sono quelli che conosciamo, ma i ruoli non sono sempre corrispondenti.
Infine, un grazie alla mia “beta-reader” Shanti!
Nessuno conosceva il suo passato. La sua
era stata una scelta deliberata. L’unica possibile per cercare di andare
avanti. Per sopravvivere allo strazio. Non per dimenticare. Non avrebbe mai
dimenticato il momento in cui l’aereo aveva attraversato la Torre Nord
portandogli via ci� che di pi� caro aveva al mondo... C’era voluto circa un
anno per risalire dal baratro della disperazione, quasi della follia, che lo
aveva condotto ad un passo dal suicidio, poi, in qualche modo, era riuscito
a sigillare la parte del suo cuore che avrebbe racchiuso per sempre quella
tremenda ferita. Solo allora aveva ricominciato a vivere. Un poco alla
volta, costruendo qualcosa di nuovo dalle macerie della sua anima. Si era
completamente immerso nel progetto che, insieme a Tess, aveva abbozzato
quasi per scherzo sui banchi di scuola, e ora la Antar Films era diventata
una potenza nel mondo della celluloide.
Lo sguardo perso nel vuoto, rivide la moglie, con la piccola Leanna stretta
fra le braccia, che gli sorrideva mentre le porte dell’ascensore si
chiudevano davanti a lei. Avevano programmato con cura quel breve viaggio a
New York, mettendo da parte ogni centesimo per mesi, ansiosi di tuffarsi
nella sua meravigliosa confusione. Erano arrivati il giorno prima. Avevano
visitato il Museo d’arte moderna e passeggiato in Central Park, e quella
mattina si erano recati presto alle Twin Towers per poter ammirare il
panorama della citt�. Nonostante l’ora il World Trade Center era gi� molto
affollato e nell’ascensore non c’era posto a sufficienza per la carrozzina.
Tess lo aveva guardato implorante. Ti spiace se noi due ti precediamo? -
aveva chiesto. Anche la loro bimba di appena cinque mesi aveva rivolto verso
di lui i suoi grandi occhi blu gorgogliando contenta, e con un sorriso aveva
accondisceso. - Vi raggiungo col prossimo. - Le mani appoggiate sulla
carrozzina vuota.
Non ne ebbe mai l’occasione.
Un boato assordante. Fumo, macerie che cadevano tutto intorno, urla
disperate. Un mondo distrutto. Il suo mondo distrutto.
L’ascensore, come molte altre cose, si era letteralmente disintegrato
nell’esplosione dell’aereo che i kamikaze avevano diretto contro il
grattacielo, e di Tess e Leanna non era rimasto pi� nulla.
Per un crudele scherzo del destino lui non aveva riportato neppure un
graffio. Il suo corpo non aveva ferite, ma l’anima era morta.
Un anno dopo era tornato l�, a Ground Zero, e aveva deposto due rose bianche
nel punto esatto in cui una volta si trovava l’ascensore, adesso solo uno
spazio vuoto in un’immensa buca. I nomi di Tess e Leanna Evans non sarebbero
mai apparsi sulla grande stele del ricordo. Non risultavano tra i caduti
ufficiali, vittime innocenti di una guerra di fanatici. Una guerra che non
li riguardava ma che pure li aveva travolti. Il silenzio era l’ultimo velo
di protezione che aveva potuto stendere attorno a loro.
Non aveva mai pi� rimesso piede a New York.
Quel giorno era l’11 settembre del 2009, otto anni dopo l’immane tragedia
che aveva scosso i pilastri della civilt� occidentale, ed il pensiero era
corso istintivamente al ricordo di sua moglie, all’epoca appena diciottenne,
e di sua figlia. Chiuse gli occhi. Dietro le palpebre le torri gemelle si
sostituirono ai palazzi di Los Angeles, la cui vista riempiva le finestre
del suo ufficio, e per alcuni interminabili secondi rivisse tutto lo strazio
di allora.
Quella data avrebbe sempre pesato sul suo cuore come un macigno.
Con uno sforzo di volont� si scosse e torn� a rivolgere lo sguardo allo
schermo del computer sulla scrivania. L’agenda era fitta di impegni e,
stando all’orologio elettronico nell’angolo inferiore del monitor, solo una
manciata di minuti lo separava dal suo primo appuntamento. Serr� le mascelle
in un gesto involontario, l’unico segno rivelatore delle tumultuose emozioni
che si agitavano dentro di lui, poi si costrinse a rilassarsi ed infil�
nella tasca della giacca il palmare ed il cellulare dopodich� usc� dalla
stanza.
La sala riunioni, un locale n� troppo grande n� troppo piccolo, arredato in
maniera confortevole, era gi� occupata da due delle cinque persone che
doveva incontrare. - Buongiorno, signori, gradite del caff�? - chiese
cortesemente, e ai loro cenni affermativi si volse e fece un breve sorriso
alla sua segretaria.
La donna, sulla quarantina, molto ben curata e vestita in modo elegante ma
allo stesso tempo pratico, ricambi� il sorriso e si allontan� per
provvedere.
Stavano ancora sorbendo la bevanda quando giunsero gli ultimi ospiti.
- Scusate il ritardo... - mormor� il pi� anziano del gruppo prima di
accettare con una punta di imbarazzo il caff� che gli veniva offerto.
Poco dopo le tazzine vennero portate via ed il tavolo si ricopr� di fogli e
fascicoli variamente colorati.
- Ho studiato le vostre proposte e penso che si possa arrivare ad un
accordo. Innanzitutto vorrei illustrarvi alcuni punti su cui gradirei delle
delucidazioni... -
La sua voce, dal timbro caldo e profondo, risuon� pacata mentre esponeva le
questioni controverse della richiesta di finanziamento per quel nuovo
progetto cinematografico.
L’uomo si accigli� impercettibilmente nel seguire l’interazione fra i due
attori. La luce dorata del tardo pomeriggio avvolgeva la coppia, seduta su
una sdraia a bordo piscina, mentre le macchine da ripresa registravano la
scena. Con suo enorme sollievo l’ultima battuta venne pronunciata e pot�
dare lo stop. Subito ci fu il solito trambusto che seguiva questo momento, e
all’improvviso si rese conto dell’automobile parcheggiata nello spazio
riservato al personale impegnato sul set. Volse lo sguardo intorno e vide la
figura slanciata dell’amico venirgli incontro. Sorrise soddisfatto. -
Cominciavo a temere che non saresti pi� venuto! -
- C’era un po’ di traffico... - disse l’altro con tono leggero. - Allora? Di
cosa volevi parlarmi? -
Nonostante gli occhiali da sole Gregory Halford pot� sentire il suo sguardo
penetrante fisso su di lui. - Ho bisogno di un favore. Un grosso favore. -
disse impacciato. Accenn� al bordo piscina. - Si tratta di Elizabeth Parker
-
- Cio�? -
Il regista gli mise un braccio intorno alle spalle e lo sospinse nella
direzione da cui era giunto, allontanandosi con discrezione dalla troupe. -
E’ molto giovane, ha soltanto diciotto anni, ma � davvero brava. Ha
frequentato una delle migliori scuole di recitazione del paese e questa � la
sua prima esperienza cinematografica. Quell’idiota di Valenti le ha messo
gli occhi addosso, e ora... -
- Non soltanto gli occhi, direi, a giudicare da quello che ho visto poco
fa... Non volevo disturbare le riprese, cos� me ne sono rimasto in disparte
a guardare. Quei due sembravano incollati con l’adesivo... - comment� con
ironia.
- Gi�, e proprio questo � il problema! Valenti � una vera piovra umana, e
quella poveretta � sull’orlo di un esaurimento nervoso! -
- Non mi � parso che fosse infastidita da tutte quelle manovre... -
- Te l’ho detto, Maxwell, � una professionista e fa quello che deve senza
lamentarsi. Ma ieri la truccatrice l’ha sorpresa nel suo camper a spalmarsi
il collo col fondotinta, e al termine della giornata le ha chiesto del
ghiaccio. Magda mi ha riferito che non � la prima volta che succede, e lei
stessa � costretta a lavorare di fino per ridurle il gonfiore alle labbra
praticamente dopo ogni scena in cui � previsto che si bacino! -
- Mentre Valenti non deve mai far ricorso al trucco? -
- Esatto. Il che significa che � lui che fa tutto il lavoro, e lei subisce
in silenzio! Probabilmente non vuole suscitare pettegolezzi, per� io mi
sento responsabile nei suoi confronti. E siccome Kyle � il protagonista e
non posso licenziarlo a questo punto delle riprese, sono costretto a mandare
via Elizabeth, ma non voglio che la sua carriera ne abbia a soffrire,
naturalmente! -
- Quindi mi stai chiedendo di offrirle un lavoro cui non possa dire di no,
giusto? -
- Giusto. Maxwell, tu sei la persona pi� seria e onesta che abbia mai
incontrato ad Hollywood, e sono sicuro che puoi capirmi. Elizabeth Parker �
una ragazza speciale e merita di essere aiutata. Mi dispiacerebbe
immensamente se finisse distrutta da gente del calibro di Valenti... -
- Ok, domani la mander� a chiamare. -
Halford s’illumin� in volto. - Hai gi� qualche idea? - chiese incuriosito.
- Forse. Chi � il suo agente? -
- Andrea Robinson. Ehi, sono tuo debitore... -
- Non � il caso. Lo sai che non sopporto i bulli da strapazzo -
- Ad ogni modo, grazie. - Gli strinse la mano con forza e, sorridendo
contento, torn� al proprio lavoro.
Prima di raggiungere la propria vettura Maxwell cerc� con lo sguardo la
giovanissima attrice. La vide mentre, a capo chino, si avviava verso il
camper del trucco, le mani strette intorno allo scollo dell’accappatoio
bianco che indossava sopra il costume, quasi a voler scomparire dentro di
esso. Comprese che, di nuovo, Magda avrebbe dovuto procurarle del ghiaccio e
lavorare di fondotinta. “Valenti meriterebbe di essere preso a pugni per il
suo comportamento, e invece � lei a doverne pagare le conseguenze...
Quell’uomo � un vero mascalzone.”
Sospir�, poi alz� gli occhi al cielo. Le nuvole si rincorrevano come fiocchi
d’ovatta, sospinte dalla brezza leggera, e l’aria stava cominciando a
rinfrescare. Infil� le mani nelle tasche della giacca di cotone che
indossava e si morse le labbra. Diciotto anni... Elizabeth Parker aveva la
stessa et� di Tess quando... Interruppe il pensiero quasi con rabbia. Dopo
tutto quel tempo non avrebbe dovuto sentirsi ancora cos� sconvolto per una
semplice coincidenza... S�, avrebbe aiutato quella ragazza. Non poteva fare
diversamente.
Il bisogno di strofinare le mani una contro l’altra era diventato
insopportabile. La tensione le aveva reso asciutta la gola e un velo di
sudore le copriva la fronte. Per un attimo pens� di voltarsi e fuggire via.
Non si sentiva pronta per quel colloquio... Certo, Andrea aveva ragione: era
diverso quando venivi richiesta. Non doveva confrontarsi con centinaia di
altri candidati, stavolta si trattava solamente di capire se lei fosse
adatta o meno per la parte. Tuttavia questo non diminuiva il suo stato
d’ansia. La Antar Films era una casa cinematografica particolare, che si
occupava di produzioni di qualit� pur spaziando dal genere drammatico a
quello fantascientifico. Il fatto che l’avessero cercata era un grande
onore, anche se doveva ammettere che sarebbe stata disposta ad accettare
qualsiasi incarico pur di vedere rescisso il suo contratto con la Paramount
senza per questo finire sul lastrico... Fece una smorfia. Non era stato
cos�, all’inizio. Sapeva bene che quello non era il mestiere pi� facile del
mondo. C’era una spaventosa concorrenza e tanti, tantissimi erano gli
aspiranti attori, molti dei quali veramente in gamba. Ma la televisione, il
cinema e il teatro non offrivano spazio a sufficienza cos� a volte si era
costretti ad accettare quello che capitava. Aveva interpretato svariati
ruoli, non sempre a lei confacenti, e se l’era sempre cavata con onore.
Quell’ultimo film, invece, in cui aveva solo una piccola parte, si era
rivelato un’impresa quasi superiore alle sue forze. Aveva minato la sua
autostima, l’aveva portata a chiedersi se fosse realmente in grado di
svolgere quell’attivit�, nella quale aveva riversato tutte le sue capacit�,
le sue speranze, i suoi sogni. Aveva cominciato a dubitare di aver sbagliato
tutto, a cominciare da quel che credeva di conoscere di s�. Deglutendo a
fatica pens� che il destino aveva voluto concederle una nuova opportunit� e
lei non doveva essere cos� stupida da lasciarsela sfuggire!
Si pass� le dita tra i capelli con fare nervoso e cerc� di calmarsi. Studi�
l’ambiente che la circondava. Sembrava fatto apposta per mettere la gente a
proprio agio, eppure non pot� fare a meno di sobbalzare quando una porta si
apr� ed apparve un uomo sui trent’anni. - Elizabeth Parker? - chiese
gentilmente.
Annuendo, scatt� in piedi e lo segu� nel piccolo studio da cui si era
affacciato.
Circa un’ora pi� tardi venne accompagnata all’uscita. Era stanchissima,
fisicamente e psicologicamente, ma allo stesso tempo si sentiva soddisfatta.
Non era mai stata sottoposta ad un provino tanto complesso, in cui aveva
parlato di s�, delle proprie esperienze in quel campo, di ci� che l’aveva
portata a scegliere la recitazione, e aveva letto lunghe parti tratte da
svariati film. Monologhi, dialoghi - questi ultimi con l’aiuto di una delle
tre persone che curavano l’intervista - ma anche qualche passo di sua
scelta, compresa una poesia.
Alla fine l’avevano salutata con una calda stretta di mano e le avevano
consegnato il copione, annunciandole che a breve avrebbero contattato il suo
agente per la firma del contratto. Le avevano anche detto di non
preoccuparsi per l’impegno che la legava al suo attuale datore di lavoro, e
di cui si sarebbe occupata la loro casa produttrice.
Sorrideva contenta mentre attraversava l’ampio parcheggio che costeggiava
quel lato della successione di bassi edifici che costituivano gli studios
della Antar Films. Chin� il capo per frugare nell’ampia borsa alla ricerca
delle chiavi dell’auto e quando lo rialz� stringendole come fossero un
trofeo gli occhi le caddero su un uomo che si stava dirigendo verso
l’ingresso dell’edificio che si era appena lasciata alle spalle. Indossava
una t-shirt nera e pantaloni dello stesso colore, che gli fasciavano il
corpo come una seconda pelle sottolineando la linea armoniosa dei muscoli.
Gli occhiali da sole, pure neri, mimetizzavano il suo viso, incorniciato da
folti capelli scuri con cui il vento giocava allegramente. Un sorriso
inconsapevole le incurv� le labbra. Nell’insieme era una figura molto
attraente, almeno da lontano. E certe volte era meglio che le cose
rimanessero cos�. Da quella distanza non si notavano i difetti, e si poteva
continuare a fantasticare...
- Com’� andata? -
- Non male. Ammetto che ci siamo andati gi� un po’ pesanti, ma se l’� cavata
discretamente. Vuoi vederla subito? -
- No, fammi un duplicato. Le hai dato il copione? -
- S� - Il giovane che aveva accolto Elizabeth Parker fece un ghigno
divertito. - Non ha battuto ciglio, ma ho notato il modo in cui lo ha
stretto fra le dita... Scommetto che entro una settimana avr� imparato la
sua parte a memoria! -
- Ottimo. Vorrei che le riprese iniziassero entro la fine del mese quindi
datevi da fare anche voi, ok? -
- Non c’� problema. I provini sono quasi conclusi, le ___location tutte
individuate, e lo staff tecnico selezionato e messo in preallarme. -
- Ottimo. - Guard� gli altri due collaboratori. - Fatemi avere la lista non
appena sar� completa. Il set per gli interni?
- Gi� pronto. Ah, le costumiste hanno bisogno di uno spazio per lavorare.
Posso usare uno dei magazzini di riserva?
Maxwell corrug� la fronte. - S�, certo. Quello nel settore B ha la luce
migliore. -
- Perfetto, grazie, capo! - Sentendo un piccolo bip si gir� e tolse il disco
dal registratore. - Ecco fatto. Buon divertimento... -
- A domani - Fece un cenno di saluto e se ne and�.
Impieg� mezz’ora per arrivare a casa. Si sentiva stanco, leggermente
depresso, ma ci era abituato. Era sempre cos�, il giorno dopo l’11
settembre. Il tempo non era ancora riuscito a lenire il suo dolore, anche se
lui faceva di tutto per tenere a bada il ricordo di ci� che aveva perduto.
Desideroso di distrarsi, and� a fare una rapida doccia poi sedette sul
divano e si accinse a guardare il provino della giovane Parker.
Quando la registrazione termin� rimase a lungo a fissare lo schermo del
televisore. Il volto di Elizabeth, cos� espressivo, cos� intenso, la sua
voce ora dolce e sognante ora ferma e dura risuonava come un’eco silenziosa
nella stanza. Gli occhi scuri avevano una luce particolare, sembravano
attirare nella loro profondit�. Ancora adolescente, era gi� dotata di un
fascino sottile che la faceva sembrare pi� matura. Sarebbe stata perfetta
nel ruolo di Shannon, la ragazza sbandata che trovava in s� la forza d’animo
per aiutare i due giovanissimi protagonisti a sottrarsi al pericoloso giro
di droga in cui erano finiti. Era una parte difficile ma, dopo averla vista
sul set con Valenti, era certo che se la sarebbe cavata benissimo.
Distrattamente premette di nuovo il tasto Play del telecomando. Dopo pochi
secondi, tuttavia, interruppe la riproduzione con un gesto brusco e spense
l’intero impianto. Si diresse in cucina. Non aveva fame, in realt�, tuttavia
quel giorno aveva saltato il pranzo e sapeva di dover mangiare qualcosa
altrimenti avrebbe finito con lo svegliarsi in piena notte in preda ai
crampi o, peggio ancora, agli incubi, come talvolta gli accadeva. E poich� i
suoi incubi riguardavano sempre il momento dell’attacco alle Torri e
l’ultimo sorriso di Tess e Leanna, non aveva alcuna intenzione di correre il
rischio. Non dopo le prime due esperienze, in cui era schizzato a sedere sul
letto gridando per l’orrore. Ne andava della sua salute mentale...
Accarezz� quasi con affetto le lettere stampigliate sulla foderina del
copione. - Inversione di rotta. Soggetto e sceneggiatura di ZOA. Antar Films
- lesse ad alta voce. ZOA... Si domand� chi si nascondesse dietro quelle
iniziali. Un uomo o una donna? I suoi lavori rivelavano una sensibilit� che
la facevano propendere per la seconda ipotesi, anche se la forza delle
descrizioni aveva una caratteristica tutta maschile. Sorrise. Aveva sentito
circolare delle voci secondo cui stava lavorando a qualcosa di nuovo, ma non
era niente di sicuro. E comunque, come avrebbe potuto immaginare che avrebbe
interpretato uno dei suoi personaggi? Sedette comodamente sul letto, la
schiena appoggiata contro la parete e le gambe flesse a fare da legg�o per
il voluminoso dattiloscritto. Di solito usava un pennarello per evidenziare
le sue battute per� in quel caso le sarebbe parso un sacrilegio, cos� cerc�
di memorizzare visivamente la posizione dei punti che la riguardavano. Era
un trucco che aveva imparato da bambina, quando andava alle elementari, e
che aveva continuato a tornarle utile anche dopo. A mezzanotte inoltrata era
ancora l�, intenta a leggere e rileggere le frasi pronunciate da Shannon,
calandosi totalmente in lei fino a perdere la coscienza di s�.
- Senti, � tardissimo, ti spiace spegnere e dormire? Lo sai che la luce
filtra da sotto la porta... -
La voce assonnata di Eileen, la sua compagna di appartamento, la fece
sussultare con violenza. - Scusami, non mi ero resa conto dell’ora... -
mormor� dopo aver gettato un’occhiata alla piccola radiosveglia sul
comodino. - Come penitenza preparer� i pancakes per colazione, ok? -
L’amica abbozz� un sorriso. - Per due giorni? - prov� a contrattare.
- Va bene, per due giorni. - cedette a malincuore.
- Affare fatto! ‘Notte. -
- ‘Notte - Attese che l’uscio si fosse richiuso dietro di lei poi mise via
con riluttanza il copione e spense l’abat-jour.
Era impaziente di cominciare a lavorare, quel ruolo le piaceva molto, e si
augur� che la Paramount non facesse troppe storie per lasciarla andare. In
fin dei conti perch� avrebbe dovuto? Il suo era soltanto un personaggio di
contorno, e la trama del film non ne avrebbe risentito affatto se le due
scene in cui avrebbe dovuto ancora recitare fossero state tagliate...
Confortata da quest’ultima riflessione, si stiracchi� beatamente sotto le
lenzuola e chiuse gli occhi per scivolare subito dopo in un sonno profondo.
- Sapevo che ti avrei trovato ancora qui! - Halford varc� la soglia
dell’ufficio e, con sguardo indagatore, continu�: Come sta andando? -
Maxwell non ebbe bisogno di spiegazioni per capire a cosa si riferisse. Si
lasci� andare contro lo schienale della poltroncina e sorrise. - Alla
grande. Se la cava benissimo, e ha un ottimo feeling con gli altri. Avevi
ragione, � un’attrice proprio in gamba! -
- Ne ero certo. Per questo non volevo che uno come Kyle Valenti la rovinasse
subito! A volte basta poco per distruggere una persona, e mi sarebbe
dispiaciuto se fosse capitato proprio a lei, per di pi� sotto la mia
direzione! -
- Beh, direi che puoi tranquillizzare la tua coscienza. E’ molto cresciuta,
in questi mesi, e probabilmente adesso non si lascerebbe pi� intimidire dai
tipi sul genere di Valenti... -
- Felice di saperlo. So che hai un ottimo intuito per certe cose, quindi
sono ancora pi� contento per essermi rivolto a te! - Tese la mano in un
gesto di gratitudine e Maxwell si affrett� a stringergliela. - Veramente
sono io a doverti ringraziare. Il mio staff stava impazzendo nella ricerca
di qualcuno adatto a quel ruolo, e tu me lo hai servito su un piatto
d’argento! -
- Allora vuol dire che siamo pari. - Reclin� il capo di lato. - Che ne dici
di venire a cena a casa mia? Ci sono anche i ragazzi... -
Non gli sfugg� il tono di rimpianto con cui pronunci� quelle ultime parole.
Aveva avuto modo di conoscere Bart e Jordan un paio di anni prima, e sapeva
che da quando erano andati al college Gregory e sua moglie ne sentivano
terribilmente la mancanza. Forse la sua presenza sarebbe stata poco
opportuna, e lo disse.
- Non pensarci nemmeno! Lo sai che non te lo avrei chiesto se non mi avesse
fatto piacere! Su, avanti, chiudi la baracca e andiamo! -
A quel punto non gli rest� che obbedire cos�, con un’alzata di spalle, fece
come gli era stato detto e poco dopo era in macchina, intento a seguire la
potente Maserati dell’amico.
- Maledizione! Scappiamo! Svelti, svelti! -
Non se lo fecero ripetere. I quattro rimisero i coltelli nelle loro custodie
e seguirono il capobranco dileguandosi nei vicoli che caratterizzavano
quella zona della citt�.
L’automobile che aveva destato l’allarme era ormai giunta all’altezza del
punto in cui si era trovata poco prima la piccola banda di teppisti, e la
brusca frenata con cui si arrest� fece fischiare i pneumatici.
- O mio dio... - Il guidatore, una ragazza, dopo essersi guardato
freneticamente attorno, scese dalla macchina e corse accanto alla figura
distesa prona sul marciapiede. Solo due strade pi� in l� era pieno di gente
che faceva gli acquisti di Natale ma l�, in quel momento, non c’era nessuno.
Prov� a chiamare aiuto tuttavia nessuno rispose, nessun poliziotto di
quartiere venne a soccorrerla. “C’era da immaginarselo! Certe cose succedono
solo nei film!” pens� con rabbia. Scosse delicatamente l’uomo per la spalla
e tutto ci� che ottenne fu un flebile lamento. Spaventata, comprese che
doveva essere ferito e, sperando di non complicare la situazione, cerc� di
sollevarlo. Non si preoccupi, la porto subito in ospedale! - mormor�
ansimando per lo sforzo.
- No... Niente... niente ospe...dale... - bisbigli� lui prima di perdere i
sensi.
- Al diavolo! - Non sapendo come altro fare, lo gir� sulla schiena e lo
afferr� per i risvolti del giubbotto di pelle, dopodich� cominci� a tirare
finch�, centimetro dopo faticoso centimetro, arriv� accanto all’auto. Le
braccia tremanti per la stanchezza, apr� lo sportello e gemette. - E adesso?
-
Poi ci ripens�. Doveva essere pi� semplice usare i sedili posteriori, cos�
spost� ancora un poco il corpo inerte dopodich� lott� per alzarne il busto a
sufficienza da consentirle di afferrarlo di nuovo e tirarlo dall’interno.
Quando ebbe finito aveva i muscoli a pezzi, il fiatone e le mani sporche di
sangue. Sedutasi al posto di guida, cerc� di calmarsi facendo dei lunghi
respiri. Sicuramente sarebbe stato preferibile andare al pronto soccorso ma,
considerato che non sapeva bene quale strada prendere e che in quei giorni
il traffico era ancora pi� pazzesco del solito, tutto sommato la cosa
migliore da farsi era assecondare la richiesta del ferito e portarlo da
un’altra parte. Un posto che fosse in grado di raggiungere in pochi minuti.
Il suo appartamento. E magari Elizabeth sarebbe stata gi� in casa e avrebbe
potuto darle una mano a trasportarlo...
Avendo stabilito il da farsi si sent� pi� tranquilla e, allacciatasi la
cintura, riaccese il motore e part�.
Come aveva sperato, le luci alle finestre erano accese cos� citofon� per
avvertire la sua compagna di scendere ed attese impaziente che arrivasse.
- Eileen, perch�...? - Non fece in tempo a terminare la frase che l’altra la
sospinse verso lo sportello posteriore della vettura. - Ho bisogno del tuo
aiuto. Dei farabutti hanno attaccato una persona e sono fuggiti quando mi
hanno visto arrivare. Lui � ferito e privo di sensi, e ho bisogno di te per
portarlo su! -
- Perch� non sei andata all’ospedale? -
- Non voleva, e poi mi ci sarebbe voluto un sacco di tempo per arrivarci,
mentre per venire qui ci ho messo solo dieci minuti. Dai, aiutami, o questo
povero disgraziato mi muore in macchina! -
Insieme, strattonando e sbuffando, riuscirono a trasportarlo
nell’appartamento e lo distesero su una coperta che Eileen si era affrettata
a sistemare per terra.
Ora che poteva osservarlo bene, la ragazza inorrid�. - Lo hanno colpito un
sacco di volte! Guarda! - Indic� i numerosi strappi nel giubbotto quindi,
con fare deciso, lo apr� e inizi� a sfilarglielo. - Va’ a prendere un po’ di
asciugamani e dell’acqua. -
Elizabeth si alz� per eseguire gli ordini ricevuti, ed intanto si
mordicchiava il labbro inferiore. “Ha qualcosa di familiare... Non riesco a
capire dove ma... devo averlo gi� visto...”
Poco dopo era nuovamente vicino al ferito. Esitante, gli scost� i capelli
dal viso e di colpo lo riconobbe. - E’ lui! S�, dev’essere lui! - esclam�
sorpresa.
- Lo conosci? -
- Non proprio. Cio�... credo che lavori per la Antar Films. Mi � capitato di
vederlo ogni tanto agli studios, per� non so chi sia... -
- Va bene, non � importante. Su, tienilo cos� mentre lo pulisco dietro. -
- Sei... sei sicura di sapere cosa fare? -
- Ma s�, s�, sta’ tranquilla! - rispose con una punta di impazienza.
Al liceo Eileen aveva frequentato un corso di pronto intervento e, anche se
erano passati diversi anni da allora, sicuramente ne sapeva pi� di lei per
cui fece come le era stato detto e si curv� un poco in avanti per sostenere
il giovane sul fianco. Il contatto con la sua pelle calda e morbida le
provoc� quasi una scossa.
- Accidenti, non riesco a vedere bene... Dobbiamo girarlo a faccia in gi�. -
L’idea di quel volto premuto sul freddo pavimento le era insopportabile
cos�, senza esitare, la ragazza si spost� in modo da potersi appoggiare la
sua testa sulle gambe.
Pulire, disinfettare e fasciare port� via un buon quarto d’ora, dopodich� le
due amiche si lasciarono andare sfinite contro il bordo del divano mezzo
sfondato che occupava quasi la met� di quello che chiamavano pomposamente il
salotto.
- Pensi che si riprender�? - chiese Elizabeth, incapace di distogliere gli
occhi dal corpo a pochi passi da lei.
- Certo! Ha perso molto sangue ma non � stato colpito in alcun punto vitale.
Almeno credo... - aggiunse, quasi per un ripensamento.
- Ero convinta che fossimo solo noi ragazze a doverci preoccupare di non
andare in giro da sole quando � buio, ma vedo che ormai � diventato
pericoloso per tutti. -
- Forse volevano solo rubargli il giubbotto, anche se non mi sembra che
valga la vita di una persona... - comment� Eileen. - A proposito, guarda un
po’ se c’� il suo portafogli? Cos� scopriamo come si chiama... -
- Giusto! - Si protese in avanti per recuperare l’indumento e frug� in tutte
le tasche finch� trov� quello che cercava. Eccolo! - Apr� l’astuccio, anche
questo di pelle, e ne estrasse una tessera di plastica, la patente. - Il suo
nome � Maxwell Evans, e abita al 365 di Yucca Street. Evans... - Spalanc�
gli occhi. - Eileen, lui “�” la Antar Films! -
- Vuoi dire che � il tuo capo?!? - si stup� l’altra. - E non lo conosci? -
- Beh, no, io ho parlato solo con le persone che mi hanno fatto il provino e
con l’avvocato per la firma del contratto, poi i miei contatti con la
societ� si sono limitati allo staff di produzione. E’ vero che qualche volta
� venuto sul set, ma non c’era alcuno motivo che mi venisse presentato... -
- Comunque sia, � davvero un gran bel tipo! Hai visto che muscoli? - ammicc�
Eileen.
Elizabeth non rispose. S�, aveva notato la struttura potente delle spalle e
la linea perfettamente piatta dell’addome, per� quello che l’aveva colpita
di pi� era la consistenza della sua pelle, il cui tepore le aveva quasi
bruciato la mano.
- Vado a preparare qualcosa da mangiare. Ti va una bistecca con le patatine
fritte? -
- Va bene. - lo disse con voce assente, lo sguardo irresistibilmente
attratto dal profilo di quel viso pallido e teso. Adesso c’era uno dei
cuscini del divano a fargli da poggiatesta, e in apparenza Maxwell Evans era
immerso in un placido torpore. Si augur� che non gli venisse la febbre, che
non sorgesse alcuna infezione, perch� allora sarebbe stato un bel guaio...
- Dai, non guarir� prima se tu resti l� a fissarlo! Forza, vieni di l� con
me! -
Con un sorriso imbarazzato si mise in piedi e la segu� in cucina.
- Mmmm... - Istintivamente si volse su un lato e fece una smorfia. Qualcosa
di molto duro premeva contro la sua spalla, cos� si lasci� ricadere in
posizione supina. E la smorfia si accentu�. Gli occhi ancora chiusi, port�
una mano all’altezza dello stomaco, dove aveva sentito pi� forte il dolore,
e avvert� la presenza di una fasciatura. “Che diamine...?” Lentamente,
facendo leva sui gomiti, si sollev� quel tanto da permettergli di guardare
il punto incriminato e sent� nuove fitte, stavolta nella parte inferiore
della schiena. All’improvviso ricord� l’aggressione di cui era stato vittima
il pomeriggio precedente e, con un certo sforzo, si mise a sedere. Dovevano
averlo soccorso dopo che era stato abbandonato sul marciapiede, s�,
rammentava una voce di donna... e il proprio rifiuto di essere portato in
ospedale. A quanto pareva doveva avergli dato retta, perch� quello non era
di certo il pronto soccorso!
Vide il suo giubbotto appoggiato di traverso sul bracciolo del divano ed il
portafogli sistemato sopra bene in evidenza. Piano piano si alz�, facendo
attenzione a non sforzare i punti che gli facevano male, e appallottolata in
un angolo vide la sua maglietta. La prese, ma si rese conto che avrebbe
dovuto buttarla non appena fosse arrivato a casa. Bucata e imbrattata di
sangue, era ormai irrecuperabile... Sospirando, cerc� di rimetterla ma le
ferite dovevano essere pi� profonde di quanto pensasse perch�, dopo avervi
infilato le braccia, non riusc� a farla passare per la testa. Per qualche
secondo lott� per portare a termine quella pur semplice operazione, poi
s’irrigid� nel sentirsi toccare.
- Aspetta, lascia che ti aiuti. -
Quando la sua testa riemerse dalla scollatura della maglietta rimase a
fissare immobile la ragazza ferma davanti a lui. Era Elizabeth Parker... Non
pot� trattenere un brivido mentre le sue mani tiravano con delicatezza il
tessuto verso il basso, srotolandolo lungo il torace. - Grazie - disse
semplicemente.
Lei sorrise, ed il viso le s’illumin�. - Mi fa piacere vederti in piedi. A
quanto pare Eileen � stata un’ottima infermiera... - Vedendo la sua
espressione interrogativa aggiunse: - Dividiamo l’appartamento. E’ stata lei
a raccoglierti per strada, ieri, e a curarti le ferite. Io mi sono limitata
a farle da assistente... - Sorrise di nuovo. Era sinceramente contenta di
sapere che stava meglio, anche se dubitava che avesse abbastanza forze per
andarsene in giro da solo. - Faresti bene a sederti sul divano, intanto che
io torno in cucina a preparare la colazione. Mi dispiace averti lasciato
dormire sul pavimento ma non abbiamo osato continuare a trascinarti fino
alla camera da letto pi� vicina per paura di aggravare le tue condizioni. -
- Va bene cos�. Tu e la tua amica siete state molto gentili. -
Elizabeth sorrise di nuovo e, senza aggiungere altro, se ne and�.
Immaginando che per il loro ospite non sarebbe stata una cosa semplice
alzarsi dal divano le due ragazze disposero su un vassoio tutto l’occorrente
per mangiare.
- Ecco qua! E’ fortunato, signor Evans, stamane Elizabeth ha fatto i
pancakes! - disse Eileen allegramente.
Tenendo il vassoio in bilico sulle proprie gambe lui le guard� con
curiosit�. - Prepari sempre tu la colazione? chiese rivolgendosi alla
giovane attrice.
- No, lo facciamo a turno. Ma quando perdo una scommessa, o devo farmi
perdonare qualcosa, faccio i pancakes. Altrimenti sono toast o cereali -
ammise sorridendo. Non amava darsi da fare ai fornelli, anche se era in
grado di cavarsela discretamente...
- Io... vi devo molto e non mi sono neppure presentato. - Tese una mano
verso di loro. - Mi chiamo Maxwell Evans.
- Lo sapevamo gi�. Il tuo portafogli - spieg� Eileen indicando l’oggetto in
questione. - Io sono Eileen Burrows, e lei � Elizabeth Parker. Lavora per
te, anche se lo ha scoperto solo ieri sera... -
- S�, io... l’avevo riconosciuta. - Nient’altro.
Elizabeth si sent� arrossire. Un uomo nella sua posizione doveva avere una
enorme quantit� di impegni, ed era probabile che fra questi rientrasse anche
il controllare di tanto in tanto i set. Ma sapere che l’aveva notata tra la
folla che di solito vi lavorava le fece provare una stranissima sensazione
alla bocca dello stomaco.
Avvertendo il disagio della compagna, Eileen si inginocchi� vicino al
giovane e s’impossess� del coltello per spalmare il burro sui pancakes, che
poi ricopr� di sciroppo d’acero. - Fa’ con calma, e se hai bisogno di
qualcosa chiamaci, ok? -
- Grazie. -
- Non c’� di che - La ragazza si rialz� e, afferrata l’amica per un braccio,
la trascin� via con s�. - Sbrigati, anche noi abbiamo una pila di pancakes
che ci aspetta! -
Una volta terminata la colazione e rigovernato, le due amiche si
affacciarono nuovamente sulla soglia del salottino per assicurarsi che Evans
non stesse male.
- Devo andare all’universit�, stamattina. Vuoi che ti dia un passaggio da
qualche parte? - si offr� Eileen. - Magari alla polizia, per sporgere
denuncia? -
Il giovane scosse leggermente la testa. - Contro i soliti ignoti? No, �
inutile. Puoi portarmi invece al terminal degli autobus? Ho lasciato la
macchina nel parcheggio l� vicino. -
- D’accordo. Allora vado a prepararmi! -
- Sei sicuro di farcela, a guidare? - si preoccup� Elizabeth.
- S�. - A conferma di quel che aveva appena detto si alz� con scioltezza,
pur facendo attenzione a come si muoveva.
- Il tuo giubbotto - Gli porse l’indumento, e lo guard� mentre lo infilava.
Nonostante le sue affermazioni dubitava che fosse saggio, per lui, andarsene
in giro ridotto com’era, ma non poteva certo costringerlo a restare...
Pochi minuti dopo Maxwell saliva dal lato del passeggero, accanto ad Eileen.
Aveva notato le macchie di sangue sui sedili posteriori, e le fece un
sorriso di scusa. - Dopo che li avrai fatti rifoderare mandami il conto. E’
il minimo che possa fare per ringraziarti. -
Sulle prime lei accenn� un gesto di diniego poi, davanti alla fermezza della
sua espressione, ci ripens�. Lo stipendio che percepiva come aiutante
tuttofare in uno studio legale le bastava a malapena per pagare la sua quota
delle spese di casa e concedersi qualche piccolo svago. Far pulire l’auto
era una spesa che al momento non poteva proprio permettersi, cos� fece una
simpatica smorfia. - Ok, grazie. E per il futuro ricordati di evitare le
strade secondarie! -
Il giovane sorrise annuendo, ma dentro di s� era furioso. Gli aggressori lo
avevano colto completamente di sorpresa, e la cosa era del tutto
inammissibile. Lui, pi� di chiunque altro, non poteva permettersi simili
distrazioni, eppure, per quanto assurdo potesse sembrare, il giorno prima si
era lasciato sorprendere come uno stupido. E per fortuna si era trattato di
delinquenti comuni...
Rimasta sola in casa, Elizabeth and� a rifare il proprio letto poi fece una
rapida doccia e si prepar� per andare agli studios. Quel giorno doveva
girare una delle ultime scene, dopodich� si sarebbe trasferita con gli altri
a Sacramento per una settimana. Era quindi difficile che avesse l’occasione
di rivedere il signor Evans, e forse era meglio cos�. Era il suo datore di
lavoro, e il pensiero di averlo visto a torso nudo, di averlo toccato, la
imbarazzava terribilmente.
A parecchi isolati di distanza, Maxwell Evans varc� la soglia di casa e con
un sospiro si chiuse la porta alle spalle. Si diresse a passi lenti in
camera da letto ed intanto, con la mano destra, si tast� la fasciatura, una
smorfia di disappunto sulle belle labbra sottili. Si tolse poi il giubbotto
e la maglietta e li lasci� cadere sulla sedia posta in un angolo della
stanza dopodich� cominci� a srotolare le bende. Sulla pelle erano ancora
visibili dei segni rossi laddove la lama era affondata, e il dolore si era
attutito fino a diventare una semplice sensazione di indolenzimento. Con un
enorme senso di sollievo si infil� nella cabina della doccia e rimase a
lungo immobile sotto lo scroscio d’acqua tiepida. Si sentiva stanco,
arrabbiato, confuso. Fece uno sforzo su se stesso per rilassare i muscoli
della schiena e reclin� il capo in avanti per ricevere il getto liquido sul
collo. Senza riaprire gli occhi tese una mano a prendere il flacone dello
shampoo e si insapon� la testa. La schiuma morbida e vellutata gli scivol�
sul corpo portandosi via la tensione residua. Con fare assente si pass� le
mani tra i capelli per risciacquarli e poi rialz� il viso offrendolo in
pieno al getto. Un po’ a malincuore chiuse l’acqua e prese ad asciugarsi col
telo di spugna che aveva appoggiato sullo sgabello accanto alla doccia.
Mentre si strofinava ripens� all’agguato, a quello che stava facendo pochi
istanti prima che lo colpissero. S�, era stato proprio un idiota, si disse
sconsolato. Camminava distratto, riflettendo su un problema che si era
presentato su uno dei set il giorno prima. Anzi, per escludere completamente
la confusione delle strade adiacenti, le cui vetrine addobbate richiamavano
una quantit� incredibile di folla, si era del tutto tagliato fuori da ci�
che lo circondava al punto di aver dimenticato il motivo per cui si trovava
l�. Era uscito per cercare un regalo per sua sorella e invece si era
lasciato assorbire dalle faccende di lavoro. Cosa che gli succedeva
abbastanza di frequente, doveva ammetterlo, ma mai prima con conseguenze
tanto disastrose...
“- Ciao, Zoa, avevo sperato in un invito alla prima, tanto per cambiare...
-”
La voce tra il sensuale e l’affettuoso all’altro capo del ricevitore fece
sorridere il giovane. - Tanto per cambiare, non ci sono andato neppure io.
Sai che preferisco evitare i bagni di folla... -
Lei rise apertamente. “- S�, lo so -” Il tono si rifece serio. “- Comunque
sia, l’ho visto al cinema ieri sera. Mi � piaciuto molto, hai reso davvero
bene la lotta interiore dei personaggi principali, e non hai trascurato lo
studio di quelli secondari. Ma... -” Ci fu un brevissimo silenzio, poi: “-
c’� ancora cos� tanto di te... -”
Si adombr� nell’udire la tristezza della sorella. - Non posso cancellare
quella parte della mia vita, per� sto bene, te lo assicuro. - Scroll� il
capo, anche se lei non poteva vederlo. - Ad ogni modo non tutti i miei
soggetti sono cupi. Ho scritto anche un paio di commedie, e ultimamente ho
prodotto alcuni film di fantascienza e un thriller. Non sono ripiegato su me
stesso come sembri temere... -
“- Lo so, Maxwell. Vorrei solo sentirti pi� felice. -”
- Il fatto che non mi sia risposato non significa che non lo sia. -
“- Hai una ragazza? -” indag� lei, gi� conoscendo la risposta.
- Isabel, ti voglio un bene dell’anima, lo sai, ma adesso piantala,
d’accordo? -
“- D’accordo. Buona notte. -”
- Ciao. -
Dopo aver interrotto la comunicazione Maxwell si stiracchi� con volutt�. Era
tardi, e lui era rientrato da pochissimi minuti quando il telefono aveva
squillato. La giornata era stata intensa, e lo aveva visto occupato su vari
fronti. Incontri con lo staff di produzione di un nuovo film, chiarimenti
per questioni sollevate in merito ai contratti con alcuni attori, difficolt�
insorte durante le riprese in corso negli studios, le pressanti richieste di
un regista per avere maggiori fondi... Era semplicemente sfinito e
desiderava soltanto staccare la spina, isolarsi da tutto e da tutti,
ritrovare l’equilibrio tra l’adrenalina che ancora gli scorreva potente
nelle vene e la spossatezza mentale. Ma al tempo stesso si sentiva
soddisfatto. Aveva risolto ogni problema sottoposto alla sua attenzione
senza suscitare nuovi attriti, aveva persino trovato il tempo per un caff�
con Halford, che si era congratulato con lui per il successo del suo ultimo
film. Aveva sorriso nel sentire il commento dell’amico sul proprio
contributo, avendogli in pratica fatto dono di Elizabeth Parker, la cui
eccellente interpretazione era stato il perfetto complemento ad una storia
che avrebbe altrimenti potuto finire col confondersi con centinaia di altre
simili.
E quello era stato il primo ed unico accenno alla giovane attrice dopo il
giorno dell’agguato. Non l’aveva pi� vista da allora, ma sapeva che era
stata presente alla prima cinematografica ed aveva raccolto delle critiche
molto positive. Era contento per lei, sapeva che aveva fatto un ottimo
lavoro, e si augur� di averla ancora in qualcuno dei suoi film.
Toltisi i mocassini si lasci� cadere sul letto ed intrecci� le mani dietro
la testa. Era da tanto tempo che non vedeva Isabel, l’unica famiglia che
avesse, e si accorse di sentirne la mancanza. D’impulso decise di andare a
trovarla. Avrebbe riorganizzato la propria agenda per ritagliarsi una
settimana e sarebbe partito il prima possibile. Lo doveva a se stesso. Per
non finire col diventare schiavo di ci� che era nato come un sogno
adolescenziale. Si volse a prendere il palmare sul comodino e cominci� a
studiare la situazione.
- Come va? -
Elizabeth gett� la borsa a tracolla sul bordo del divano e prese il
bicchiere di t� freddo che l’amica le porgeva. Bene. Se poi circolasse la
met� delle macchine andrebbe ancora meglio... -
Eileen sollev� le sopracciglia. - Avresti dovuto provare a chiederlo a Babbo
Natale. Ormai � troppo tardi... - comment� seria.
L’altra scoppi� a ridere. - Hai ragione, ma l’anno prossimo lo far� di
sicuro! -
- E il tuo capo? Non l’hai visto neanche oggi? -
- Se ti riferisci a Maxwell Evans, no, non l’ho visto. Ad ogni modo, non �
esattamente il mio capo. Cio�, lui ha tirato fuori i soldi per pagarmi, per�
chi d� gli ordini � Craven, il regista. -
- E...? -
- E cosa? - Bevve un lungo sorso della bevanda fresca e profumata, e quasi
si strozz� quando l’amica chiar�: Craven. Com’�, fisicamente? -
- Santo cielo, Eileen! - la sgrid� andandosi a sedere accanto a lei. - Ha
pi� di cinquant’anni, � sposato e ha quattro figli! -
- E con questo? Che aspetto ha? E’ sexy? Oppure � contro ogni tentazione? -
Elizabeth cont� mentalmente fino a dieci per impedirsi di risponderle male
poi emise un piccolo sospiro rassegnato. - E’ un bel tipo, molto gentile,
che sa il fatto suo. Ci fa lavorare sodo, e siamo ormai un gruppo ben
affiatato nonostante le riprese siano iniziate soltanto da pochi giorni.
Anche se lo volessi, non avrei proprio il tempo da dedicare a simili
sciocchezze... -
- Cercare l’uomo della propria vita non � una sciocchezza! - ribatt� Eileen.
- Lo �, quando lo fai infischiandotene del fatto che sia felicemente
sposato. - La ragazza abbass� lo sguardo sul bicchiere che teneva fra le
mani. - Io non ho alcuna intenzione di distruggere una famiglia, neppure se
fossi follemente innamorata. -
- In teoria la penso come te, per� non so se, all’atto pratico, riuscirei a
mettere da parte i miei sentimenti. Al cuor non si comanda... - concluse con
fare scherzoso.
- No, � vero. Per� bisogna anche sapersi comportare con correttezza. E
iniziare una relazione distruggendone un’altra non mi sembra molto corretto.
-
- Mister Evans non � sposato, vero? -
- Ancora con quella storia?!? -
- Beh, uno come lui non � certo da buttar via, no? -
Elizabeth depose il bicchiere sul piccolissimo tavolo che aveva davanti e
appoggi� le mani, coi palmi ben aperti, sulle gambe avvolte nei morbidi
pantaloni di lino. - Senti, Eileen, capisco che abbia colpito la tua
fantasia, indubbiamente � un bell’uomo, ma quello a cui stai pensando �
semplicemente assurdo. Quindi piantala, ok? -
La giovane donna aggrott� la fronte. La reazione dell’amica le sembrava
eccessiva. Troppo, per quello che, nelle sue intenzioni, doveva essere un
banale scambio di battute. Per quel che ne sapeva non era mai stata
fidanzata, e da quando dividevano l’appartamento non l’aveva mai vista
uscire da sola con un ragazzo. Era vero che, nel mondo del cinema, o ti davi
moltissimo da fare oppure non concludevi nulla, ma la vita era fatta anche
di divertimento, che diamine! Bene, ci avrebbe pensato lei. - Sei libera,
domani pomeriggio? - E davanti al suo sguardo interrogativo aggiunse: - Ti
va di venire al mare con me? -
- D’accordo - capitol� subito Elizabeth. Sapeva che Eileen le era
sinceramente affezionata e che si preoccupava per lei. In fondo, un po’ di
relax le ci voleva proprio. Ottobre era ormai alle porte, e quell’estate
aveva visto l’oceano s� e no un paio di volte. Non � che si lamentasse,
girare due film uno dietro l’altro era pi� di quanto avesse mai osato
sperare, ma lo stress cui si sentiva sottoposta era davvero enorme e
un’interruzione, sia pure di poche ore, era proprio ci� di cui aveva
bisogno. Non riusc� a trattenere un sorrisetto. La teoria di Eileen era
interessante e forse avrebbe dovuto prenderla in considerazione, se non
fosse che temeva che le varie sfaccettature di un rapporto sentimentale
potessero rivelarsi tutt’altro che distensive...
La piccola sala di proiezione era immersa nella semioscurit� mentre le
immagini si susseguivano a ritmo serrato sullo schermo. - S�, adesso va
decisamente meglio - comment� il giovane distendendo le lunghe gambe davanti
a s�.
Sapeva che non era stato facile riassemblare la pellicola ma sapeva pure che
John Mathieson era un regista molto in gamba, e il risultato era proprio l�,
davanti ai suoi occhi. A chiunque poteva capitare di sbagliare, per� insieme
erano riusciti a mettere le cose a posto e il film era salvo. Non lo sfior�
minimamente il fatto che, se cos� non fosse stato, avrebbe perso un bel po’
di soldi. Del resto non era quello il motivo per cui si era gettato a
capofitto nel mondo del cinema, e comunque ormai poteva permettersi qualche
insuccesso senza per questo finire in bancarotta. Con Tess aveva sognato di
creare mondi fantastici in cui far muovere personaggi immaginari le cui vite
fossero per� un intreccio delle mille realt� che si nascondevano nel
profondo della mente. Gioia, sofferenza, amicizia, tradimento, passione,
terrore. Tutto ci� che rendeva affascinanti gli esseri umani, con i loro
lati luminosi e quelli oscuri.
Era stata una vera sfida, ed era pienamente consapevole di averla vinta. Non
lo preoccupavano le difficolt� con cui si scontrava ogni giorno, anzi,
servivano a rendere pi� stimolante il suo lavoro. E poi, ogni tanto, si
divertiva a scrivere sceneggiature. A volte capitava che qualcosa di s�
filtrasse nei suoi testi, ma soltanto sua sorella Isabel era in grado di
accorgersene, come sapeva bene. Non c’era nessun altro che conoscesse la sua
anima cos� a fondo. Non pi�.
Ripensare a Tess e alla loro bambina lo faceva ancora soffrire, tuttavia era
una sofferenza che, lo sentiva, stava cominciando ad attenuarsi. La vita
continuava, nel bene e nel male, ed il ricordo di coloro che aveva amato con
tutto il cuore non lo avrebbe mai lasciato, ma era riuscito a realizzare il
progetto della Antar Films e, cos� facendo, ne aveva onorato la memoria. Per
questo si sentiva in pace con se stesso, a dispetto delle convinzioni di
Isabel.
Mathieson gli sorrise soddisfatto. - Vero? Eh gi�, avevi proprio ragione!
Sai, dovresti provare a cimentarti con la macchina da ripresa. Penso che
riusciresti a cavartela molto bene... -
- Ora come ora non ne ho il minimo desiderio. Ma chiss�, un giorno, forse...
- Con una scrollata di spalle Maxwell si alz� e lasci� la stanza. Ascoltando
il regista parlare gli erano venute in mente alcune idee e la cosa che pi�
desiderava, in quel momento, era rifugiarsi nel proprio studio e mettersi a
scrivere al computer.
Elizabeth serr� la mascella e si costrinse a proseguire senza rallentare il
passo. Ma avrebbe tanto voluto fermarsi per affrontare la donna il cui
commento, appena mormorato, era tuttavia giunto alle sue orecchie. Sapeva
che non sarebbe servito a nulla, che quelle voci avrebbero continuato a
circolare anche se avesse protestato la propria innocenza con tutto il fiato
che aveva in gola, ciononostante rispondere per le rime le avrebbe di sicuro
permesso di sfogare un po’ della rabbia che le scorreva in corpo. Il guaio
era che il regista l’aveva mandata a chiamare e non aveva il tempo di
fermarsi a discutere. Non subito, perlomeno... Con un gesto secco ripieg�
davanti a s� un lembo della lunga gonna che le avvolgeva le gambe e
raddrizz� il collo e le spalle. Lei non era andata a letto con nessuno per
avere la parte della protagonista! Riteneva di aver lavorato sodo e mostrato
la propria competenza e che solo quelli fossero i motivi per cui le era
stata assegnata. Non avrebbe dovuto interessarle che gli altri pensassero
diversamente, tuttavia il sapore amaro dell’orgoglio ferito le bruciava da
morire. Si era sempre comportata onestamente e i suoi amici lo sapevano.
Solo questo aveva importanza. Per�... la verit� era che temeva che... che
lui sentisse quelle dicerie e le credesse vere. Non la conosceva abbastanza,
o meglio, non la conosceva affatto, e forse avrebbe potuto dubitare della
sua integrit�. E questo l’avrebbe ferita pi� di ogni altra cosa. Fu con un
enorme sforzo che raggiunse il punto in cui Gregory Halford la stava
aspettando e chiuse la mente a tutto ci� che non fossero le parole
dell’uomo. Avendo gi� lavorato insieme le riusciva facile seguire le sue
direttive, comprendere ci� che voleva da lei. In sua presenza si sentiva
protetta, le sembrava quasi un secondo padre, e sentiva che avrebbe potuto
aiutarla moltissimo. Aveva ancora cos� tanto da imparare...
Il personaggio di Mary Sutton era molto affascinante. Una giovane donna,
poco pi� che una ragazzina, che aveva dovuto lottare per la sopravvivenza
sua e del figlioletto all’interno di una piccola comunit� nei territori di
frontiera, da cui era stata inizialmente respinta perch� il bimbo era il
frutto della relazione che aveva avuto con un guerriero pellerossa, lo
stesso che l’aveva rapita durante un attacco alla carovana con cui viaggiava
insieme alla sua famiglia. La forza di volont� dimostrata da Mary nel
costringere l’intera popolazione di quel paesino ad accettare il fatto che
lei fosse un essere umano come gli altri e non una persona indegna di vivere
solo perch� aveva amato un indiano, la sua grinta, il suo carattere
indomabile, gliela facevano sentire vicina. Anche lei avrebbe voluto essere
in grado di mettere a tacere le malelingue con la semplice dimostrazione
dell’innegabile superiorit� del proprio coraggio, e invece provava solo
l’impulso di prendere a schiaffi tutti quelli che, dietro le sue spalle,
l’accusavano di essere un’intrigante puttanella. Sapeva che era soltanto
invidia perch�, per la quarta volta in poco tempo, girava un film per la
Antar, il secondo con la sceneggiatura di ZOA, ma ci� non era sufficiente a
calmarla.
Eileen, che spesso era testimone dei suoi aspri sfoghi, faceva del suo
meglio per consolarla, tuttavia, non appena lasciava il set, sentiva
l’amarezza sopraffarla. Che senso aveva, si domandava, continuare a fingere
di non sapere quel che dicevano di lei? In maggioranza gli attori, per non
parlare del personale dello staff tecnico, erano amichevoli, simpatici, per�
c’erano quelle due donne che, a quanto pareva, non la sopportavano. Era
sciocco da parte sua dar loro tanto peso, se ne rendeva perfettamente conto,
ciononostante non riusciva a farne a meno.
Non ne aveva mai parlato con Andrea, anche se sentiva la sua curiosit�. Come
spiegare, dopo un difficile inizio, tutti quegli ingaggi, gran parte dei
quali per produzioni della Antar Films? A dire il vero se lo domandava pure
lei. C’era dietro Maxwell Evans, oppure si trattava solo di una coincidenza?
E comunque, perch� Evans avrebbe dovuto aiutarla? No, doveva trattarsi di
semplici coincidenze... Erano trascorsi due anni da quando Eileen lo aveva
soccorso in strada, e da allora non era pi� capitato che si trovassero
faccia a faccia. E, con suo grande imbarazzo, le dispiaceva da morire.
Voleva rivederlo, voleva toccarlo, voleva averlo vicino. Le aveva lasciato
un segno indelebile nel cuore, anche se lo aveva capito solo in quel
momento. Adesso che aveva scoperto che c’era qualcuno che dubitava della sua
correttezza sentiva il disperato di bisogno di parlargli, di dirgli che non
doveva credere a quelle parole, che lei meritava rispetto, che non aveva
tradito la sua fiducia. Ma come poteva farlo senza alimentare in questo modo
le chiacchiere? Abbass� lo sguardo sulle mani che ancora serravano il
tessuto dai colori tenui dell’abito che indossava. Mary Sutton, nel suo
inimitabile stile, si era conquistata il diritto di vivere la propria vita,
e lei non poteva essere da meno di un personaggio fittizio! Trasse un
respiro profondo e alz� gli occhi fino ad incontrare quelli grigioverdi di
Halford, che con un sorriso le diede alcune indicazioni precise.
Poi l’uomo la fiss� attento. - Ti senti bene? - le chiese paternamente.
Dopo una brevissima esitazione lei annu�. - S�, grazie. - rispose con
sincerit�. Ed era vero. Aveva deciso di agire, e ci� l’aveva rasserenata
come nient’altro avrebbe potuto fare.
- La signorina Parker -
“- Falla entrare -”
Nell’udire la voce dell’uomo, sia pure filtrata dal citofono, Elizabeth
sent� l’agitazione crescerle dentro. Non voleva tornare indietro, dichiarare
la sconfitta, ma varcare la soglia di quell’ufficio si stava rivelando
terribilmente difficile. Sent� i battiti del cuore farsi sempre pi� rapidi e
la gola serrarsi. Dandosi della stupida, si scost� i capelli dal viso con
dita gelide per l’ansia e obbed� al gesto di invito della segretaria.
Maxwell Evans era l�, in piedi davanti alla scrivania, con quell’aria sexy e
sbarazzina che ben ricordava, una lunga frangia a coprirgli la fronte
spaziosa dando maggior risalto alla sfumatura color ambra dei suoi occhi.
- Salve. - Si tese verso di lei e le strinse la mano. - Cosa posso fare per
te? -
La ragazza prov� un curioso senso di perdita quando le loro dita si
separarono. - Io... avevo bisogno di parlarle... C’�... - Si schiar� la
gola. - C’� della gente che pensa che io sia andata a letto con qualcuno per
ottenere i ruoli che ho interpretato. Volevo assicurarle che non � affatto
vero - disse in fretta, prima che il coraggio l’abbandonasse.
Maxwell la fiss� senza espressione. Era al corrente di quelle voci, ma
sapeva pure che non era quel tipo di donna. Si sent� dispiaciuto che avesse
sentito il bisogno di difendersi. Evidentemente aveva sentito i pettegolezzi
e ne era rimasta ferita. - Non l’ho mai creduto. So che sei una persona
molto corretta. Non era necessario che venissi a dirmelo... -
- Invece ci tenevo. Volevo che non avesse dubbi sulla mia seriet�, dato che
lavoro per lei. -
- Non ne ho mai avuti - rispose, sorprendendola per la dolcezza con cui
pronunci� quelle parole.
- Grazie. - bisbigli� dopo qualche secondo, terribilmente a disagio.
- Ti va di sfidare Hollywood? -
Le sorrideva, e lei lo guard� senza capire.
- Posso invitarti a cena? -
- Oh! - Sorrise a sua volta. - S�, certo! -
- So dove abiti. Sar� da te alle sette. -
- Ok. A dopo -
- A dopo. - L’accompagn� fino alla porta, che richiuse subito dietro di s�.
Era una strana sensazione quella che stava provando. Aveva voglia di
rivedere Elizabeth Parker, di parlare con lei, di stare in sua compagnia.
Sentiva che era diversissima da Tess, e desiderava conoscerla. Una
conoscenza che doveva rimanere superficiale, ma andava bene anche cos�. A
vent’anni, il fascino e la sensibilit� di Elizabeth si erano accresciuti
rendendola una donna molto attraente. Era certo che quella serata sarebbe
stata davvero piacevole...
Le continue domande di Eileen, i suoi suggerimenti per una corretta
applicazione dei cosmetici, l’offerta dei pochi gioielli preziosi che
possedeva, la esasperarono e divertirono allo stesso tempo. - Ascolta, �
solo una cena, non un ballo di gala! -
- Non importa. E’ la vostra prima uscita insieme, quindi devi essere
perfetta! - Le porse un paio di orecchini costituiti da una singola perla
color crema. - Che ne dici di questi? -
- Va bene - cedette.
Indossava un semplice abito rosso scuro con la scollatura a V e sorretto da
un’unica bretellina che passava dietro il collo. Una stola dello stesso
colore, le scarpe col tacco alto e una pochette neri completavano il tutto.
- Fatti vedere! -
Pi� che un invito suon� come un’ingiunzione, e lei rise mentre si lasciava
ammirare.
L’amica la controll� con cura, dal sottile orologio che aveva al polso alla
catenina d’oro che poggiava delicatamente sull’incavo del collo. - Anelli? -
- Giusto! - Si affrett� ad infilare il semplice cerchio adornato da un
rubino, ricordo di sua nonna Claudia, poi sorrise. - Posso andare? -
- Adesso s�. -
Sobbalzarono nel sentire il suono del campanello, e Eileen la sospinse
ridendo attraverso il soggiorno. - Ha spaccato il secondo! Mi raccomando:
divertiti! -
Nel vedere il suo cavaliere, elegantissimo pur essendo vestito in maniera
sportiva, camicia candida fuori dei pantaloni e giacca scura lasciata
aperta, sent� il calore salirle alle guance. - Ciao. - Sarebbe stato sciocco
continuare a dargli del lei, data la situazione...
- Ciao. - Le porse galantemente il braccio e la condusse fino alla propria
vettura. - Spero ti piaccia la cucina messicana. -
- S�, molto. - Avrebbe risposto di s� a qualunque cosa, ma amava davvero
quel tipo di cucina e scoprire che avevano gli stessi gusti in fatto di cibo
la rincuor�. Si sent� pi� sicura di s�, pi� tranquilla, e si affid�
completamente a lui.
Il ristorante era curato fin nei minimi dettagli e, pur affollato, offriva
privacy e relax coi suoi tavoli seminascosti tra le innumerevoli piante che
lo decoravano.
Diversi sguardi curiosi seguirono la coppia mentre si dirigeva al proprio
posto ma n� Elizabeth n� Maxwell vi prestarono attenzione. Che la gente
pensasse quel che voleva, loro erano l� soltanto per godere della reciproca
compagnia...
Dopo la cena fecero un lungo giro in macchina, fino ad arrivare in uno dei
tanti luoghi da cui si poteva ammirare l’immensa distesa di luci della citt�
di Los Angeles.
Continuarono a conversare amichevolmente, tuttavia la ragazza pot� percepire
la barriera che, fino a quel momento inavvertita, in realt� era sempre stata
presente. Perplessa, si gir� cos� da poterlo guardare in viso. - C’�
qualcosa che non va? - chiese sottovoce.
- No, perch�? -
- Sei diventato... distante... -
- Scusami. Si � fatto tardi, vuoi che ti riporti a casa? -
Scosse lentamente la testa. - No - mormor�. Poi, con delicatezza, sollev� le
mani e le pose sulle sue guance. Sent� che lui si tirava indietro
irrigidendosi, ma ormai era troppo tardi per cambiare idea quindi si alz� in
punta di piedi e gli sfior� le labbra in un bacio leggerissimo.
Rimase immobile a spiare la sua reazione, trattenendo il fiato intimorita, e
si sent� morire quando lo sent� prenderle un gomito e guidarla verso l’auto.
- Andiamo, � ora di rientrare. - fu tutto ci� che le disse.
Avrebbe voluto piangere, invece annu� in silenzio e batt� pi� volte le
palpebre per trattenere le lacrime. Aveva rovinato tutto. Adesso si sarebbe
convinto che quel che dicevano di lei era vero. Perch�, altrimenti, avrebbe
accettato il suo invito ad uscire? Ma non era cos�, non era cos�... Desider�
poter tornare indietro, cancellare quel che aveva fatto, e strinse le labbra
per non lasciarsi sfuggire un singhiozzo. Si era comportata come una
stupida, e non desiderava altro che sparire dalla faccia della terra.
Quando furono davanti all’edificio dove si trovava l’appartamento di
Elizabeth, Maxwell spense il motore e si volse a guardarla, un’espressione
indecifrabile sul bel volto. - Buona notte - disse sommesso. E
inaspettatamente le sfior� il viso col dorso della mano.
Sentendo che stava per crollare, la ragazza sussurr� a sua volta buona notte
e quasi fugg� dalla vettura.
Eileen dormiva gi� da un pezzo e non la sent� rientrare, con suo grande
sollievo. Non avrebbe sopportato di subire il suo amichevole interrogatorio.
Non voleva parlare di quello che era successo. Non voleva ricordare il modo
in cui lui aveva accolto il suo bacio. Non voleva pensare pi� a niente.
L’indomani, per fortuna, Eileen si alz� prestissimo per andare
all’universit� ed ebbero appena il tempo di scambiarsi un rapido saluto, e
la giornata sul set fu talmente impegnativa da richiedere tutta la sua
capacit� di concentrazione rendendole impossibile pensare ad altro.
Nei giorni che seguirono non ebbe occasione di vedere Maxwell, il che non
era una novit� dato che di rado si presentava agli studios mentre erano in
corso le riprese, ciononostante in un angolino molto ben nascosto del suo
cuore aveva sperato di incontrarlo di nuovo per avere la possibilit� di
capire se la disprezzasse o meno. Era l’unica cosa che desiderava. Poi, lo
sapeva, non avrebbe accettato altri ruoli in film prodotti da lui.
Il lavoro lo aveva letteralmente sommerso, lasciandogli a malapena il tempo
di respirare. Questo, per�, non gli aveva impedito di riandare ogni tanto a
quegli incredibili momenti sulla strada, quando lei lo aveva baciato. Ancora
adesso non riusciva a decidere cosa avesse prevalso, se la sorpresa, la
tensione o... il piacere. S�, non poteva negare che quel fugace contatto lo
avesse colpito profondamente, ma anni di condizionamento lo avevano portato
a sopprimere il proprio desiderio. Con Tess non era stato necessario, lei
era diversa. Era come lui. Elizabeth, invece... No, non era possibile.
Doveva evitare qualsiasi rapporto tra di loro. Non poteva coinvolgerla, non
voleva ferirla pi� di quanto avesse gi� fatto. Poteva solo continuare a
vigilare da una distanza di sicurezza, stando attento ad evitare che lei o
altri se ne accorgessero. Purtroppo c’era sempre della gente pronta a
stravolgere il significato di un gesto gentile e a gettare fango su chiunque
capitasse a tiro...
L’idea lo tormentava eppure non poteva fare altrimenti. Nei lunghi mesi
trascorsi da quando l’aveva vista per la prima volta sul set di Halford era
rimasto colpito da lei, e a poco a poco l’interesse che provava nei suoi
confronti era cresciuto fino a trasformarsi in qualcosa che sapeva non
avrebbe mai potuto essere. Tuttavia le cose avrebbero potuto andare avanti
in quel modo per un tempo indefinito se soltanto... Ma era stata colpa sua.
Lui l’aveva invitata a cena, lui l’aveva portata in quel posto isolato, lui
aveva creato l’illusione. Non c’era punizione abbastanza dura per il modo in
cui si era comportato...
Con un sospiro chiuse gli occhi e mosse piano le spalle per dare sollievo ai
muscoli contratti poi controll� di avere in tasca il palmare e lasci�
l’ufficio. Erano le due del mattino, e all’alba lo aspettava l’aereo che lo
avrebbe portato in Arizona. Prima di trasferire il set per poter iniziare a
girare gli esterni doveva incontrare un’ultima volta lo staff tecnico del
dipartimento municipale. La citt� fantasma continuava ad essere molto
richiesta e il sindaco di Tucson era piuttosto pignolo per quel che
concerneva l’affitto alle troupes cinematografiche. Quella riunione serviva
a definire gli accordi finali dopodich�, nell’arco di pochi giorni, tutto
sarebbe stato pronto per accogliere gli attori.
Si sentiva stanco, s�, ma allontanarsi per qualche ora da Los Angeles gli
avrebbe fatto bene e quella era un’ottima scusa.
- Sei sicura che non ci saranno altre serate? - insistette Eileen.
Elizabeth scosse il capo desolatamente. - Ho combinato un enorme pasticcio,
l’ho messo in imbarazzo... ho messo tutti e due in imbarazzo... - si
corresse. Era rannicchiata sul divano con le braccia strette intorno alle
ginocchia, lo sguardo fisso nel vuoto. - Dopo il bel discorsetto che gli
avevo fatto... Dio, che stupida... -
- Beh, non � che tu lo abbia baciato per ottenere un ruolo in uno dei suoi
film! Casomai, lo hai fatto dopo... -
- Credimi, non mi � affatto di conforto - mormor�.
- Il fatto che non ti abbia licenziato non significa niente, per te? - cerc�
di rincuorarla l’amica.
- Sono la protagonista. Sarebbe troppo complicato mandarmi via adesso e
trovare un’altra attrice, tutto qui. -
- L’hai pi� visto? -
- No, e domani pomeriggio ci trasferiamo a Old Tucson. -
La mestizia con cui pronunci� quelle parole le fece capire quanto le
costasse andarsene. Elizabeth non lo aveva mai detto ma ormai era
perfettamente chiaro che fosse innamorata persa di Maxwell Evans. Il guaio
era che, a quanto sembrava, lui era ben lungi dal provare la stessa cosa.
Forse faceva bene a lasciar perdere. Niente poteva essere pi� inutile di un
amore senza speranza...
- Mi piacerebbe assistere alle riprese. Pensi che possa venire a trovarti? -
- Avvertir� la sicurezza. Fammi sapere quando arrivi. -
- Fantastico! Dai, va’ a dormire, qui metto a posto io! - Cos� dicendo la
prese per i polsi e tir� fino a costringerla ad alzarsi. - E non
preoccuparti per quell’uomo. E’ abbastanza cresciuto da saper badare a se
stesso! -
- Io non mi preoccupo per lui! - fu la veemente protesta.
- Ma certo - comment� l’altra con tono piatto.
Sbuffando Elizabeth si diresse nella propria stanza. “No, non mi preoccupo
per lui. Mi preoccupo per quel che lui pensa di me. E’ molto diverso...”
pens� risentita. Eileen non riusciva a capire. L’idea che Maxwell potesse
ritenerla capace di andare a letto con qualcuno pur di conquistarne il
favore la faceva star male, e non sapeva cosa fare per rimediare. Mentre si
cambiava per la notte pens� che prima di tuttto doveva finire di girare quel
benedetto film, dopodich� avrebbe riflettuto sulla mossa successiva.
In quei territori desertici l’arrivo della primavera portava un discreto
aumento della temperatura, perlomeno durante il giorno, ed Elizabeth si
pass� un fazzoletto dietro il collo per detergere il sudore. La troupe aveva
fatto un ottimo lavoro nel rendere di nuovo viva l’antica citt� di
frontiera. Le costruzioni di legno, dal saloon all’ufficio dello sceriffo
fino alle stalle in fondo alla via, erano state completate con un adeguato
mobilio e gli attori vi si muovevano disinvolti.
Halford era molto soddisfatto del lavoro che stavano facendo e ci� si
rifletteva nell’atmosfera distesa che regnava ovunque.
Eileen era arrivata molto presto e si era sistemata nel punto indicatole da
un tecnico, dove non sarebbe stata d’impaccio a nessuno. All’inizio si era
divertita ad osservare il via vai delle comparse, l’attivit� frenetica che
seguiva ogni stop, quando sembrava che tutto venisse smontato e spostato
altrove, l’incredibile naturalezza con cui gli attori recitavano pur essendo
circondati da decine di persone, ma poi era subentrata la noia. Ogni scena
veniva ripetuta non meno di tre volte, ed era praticamente impossibile
seguire lo sviluppo della storia perch� sembrava di essere nel bel mezzo di
un puzzle gigante composto da quadri viventi. Forse, a ripensarci, il
mestiere dell’attore non era poi cos� entusiasmante... Quando il sole fu
alto nel cielo qualcuno diede il segnale della pausa pranzo, e solo allora
realizz� quanto fosse affamata. Si affrett� quindi ad estrarre alcuni
sandwiches ed una bottiglietta di limonata dalla borsa termica che aveva
portato con s� poi, con sua grande sorpresa, si vide raggiungere dall’amica,
a sua volta rifornita di panini e acqua. Mangiarono e chiacchierarono
piacevolmente insieme per alcuni minuti finch� l’addetto al ciack, su ordine
del regista, richiam� tutti all’ordine.
- Ci vediamo pi� tardi, se vuoi. A che ora parte il pullman per Phoenix? -
- Alle sei, e l’aereo � a mezzanotte meno un quarto. Per fortuna domani ho
lezione tardi, altrimenti dubito che sarei arrivata puntuale
all’universit�... -
- Scusami, adesso devo proprio scappare. - Con un sorriso la ragazza si mise
in piedi e, dopo aver scrollato via le briciole dal vestito, si diresse
veloce verso il luogo del raduno.
L’altra la osserv� allontanarsi pensierosa. Elizabeth sembrava serena,
completamente dimentica delle angosce che l’avevano torturata solo una
settimana prima. Ma era proprio cos�? Oppure era il fatto di trovarsi in un
ambiente diverso, dove Maxwell Evans non aveva posto? Comunque fosse, stava
molto meglio di quando era partita da Los Angeles e quella era l’unica cosa
che contasse, e nel lasciarsi la citt� alle spalle, alcune ore pi� tardi, si
sent� contenta per lei. Forse sarebbe riuscita a superare quella storia pi�
in fretta di quanto avesse temuto...
- Non riesco ancora a crederci... - Isabel si guard� intorno osservando con
divertito distacco i lussuosi gioielli e gli elegantissimi abiti delle donne
che affollavano la grande sala. - Zoa che si concede alle folle... -
Il marito si curv� a deporrle un piccolo bacio sotto la nuca. - Non �
proprio cos�, dato che nessuno conosce la sua identit�. -
- Non fa niente. Quello che � davvero importante � che Maxwell sia presente
alla prima di un suo film. Non lo aveva mai fatto, finora. - S’interruppe di
colpo nel vedere il fratello. Un sorriso smagliante le incurv� le labbra
mentre quasi correva da lui. Lo abbracci� forte e gli bisbigli� qualcosa
all’orecchio, cui lui rispose scuotendo piano la testa. - ...della Antar
Films. -
Fu tutto ci� che Michael Guerin riusc� a sentire, ma fu sufficiente per
strappargli una risatina soffocata. - Ah, ecco, mi sembrava strano! -
Nell’udire la sua voce Maxwell si stacc� dalla sorella e si volse per
salutarlo con affetto. - Mi fa piacere che siate potuti venire nonostante lo
scarso preavviso. -
- Non saremmo mancati neppure se ce lo avessi detto stamattina. Isabel non
credeva ai suoi occhi quando � arrivato l’invito... -
La giovane donna pass� distrattamente la punta delle dita sul tessuto
lucente dell’abito che indossava per eliminare alcune invisibili pieghe. -
Come mai questa decisione? Anzi, no, non dirmelo, non m’importa saperlo.
Sono solo contenta di essere qui e vederti nel tuo elemento. Fino adesso
avevo semplicemente letto il nome della tua casa di produzione oppure il tuo
acronimo... -
- Halford ha insistito molto perch� facessi uno strappo alla regola. -
- La tua regola - sottoline� Michael.
Lui si strinse nelle spalle.
- Non badargli - disse Isabel lanciando un’occhiata di fuoco al marito. Poi,
dato che avevano cominciato ad abbassare le luci, si protese a baciare il
fratello su una guancia. - Va’ a goderti il tuo momento di gloria. - E,
preso Michael sottobraccio, si diresse verso i posti assegnatigli.
Maxwell sent� un’ondata di calore travolgerlo. Era felice per la loro
presenza. Amava molto Isabel, e Michael era pi� di un amico. Avrebbe voluto
presentare loro Elizabeth ma sapeva che lei non avrebbe apprezzato il gesto.
Era ancora estremamente a disagio quando le stava vicino, poteva sentirlo
benissimo.
Il ricevimento che segu� la proiezione in sala fu splendido. Il ricco
buffet, la musica che faceva da sottofondo discreto, la conversazione
animata, tutto contribu� a rendere la serata indimenticabile.
C’erano tutti gli attori tranne il giovanissimo Rick Thunder, che a
quell’ora dormiva gi� da un pezzo nel suo lettino, il regista e parecchi
membri della troupe. Maxwell aveva cercato di rimanere in disparte per
quanto gli era stato possibile, godendosi la compagnia della sorella e del
cognato, poi si era accomiatato dal suo staff per scortarli fino all’albergo
in cui alloggiavano.
Quando infine si ritir� nel proprio appartamento scopr� di non riuscire a
prendere sonno. Il ricordo dei grandi occhi scuri ed espressivi di Elizabeth
continuava a perseguitarlo. Ma non poteva farci niente. O avrebbe osato
correre il rischio di lasciarla avvicinare?
Isabel e Michael si trattennero a Los Angeles ancora un paio di giorni
dopodich� tornarono a Barcellona, in Spagna, dove vivevano.
Isabel avrebbe voluto rimanere pi� a lungo perch� si era accorta che
qualcosa rodeva il fratello, tuttavia lui aveva scelto di non parlarne e
dunque non aveva potuto far altro che ritirarsi in buon ordine. - Chiamami
quando hai voglia di fare due chiacchiere, ok? -
- Certo, sorellina. - L’aveva abbracciata, poi aveva fatto lo stesso con
Michael. - Grazie per essere venuti... -
- Grazie per averci invitati. -
Lei gli strinse affettuosamente una mano. - Cerca di star bene. -
- Faccio del mio meglio -
- Lo so. -
Una volta fuori portata d’udito il marito fece una smorfia. - Su, cosa c’�?
-
- Ho l’impressione che stia soffrendo. Ricordi quando morirono Tess e
Leanna? -
L’uomo rabbrivid�. - Pensi che sia di nuovo in crisi? -
- Non come i primi tempi, per�... non so.. non sono sicura... -
- Forse ha incontrato una ragazza e teme che... - Non fin� la frase. Non ce
n’era bisogno.
- Non pu� rimanere solo per il resto della vita - sospir� Isabel, - ma non
c’� nessun’altra che possa prendere il posto di Tess. -
Nel lasciare l’aeroporto Maxwell si infil� le mani in tasca. A testa bassa
affront� le folate di vento gelido che improvvisamente spazzarono l’immenso
parcheggio.
Pioveva a dirotto quando arriv� davanti al palazzo che ospitava gli uffici
della Antar Films. L’ombrello e l’impermeabile erano letteralmente intrisi
d’acqua e la giovane fece un sorriso di scusa agli altri occupanti
dell’ascensore.
Giunta al diciottesimo piano inspir� per farsi coraggio e attravers� il
corridoio fino al doppio battente in legno con la targa della casa di
produzione.
- Buon giorno, vorrei vedere il signor Evans. -
La segretaria la scrut� con curiosit�. - Ha un appuntamento, signorina
Parker? -
- No, ma avrei urgenza di parlargli. E’ in sede? -
- S�, � in riunione. Desidera aspettare? -
Elizabeth si morse il labbro inferiore. Era stata una vera prova di forza
recarsi fin l�, e l’idea di una lunga attesa non le sorrideva affatto. Prov�
l’impulso di fare dietrofront e andarsene senza che lui sapesse della sua
visita. Rivolse uno sguardo teso alla segretaria. Poteva chiederle di non
dire che era passata? Avrebbe accettato? Oppure glielo avrebbe riferito
comunque? Maledizione, perch� non aveva seguito il proprio istinto? Maxwell
Evans non era interessato e glielo aveva fatto capire chiaramente! Cosa
doveva fare, gridarlo al mondo intero perch� lei lo accettasse?
Incerta, chin� lo sguardo sui pantaloni fradici. Non era neppure
presentabile...
- Non dovrebbe volerci ancora molto. Posso portarle qualcosa di caldo da
bere nel frattempo? -
- La ringrazio, ma... no, non si disturbi. - E, ancora indecisa, and� a
sedersi su una poltroncina dall’aria molto comoda.
L’altra sorrise e torn� al proprio lavoro.
Una decina di minuti pi� tardi una luce verde apparve sul display del
telefono e la donna si alz�.
Comprendendo che la riunione doveva essere terminata, la ragazza si alz� a
sua volta. Se voleva andarsene quello era il momento giusto per farlo.
Altrimenti doveva restare e... e cosa? Combattere? si chiese con amara
ironia.
- Elizabeth?! -
La voce sorpresa di lui la fece trasalire. Alz� gli occhi ad incontrare i
suoi, ignara delle persone che le passavano accanto.
- Grazie, Reyna - conged� la segretaria mentre con la mano faceva segno alla
giovane attrice di entrare.
Quando furono soli, Elizabeth accenn� un sorriso imbarazzato. - Speravo che
adesso sarebbe stato pi� facile parlarne, dato che il mio lavoro con la
Antar Films � finito, invece... - Senza volerlo fece scivolare lo sguardo
sul suo corpo snello e muscoloso avvolto in una t-shirt bianca con le
maniche corte e i blue jeans. Era semplicemente bellissimo, e di nuovo prov�
il desiderio di scappare. Come poteva pensare di...?
- Dammi l’impermeabile, � zuppo... -
Grata per quel rinvio si sfil� l’indumento, trattenendo il respiro quando
lui le sfior� le spalle nel prenderglielo.
- Io... ti sono grata per avermi offerto la possibilit� di interpretare un
ruolo da protagonista. E’ stata un’esperienza molto importante e... e mi ha
dato modo di crescere professionalmente. - Si schiar� la voce - Non ho mai
chiesto favori, non mi sono mai venduta... anche se... posso averti dato
un’impressione diversa. - Cerc� di nuovo i suoi occhi. - Volevo solo che tu
sapessi che quella sera... non ti ho baciato per ottenere qualcosa da te. -
Sent� il rossore salirle alle guance. - Non � stato neppure un vero bacio...
Non... mi hai permesso... Ti chiedo scusa. -
Maxwell la fiss� in silenzio per alcuni interminabili secondi poi scosse la
testa. - Non era necessario. -
- Lo era per me. Per poter chiudere definitivamente - Fece un piccolo passo
indietro. - Fa... fa male... - bisbigli�.
- Cosa? - chiese, vedendo che lei non aggiungeva altro.
- Lasciarti andare - rispose con un sorriso triste.
La luce dolente del suo sguardo gli serr� il cuore in una morsa. Avrebbe
voluto poterla cancellare ma, consapevole di esserne la causa, non sapeva
come fare.
Lottando per riguadagnare la compostezza Elizabeth si irrigid�. Il suo viso
si fece pallido e teso. Aveva bisogno di quell’ultima conferma, anche se non
sarebbe stato semplice chiedere... Trem� dentro di s�. - Non... non � per
quello che sono, vero? Voglio dire, un’attrice. - Deglut� a fatica. -
Sarebbe stato lo stesso anche se non avessi lavorato nel mondo dello
spettacolo. E’ cos�, ho ragione? -
L’assoluta mancanza di reazione da parte di lui fu una risposta pi� che
sufficiente. - Scusami per averti disturbato. - disse con voce roca.
Quel che le stava facendo era orribile ma non aveva altra scelta. Non poteva
permettere che entrasse nella sua vita, non poteva permettere che scoprisse
il suo segreto, non poteva permettere a se stesso di cedere al richiamo di
quegli occhi vellutati. “Amarti � facile, ma farti del male lo � ancora di
pi�...” pens� rammaricato.
- Bene! Allora, dato che non ho niente da perdere... - Sconvolta dalla
sensazione di annientamento che la stava per sopraffare, fece un passo in
avanti. - Permetti? - E senza dargli il tempo di rispondere gli circond� il
viso con le mani e lo baci�.
Lo aveva di nuovo colto di sorpresa. Santo cielo, era proprio un idiota! Ma
non seppe resistere al calore della sua bocca, e con un gemito soffocato le
infil� le dita tra i capelli e ricambi� il bacio.
La risposta appassionata di Maxwell cancell� ogni traccia di autocontrollo.
Prima di realizzare quel che stava facendo, fece scivolare le mani sotto la
sua maglietta ed accarezz� la pelle liscia e tiepida della schiena.
Incapace di pensare razionalmente, il giovane premette contro di s� quel
corpo minuto, aspirando con delizia il tenue profumo dei lunghi capelli di
seta. Baciare Elizabeth era come essere in paradiso, e non smise finch�
sent� le sue emozioni. “No! No, non posso...” Riapr� gli occhi e si trov� a
fissare in quelli brillanti di lei. - Liz, io non... - cerc� di dire, ma la
ragazza gli mise un dito sulla bocca sorridendo imbarazzata. - Shh... Lo so.
Per� � stato bello. -
- Non � per te. E’ per... - Scosse la testa - per via di me, di quello che
sono. Tu sei una ragazza meravigliosa e meriti di pi� dalla vita di quel
poco che posso darti io... -
- Ma io voglio te, Max. Solo... te... - lo implor�.
- Non � possibile, cara. Lo vorrei, non sai quanto lo vorrei, per�... - Le
scost� una ciocca di capelli dal volto. - Non posso. -
- Perch�? - insist�.
“Perch� sono un alieno, perch� il mio vero nome � Zan e sono originario di
Antar, un pianeta che non si trova neppure in questa galassia! Maledizione,
Liz, non posso amare un essere umano! Tess era la mia vita, l’unica che
potesse stare al mio fianco, perch� era come me! Vorrei che tu potessi
prendere il suo posto, ma non � possibile!”
Vedendo la sofferenza distorcergli i lineamenti Elizabeth si sent� in colpa.
- Perdonami, non volevo... - Gli accarezz� il viso. - Troverai la donna
giusta, prima o poi, ne sono sicura. -
“Il destino mi ha concesso una sola compagna, e l’ho perduta.”
- Max... - Non c’era altro che potesse dire. Con fare rassegnato si mise di
nuovo l’impermeabile, raccolse la borsetta e l’ombrello e se ne and�.
Il rumore della porta che si chiudeva rimbomb� a lungo nella testa di
Maxwell, anche se in realt� lo scatto della maniglia era stato quasi
impercettibile. Il senso di vuoto che stava provando era sopraggiunto cos�
all’improvviso da lasciarlo stordito. Il respiro gli usciva affannoso dalle
labbra socchiuse. Il destino non aveva alcun diritto di esigere quel prezzo
da lui... Per� il destino non era immutabile, poteva essere cambiato.
Bastava volerlo... volerlo davvero... Si copr� il volto con le mani. Ma
aveva il diritto di mettere a repentaglio le vite di Isabel e Michael?
Perch� prima o poi, se fossero rimasti insieme, Liz avrebbe scoperto la
verit�. Non era sempre in grado di controllare i poteri di cui era dotato,
proprio com’era successo pochi minuti prima mentre la baciava. Che avrebbe
fatto quando si fossero connessi? Sapeva che succedeva nei momenti di
maggiore coinvolgimento, e se mai avessero iniziato una relazione era
inevitabile che... Scosse con violenza la testa. No, non poteva farlo! Con
un singhiozzo spezzato croll� in ginocchio. “Liz...”
Non c’erano taxi in vista ma, se anche ci fossero stati, lei non se ne
sarebbe accorta. Tutto ci� cui riusciva a pensare era quel bacio, la
solidit� dei muscoli sotto le sue dita, la pressione del suo corpo quando
l’aveva stretta a s�. Liz. Nessuno l’aveva mai chiamata cos�, nemmeno i suoi
genitori. Sospir�. Provava qualcosa per lei, era chiaro come il sole, ma
allora perch� continuava a respingerla?
La pioggia non accennava a diminuire, e ad un certo punto decise di averne
abbastanza. Doveva rispettare la sua volont�, per quanto male le facesse, e
non la consolava sapere che neppure per lui era stata una scelta facile.
“Addio, Max...”
Elizabeth spalanc� gli occhi incredula.
- Ciao. -
- Ciao - La voce le usc� a fatica. Non si sarebbe mai aspettata di rivederlo
l�, sulla soglia del proprio appartamento...
- Ti va di uscire a fare due passi? Io... vorrei parlarti. -
- Certo! - Corse in camera a prendere un golfino poi buss� alla porta del
bagno. - Eileen, esco con Maxwell. Non so a che ora rientrer� - disse piano
perch� soltanto l’amica la sentisse.
“ Cosa?!? -”
- Hai capito bene! - Ridacchiando torn� nell’ingresso e segu� il giovane
fino alla sua vettura.
- Lo so a che stai pensando - mormor� ad un tratto mentre le apriva lo
sportello.
- Ah s�? E sarebbe? - lo stuzzic� lei.
- Che sono contraddittorio, incapace di decidere e insensibile ai sentimenti
altrui. Ho indovinato? -
- Solo in parte. Penso che... che tu abbia un motivo ben preciso per cui non
riesci a decidere se mi vuoi o no. -
Era una semplice constatazione, fatta con tono tranquillo, ma lo fece
sentire terribilmente in colpa. - Mi dispiace. -
- Non importa. Sono cose che capitano. - Gli sorrise - Devo dedurre che ora
hai raggiunto una decisione definitiva? E’ di questo che volevi parlarmi? -
Annu�, poi fece il giro della macchina e sal� dalla parte del guidatore.
- Dove andiamo? - chiese la ragazza ad un tratto, per rompere quel silenzio
che stava diventando troppo pesante per i suoi gusti.
- In un posto tranquillo. - La guard� di sfuggita. - Ti darebbe fastidio se
andassimo a casa mia? -
- No - Anzi, l’idea la attirava moltissimo. Era curiosa di vedere dove
viveva, e soprattutto desiderava stare da sola con lui.
Ci volle meno di mezz’ora per arrivare, ed Elizabeth si sent� subito a
proprio agio. L’arredamento era quasi spartano, essenziale, tuttavia
l’insieme era molto accogliente. La cucina era piuttosto ampia e vi si
accedeva dal soggiorno, poi c’era il salotto con l’angolo studio, dove
troneggiavano un computer e la stampante. Davanti a un divano dall’aria
comoda c’erano la televisione ed un sofisticato impianto stereo.
Il corridoio era interrotto da una porta a vetri, oltre la quale immagin�
dovesse trovarsi la zona notte.
- Posso offrirti qualcosa da bere? -
La voce di Maxwell, inaspettatamente vicina, la fece trasalire. - S�,
grazie. - rispose, e and� a sedersi sul divano. - E’ piacevole, qui... -
Torn� da lei con un vassoio su cui aveva disposto due bicchieri e alcune
lattine. - Puoi scegliere fra limonata, aranciata e coca cola. Non sapevo
cosa preferissi... - Si accomod� vicino a lei e attese che si fosse servita
dopodich� si chin� in avanti, i gomiti sulle cosce e le mani intrecciate. -
Ci sono molte cose di me che non sai. Cose che potresti trovare difficili da
accettare. - Gir� la testa per guardarla negli occhi. - Cose di cui non mi
sento ancora di parlarti ma che... che inevitabilmente scoprirai, se noi
due... - Fece un sorriso triste. - Cose che potrebbero farti decidere di
uscire per sempre dalla mia vita. Per questo ero cos� combattuto. Lo sono
ancora, ad essere sincero, ma... desideravo tanto rivederti... -
La ragazza pos� il bicchiere sul tavolino e rimase per qualche istante a
fissarlo assorta. - Anch’io desideravo rivederti - confess�. Sollev� il viso
verso di lui. - Neppure tu conosci tutto di me. Ci sono alcuni lati del mio
carattere che potresti trovare molto sgradevoli, per�... penso che valga la
pena scoprirlo. Insieme. E’ un salto nel buio per tutti e due. Nessuno di
noi conosce davvero l’altro, ed � normale che sia cos�. Io sono disposta a
provarci. E tu? -
Esit� a lungo. Poteva farlo? Poteva rischiare di rivelare tutto se stesso a
qualcuno diverso da lui? No, forse la domanda giusta era: si fidava di
Elizabeth? Si fidava al punto di credere che, anche se tra loro non avesse
funzionato, non lo avrebbe tradito? Aveva sempre pensato a lei come ad una
ragazza onesta e sincera. Perch�, adesso che doveva decidere se farla
diventare parte della propria vita, gli venivano quei dubbi?
All’improvviso seppe la risposta. Perch� l’amava, e se le fosse successo
qualcosa sarebbe impazzito per il dolore. Non sarebbe stato in grado di
superare un altro trauma come quello della morte di Tess... Strinse forte i
pugni. Cosa aveva detto, prima? Un salto nel buio... S�, giusto, ma lo
avrebbero fatto insieme. E non era questo che contava? Insieme. Chiuse per
un attimo gli occhi. Quando li riapr� lei lo stava fissando con
trepidazione. Sorrise, un piccolo sorriso di assenso.
Il chiarore dorato della lampada sul comodino illuminava debolmente la pelle
del suo braccio mentre continuava ad accarezzare con dolcezza il dorso di
Elizabeth. Era ancora sdraiata su di lui, una mano appoggiata sul suo cuore
e l’altra tra i suoi capelli. Liz... Aveva continuato a chiamarla cos�
mentre facevano l’amore, e poteva ancora udire il suono del proprio nome
sulle sue labbra, Max, ripetuto all’infinito, gridato con passione quando si
erano perduti in un mondo di gioia ed estasi.
Non importava quanto tempo sarebbe durato, dieci anni, oppure cento. Solo la
morte li avrebbe separati, e fino ad allora avrebbero vissuto pienamente
ogni attimo. Insieme. Sempre.
Scritta da Elisa |