Riassunto:
Questa � la storia di un�adozione molto particolare...
Data di stesura:
dal 23 agosto al 21 ottobre 2003
Valutazione:
adatto a tutti.
Diritti: Tutti
i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto � di
propriet� del sito Roswell.it.
E-mail:
ellis@roswellit.zzn.com
L�improvvisa percezione di qualcosa di nuovo, di diverso, funzion� da relais
per il suo cervello. Un poco alla volta segnali bioelettrici cominciarono a
trasmettere i loro messaggi e il sistema nervoso assorb� avido quelle
istruzioni. Un senso di torpido dolore si diffuse all�interno dei polmoni
quando, gradualmente, al liquido finora in essi contenuto si sostitu� un
composto gassoso. La sensazione dur� solo pochi attimi, poi fu come se il
liquido nutritivo non fosse mai esistito. Le narici inalarono automaticamente
l�aria, il sangue divenne pi� fluido ed il cuore prese a battere ad un ritmo
accelerato. Man mano che la sostanza in cui era rimasto immerso per un tempo
immemorabile si addensava trasformandosi in una gelatina trasparente, divenne
consapevole del suo corpo. Poi avvert� un altro cambiamento: al buio silenzio
ovattato che lo cullava si stava sostituendo una pallida luminescenza, che lo
incurios� e spavent� allo stesso tempo. Di colpo apr� gli occhi e comprese il
perch� di quel chiarore. Proveniva dallo spazio che lo circondava, uno spazio
ristretto che lo racchiudeva come un guscio protettivo. Rimase a lungo
immobile, prendendo lentamente il controllo delle sue funzioni vitali, finch�
la gelatina si ridusse ad un semplice strato dallo spessore irregolare che lo
copriva da capo a piedi. Allora, con una certa esitazione, tese un braccio in
avanti, poi l�altro, e con la punta delle dita sfior� il materiale che lo
imprigionava. Era tiepido, morbido eppure resistente. Obbedendo ad un impulso
spinse con forza e apr� uno squarcio. Afferr� i lembi tirando ancora di pi�
fino a quando riusc� a mettere fuori la testa, poi il busto, ed infine si
ritrov� all�aperto. Fece un lento giro su se stesso osservando con attenzione
ogni cosa, poi torn� a guardare la parete in cui erano incastonati i bozzoli.
Ne rimaneva ancora uno, chiuso. Si avvicin� e scrut� il visetto circondato da
una massa di riccioli biondi chiaramente visibile attraverso la membrana
translucida. Attese per un poco ma non successe nulla, cos� s�incammin� verso
lo stretto tunnel la cui imboccatura si trovava proprio davanti a lui ed usc�
dalla caverna. C�era una immensa distesa desolata, rischiarata dalla luce
argentea della luna piena che brillava bassa all�orizzonte, e su tutto un velo
nero disseminato di puntini luminosi. Rimase per qualche istante immobile,
disorientato, poi avvert� un richiamo mentale e cominci� a camminare con
cautela finch� trov� qualcuno. Qualcuno che riconobbe dal profondo del suo
essere, e lentamente gli si accost�. Si guardarono negli occhi per lunghi
istanti prima di riprendere ad avanzare cercando ancora. Finalmente lo
trovarono e tesero una mano per invitarlo ad unirsi a loro, ma proprio in quel
momento un forte rombo ruppe il silenzio della notte e apparvero due sottili
lame di luce dorata.
Colta da un inspiegabile senso di panico la terza creatura fece un passo
indietro. Non dovevano andare verso quella luce, dovevano restare nel buio!
Dovevano allontanarsi, trovare un riparo e aspettare che la luce sparisse!
Cerc� di spiegarlo ai suoi compagni, si concentr� con tutte le sue forze per
convincerli a seguirla, poi, visto inutile ogni tentativo, fugg� via.
Gli altri due la guardarono sparire nel nulla avvertendo un profondo senso di
perdita, poi si presero per mano come a volersi fare coraggio l�uno con l�altro
e ripresero a camminare in direzione della luce.
Quando furono abbastanza vicini alla sorgente del rumore e delle lame luminose
sulla loro pelle non vi era pi� traccia di gelatina, e ci� che gli occupanti
della macchina si trovarono davanti furono un bambino ed una bambina nudi che
si tenevano per mano, un�espressione smarrita negli occhi.
Joe e Clara Steamboldt erano un�anziana coppia originaria dell�Oregon. Non
molto tempo prima si erano trasferiti nel Texas, e quel giorno avevano deciso
di recarsi a Roswell per far visita ad alcuni amici. Non essendo pratici della
zona avevano finito con lo sbagliare strada e si erano ritrovati a percorrere
un sentiero accidentato privo di segnaletica. Dopo l�ennesima sosta per
studiare la cartina stradale avevano deciso di proseguire nella speranza di
reimmettersi, prima o poi, sulla statale.
- Giuro che non prender� mai pi� scorciatoie, in questo dannato deserto! -
brontol� l�uomo riuscendo per un pelo a schivare un�enorme buca.
- Veramente mi sembra che ci siano un sacco di alberi... - fu il pacato
commento della moglie.
- Gi�, e anche con la luna piena non riesco a vedere un accidenti! -
Clara Steamboldt scroll� le spalle. - A me pare che laggi� il percorso si
allarghi... -
- Sarebbe anche ora! -
Lei sorrise. Conosceva fin troppo bene i suoi modi bruschi, ma sapeva anche che
era un uomo abbastanza ragionevole e cos� decise di rimanere in silenzio finch�
si fosse calmato.
- Ehi, ma che diavolo...! - Joe fren� di colpo e rimase a fissare sbigottito i
due bambini.
- Oh mio dio... Cosa ci fanno a quest�ora di notte, da soli, nel bosco? - Clara
si chin� in avanti, preoccupata. - Guarda! Non hanno niente addosso! Poverini,
chiss� cosa gli � capitato?! - Fece per precipitarsi fuori dalla macchina ma il
marito la prese per il braccio bloccandola. - Aspetta! Magari � tutta una
montatura! Forse l� fuori c�� qualcuno che sta aspettando proprio che noi
usciamo per aggredirci e rubarci l�auto! -
- S�, certo, e chiss� da quanto tempo stanno l�, in attesa che qualche
imbranato come noi prenda la deviazione sbagliata e arrivi proprio quaggi�! Non
essere sciocco, Joe! Quei bambini devono essere rimasti vittima di un incidente
e hanno bisogno di aiuto! Avanti, fammi scendere! -
L�uomo esit� ancora per qualche secondo poi annu�. - D�accordo, ma vado io: tu
rimani qui, mi hai capito? Non si sa mai... -
- Ok. - concesse lei.
- Bene - Joe Steamboldt serr� le labbra e finalmente si decise ad aprire lo
sportello. In quel momento i due bambini si volsero a fissare qualcosa dietro
di loro e lui s�immobilizz�, sospettoso. Cerc� di vedere se ci fossero altre
persone, protette dall�oscurit�, ma non vide nessuno. Allora, un po� pi�
tranquillo, scese e si avvicin� guardingo.
I due bambini non si mossero, continuando a fissarlo come ipnotizzati.
- Ciao... - disse piano, sforzandosi di usare un tono amichevole. Non ottenne
alcuna reazione cos� tese la mano verso di loro. - Non voglio farvi del male...
- mormor� nel vederli irrigidirsi ed arretrare di un passo. Accenn� un sorriso
prima di muovere lentamente il braccio in avanti fino a toccare con delicatezza
la spalla del maschietto. - Venite, vi porto al sicuro! E� molto tardi e
comincia a far freddo: non potete restare qui da soli... - Li guard� entrambi
negli occhi, cercando un qualche segno di reazione che non arriv�. Allora
raddrizz� la schiena e si gratt� pensieroso la nuca. - Ok, ragazzi, sapete cosa
facciamo? Venite con noi fino a Roswell, sempre ammesso che riusciamo ad
arrivarci, e domattina andiamo a fare due chiacchiere con lo sceriffo. Forse
lui potr� aiutarvi a ritrovare i vostri genitori, eh? Che ne dite? - Il
silenzio fu l�unica risposta che ottenne, cos� fece una spallucciata e prese i
bambini per mano.
Nel vederli arrivare Clara si affrett� ad uscire dall�automobile per recuperare
la coperta che tenevano sempre nel bagagliaio e vi avvolse i piccoli. - Poveri
tesori, dovete essere proprio spaventati! Su, venite, salite a bordo, svelti...
- Controll� che il plaid non scivolasse via poi apr� lo sportello posteriore e
li aiut� ad entrare, dopodich� rivolse uno sguardo perplesso al marito. -
Sembrano sotto choc - bisbigli�.
- Cerchiamo di arrivare a Roswell, e domani vedremo di chiarire la faccenda con
lo sceriffo. Oramai � tardi, sono le dieci passate, e l�unica cosa che possiamo
fare � ritrovare la strada, sperando che la citt� non disti molto. Non credo
che Gregory e Francine si rifiuteranno di ospitarli per la notte... -
- No, non lo credo neanch�io. - La donna scosse il capo. - Fanno una
tenerezza... Guardali, devono essere spaventati a morte! -
Joe si chin� verso il finestrino. I due bambini sedevano rigidi, quasi
riluttanti a lasciare quel luogo. �Mah...� Riguadagn� il suo posto dietro il
volante, allacci� la cintura e fece per mettere in moto. - Ehi, ragazzi, e voi?
-
Incuriosita, Clara si volse e corrug� la fronte. Con un sospiro si contorse
fino a raggiungere le cinture di dietro ed assicurarle intorno ai due bambini
poi torn� a sedere compostamente, sempre pi� preoccupata. Adesso possiamo
andare... - disse piano.
Cercando di evitare per quanto possibile ogni sobbalzo Steamboldt riprese la
strada e meno di mezz�ora dopo, con sua grande sorpresa, trov� l�incrocio con
la statale. - Ci siamo quasi! - esclam� soddisfatto.
Percorrere di nuovo il nastro asfaltato contribu� ad attenuare la tensione e la
signora Steamboldt si volt� sorridendo. - Tra poco potrete mangiare qualcosa di
caldo, fare un bel bagno e dormire nel letto pi� comodo che possiate
immaginare! - disse, aspettando con segreta ansia un qualche accenno di
risposta ma i bambini si limitarono a restituirle uno sguardo blandamente
incuriosito.
Sospirando rassegnata la donna lanci� un�occhiata dubbiosa al marito poi,
leggendo il cartello che indicava che mancavano solo dieci miglia per arrivare
a Roswell, si ravvi� i capelli e si abbandon� contro lo schienale. Era stata
una giornata davvero lunga e anche lei desiderava mangiare un boccone e
infilarsi sotto le lenzuola!
Joe le diede una leggera pacca sul ginocchio. - Coraggio... - mormor� senza
distogliere l�attenzione dalla strada, quasi le avesse letto nel pensiero.
Quando finalmente raggiunsero la loro meta erano passate da poco le undici e
Gregory li accolse ridendo bonario. Venite, venite! Sarete stanchi morti! Avete
sbagliato strada, vero? -
- Non ne parliamo, ti prego! Volevo provare a fare una scorciatoia, e ci siamo
ritrovati in mezzo al nulla! - Joe scroll� con filosofia una spalla. - Domani
andr� come prima cosa a comprare uno di quei telefoni portatili. Anzi, sar� la
seconda. Prima di tutto dovr� andare dallo sceriffo... - E davanti
all�espressione sconcertata dell�amico fece un gesto col mento ad indicare i
piccoli che, in silenzio, se ne stavano quieti accanto a Clara.
- Oh santo cielo! - Indietreggi� di scatto per lasciar entrare tutti quanti poi
diede una voce alla moglie, che si affrett� a raggiungerlo e nel vedere i
bambini sgran� gli occhi. - E voi chi siete?! -
- Li abbiamo trovati lungo la strada. Credo siano rimasti vittima di qualche
incidente, anche se non sono feriti e non abbiamo visto macchine ribaltate o
cose del genere... Magari avranno camminato per miglia e miglia, prima che li
incontrassimo... -
- Beh, andiamo in cucina: vi ho tenuto la cena in caldo, e ce n�� a sufficienza
per tutti! - La donna li precedette fino alla grande stanza dalle pareti
arredate da una incredibile quantit� di pensili e piani di lavoro, con al
centro un tavolo di legno massiccio e solide sedie impagliate. Era alta e
magra, con lunghi capelli grigi annodati in una crocchia, e un�aria
terribilmente efficiente. In pochi minuti apparecchi� e dispose una serie di
piatti da portata da cui si levava un fantastico profumino.
Nel frattempo Gregory aveva preso un paio di morbide camicie di cotone e le
aveva date a Clara perch� le facesse indossare ai due bambini. - Purtroppo non
ho niente di adatto, ma queste dovrebbero coprirli a sufficienza... -
- Certo, ti ringrazio! - La donna dovette faticare un poco per vestirli dal
momento che avevano deciso di non collaborare, ma poi riusc� ad allacciare
l�ultimo bottone e li fece sedere vicini prima di accomodarsi a sua volta. -
Mm... ho gi� l�acquolina in bocca! Francine, sei davvero una cuoca
straordinaria! - esclam� estasiata mentre l�amica distribuiva lo stufato di
vitella con contorno di patate e pisellini dolci. Attese che ognuno fosse
servito prima di cominciare a mangiare, ma dopo pochi bocconi si ferm� con la
forchetta a mezz�aria. - Avanti, su, � buono! - disse rivolgendosi ai piccoli,
i quali non avevano fatto neppure il gesto di prendere una posata in mano.
- Non preoccuparti, ci penso io. Tu continua a mangiare prima che si
raffreddi... - Francine prese una sedia e si inser� fra i due bambini. - Ok,
avete deciso di fare i capricci, a quanto pare! Ma siccome sono certa che avete
una fame da lupi, e mi dispiacerebbe davvero vedere sprecato tutto questo ben
di dio, mi vedo costretta ad insistere. Mangiate almeno un pochino, poi potrete
fare una doccia e andare a dormire, d�accordo? Ecco, vi do una mano - Cos�
dicendo prese una forchetta e vi infilz� un pezzetto di carne che avvicin� alla
bocca della femminuccia. - Prima le signore... - disse con tenerezza. Quella
bambina aveva due occhi cos� belli...
Poich� lei non reagiva le prese il mento fra le dita e tir� piano verso il
basso. Dai, fai un piccolo sforzo! - Continu� ad insistere finch� la piccola
cedette e il boccone di carne spar� oltre i candidi dentini.
Non successe altro.
Perplessa, Francine le diede un buffetto sotto il mento. - Brava, ma adesso
devi staccarlo via dalla forchetta, masticarlo e poi inghiottirlo. Forza! -
La bambina continu� a fissarla senza apparentemente capire, poi con lo sguardo
cerc� il suo compagno e dopo alcuni secondi serr� le labbra lasciando che la
carne si sfilasse dai rebbi mentre Francine tirava indietro la posata
sorridendo contenta. - Ecco fatto! Hai visto com�� facile? - Si gir� allora
verso il maschietto e fece altrettanto. Questa volta non ebbe alcun problema a
far mandare gi� il boccone, tuttavia entrambi i bambini ne accettarono
solamente tre o quattro prima di rifiutarsi con caparbiet� di aprire ancora la
bocca.
Decidendo di non insistere oltre Francine aspett� che Joe e Clara finissero di
cenare dopodich� li fecero accomodare nella stanza degli ospiti. - Mi occupo io
di lavare e mettere a dormire i piccoli. Voi andate a letto: sarete stravolti
dalla stanchezza!... -
Joe si strinse nelle spalle senza obiettare, in effetti si sentiva esausto,
tuttavia insist� per stendersi sul divano del soggiorno. - Per una notte posso
stare l�, mentre i bambini dormiranno in un vero letto. Clara glielo ha
promesso... - aggiunse dando un�affettuosa stretta alla spalla della moglie. -
Vero, ma�? -
- Infatti. Per�, Fran, questa volta voglio aiutarti! -
- Non se ne parla proprio! Tu va� a farti un bel sonno: di loro ci prendiamo
cura io e Greg. Buona notte! E sta� tranquilla: faremo cos� piano che non te ne
accorgerai neppure quando metteremo a letto questi bimbi!... -
- Ah, temo che neanche le cannonate mi sveglieranno, una volta che avr� posato
la testa sul cuscino! A domani, allora, e grazie di tutto! -
- A domani -
Se far mangiare qualcosa a quei bambini era stata un�impresa, far loro la
doccia si rivel� un�operazione impossibile. Non appena le prime gocce d�acqua
gli bagnarono la pelle entrambi schizzarono fuori dalla cabina facendo quasi
cadere Francine, inginocchiata l� accanto con una morbida spugna in una mano e
un flacone di schiuma da bagno nell�altra, e non ci fu verso di farli tornare
indietro. Sembravano angosciati, quasi spaventati, e la donna decise di lasciar
perdere. Li asciug� tamponandoli gentilmente con un grande telo azzurro poi gli
rinfil� le camicie e li prese per mano. - Forse � meglio andare a nanna,
adesso... -
L�indomani mattina, quando apr� gli occhi, Clara Steamboldt trov� i piccoli in
piedi accanto alla finestra, lo sguardo fisso su qualcosa che lei non poteva
vedere. Per un attimo ebbe la stranissima impressione che desiderassero uscire,
andar via, nonostante non ci fosse nulla l� fuori se non qualche acro di
terreno disseminato di rocce brulle e vegetazione inaridita dal caldo torrido
dell�estate, e si sent� triste per loro. In punta di piedi per non spaventarli
usc� dalla stanza e and� in soggiorno. Tese un braccio a scuotere piano la
spalla del marito, ancora steso sul divano. - Joe, svegliati! Dobbiamo andare
il prima possibile in citt� per parlare con lo sceriffo. Magari lui riuscir� a
scoprire che fine hanno fatto i genitori di quelle povere creature... -
mormor�.
L�uomo si agit� un poco, non ancora del tutto sveglio. - S�, s�, certo... -
bofonchi�, e con un certo sforzo si mise a sedere guardandosi intorno con le
palpebre gonfie per il sonno. - Ho dormito malissimo... -
- Beh, anch�io, se � per questo. Non ho fatto che pensare ai bambini. Credo che
abbiano passato buona parte della notte a guardare fuori della finestra: il
letto � rimasto pressocch� intatto... -
Con un sospiro Joe si alz� e and� a raggiungerli. - Come vi sentite? - Poi
scosse la testa accennando un sorriso. - Perch� il vostro silenzio non mi
sorprende? Su, avanti, � ora di colazione! - Li prese per mano e li guid� fino
in cucina mentre Clara li seguiva un po� a fatica. La mattina era per lei il
momento peggiore della giornata. Problemi di circolazione le rendevano sempre
doloroso alzarsi dal letto, e certo il lungo viaggio da Fort Worth non aveva
facilitato le cose...
Quando si ritrovarono seduti davanti ad una tazza di caff� bollente Gregory
propose di andare tutti insieme a Roswell. - Conosco lo sceriffo da molti anni,
� una gran brava persona, e sicuramente sapr� cosa � meglio fare per voi,
giovanotti... - aggiunse rivolgendosi direttamente ai suoi piccoli ospiti.
Anche stavolta non ci fu alcuna reazione da parte loro, e l�uomo guard�
preoccupato sua moglie e poi gli Steamboldt. Quei bambini dovevano aver vissuto
un�esperienza davvero traumatica!
Vedendo che non sembravano intenzionati a bere il latte che Francine aveva
preparato per loro, Clara alz� gli occhi al cielo. - Ok, adesso filate in bagno
a lavarvi, cos� poi andiamo in citt�. E pazienza per i vestiti... - Del resto,
i tre nipoti della sua amica erano ormai adolescenti e l�unico paio di jeans
che avevano dimenticato era davvero troppo grande!
- Lascia stare il bagno, � inutile! Avessi visto che scene, ieri sera... -
Davanti alla sua espressione incuriosita la donna si strinse nelle spalle. - A
quanto pare non amano l�acqua. Andate tu e Joe, a fare la doccia, mentre io
riordino qui. Prendetevela comoda: lo sceriffo non arriva mai in ufficio prima
delle dieci e mezza! -
In effetti quando vennero fatti accomodare nella piccola stanza ingombra di
scaffali e schedari l�uomo aveva l�aria di chi si � appena svegliato,
ciononostante ascolt� con grande attenzione il racconto degli amici di Gregory.
Aveva dato un�occhiata breve ma acuta ai due bambini fermi accanto a Francine,
in corridoio, ed era certo che non fossero del posto. Alla fine si pass�
entrambe le mani tra i radi capelli bianchi. - Non ci sono state denunce di
incidenti stradali, finora, ma � trascorso troppo poco tempo... specialmente se
� successo in un bosco isolato... Peccato che non siate in grado di essere pi�
precisi: l�area che avete indicato � molto vasta e non sar� semplice esplorarla
tutta... -
- Cosa ci consiglia di fare, allora? Quei bambini sembrano... sotto choc, anche
se non sono feriti. Io non... non so come comportarmi con loro... - disse Clara
sconsolata.
- Beh, per quello non ci sono problemi. C�� un centro di accoglienza, una
specie di orfanotrofio, a dire la verit�, e credo sia il luogo pi� adatto,
almeno finch� non saremo riusciti a scoprire qualcosa della loro famiglia. Se
volete me ne occupo io... -
- Grazie, lei � molto gentile! Ma... possiamo venire anche noi? Le confesso che
mi spiace un po� l�idea di separarmi da loro... -
- Certo, lo capisco. Bene, allora andiamo! -
L�edificio che ospitava il centro era una vecchia palazzina di mattoni a due
piani, con finestre alte e strette e un piccolo giardino dove l�erba stentava a
crescere sotto i raggi spietati del sole. La direttrice era una donna dall�aria
materna, il viso segnato dal tempo e gli occhi verdi messi in risalto da una
massa di capelli scuri raccolti in un morbido nodo sulla nuca. A volte sentiva
il peso di quel lavoro gravarle pesantemente sulle spalle, soprattutto quando
si trovava davanti bambini maltrattati, feriti, terrorizzati, e allora si
domandava se non fosse il caso di andarsene in pensione, di passare il suo
fardello a qualcun altro, qualcuno pi� giovane e forte di lei. Ma non era
facile trovare un sostituto adatto, e cos� continuava a prendersi cura delle
fragili vite affidatele dal destino. E ora quei due bambini smarriti e confusi,
sconvolti al punto di non riuscire a parlare... Annot� sull�apposita scheda le
osservazioni degli Steamboldt e dei loro amici e preg� lo sceriffo di tenerla
al corrente degli sviluppi delle indagini. Sorrise comprensiva nel vedere la
tenerezza con cui le persone che avevano accompagnato i bimbi li abbracciarono
prima di accomiatarsi.
- Spero che presto possiate rivedere i vostri genitori. Fate i bravi, mi
raccomando... - Clara Steamboldt diede loro un bacio sulla fronte e si
raddrizz� a malincuore. Non voleva lasciarli, le sembrava di abbandonarli, di
tradirli. Si diede della sciocca. Aveva sessantacinque anni, e Joe stava per
compierne sessantanove. Non avevano certo l�et� per occuparsi di due bambini
cos� piccoli, ma le sarebbe piaciuto molto... Con un sospiro li accarezz� sulla
testa poi prese il marito sottobraccio e usc� dalla stanza. Per un folle attimo
sper� che le corressero dietro, che le afferrassero le mani, che le chiedessero
di portarli via con lei. Si volse per guardarli un�ultima volta e rimase
sconcertata dall�espressione dei loro volti. Sembrava quasi che... non
capissero. Che non avessero alcuna idea di quello che stava succedendo... Ma
poi il bambino gir� il visetto e per un attimo i loro occhi si incontrarono. In
quelli nocciola di lui c�era una tale desolazione che rabbrivid� e, di colpo,
sent� il bisogno di andarsene. Di allontanarsi da tutte quelle cose strane che
si erano susseguite da quando avevano deciso di lasciare l�interstatale
perdendosi in un intrico di strade secondarie.
Lo sceriffo salut� ancora una volta la direttrice del centro ed usc� seguendo
da presso gli Steamboldt e i Kearny. - Quanto vi trattenete qui a Roswell? -
- Una settimana, poi torneremo in Texas. Crede che riuscir� a scoprire qualcosa
prima della nostra partenza? - chiese Joe.
- Beh, io e i miei uomini faremo del nostro meglio ma ritrovare l�auto dei loro
genitori sar� un po� come cercare un ago in un pagliaio... Comunque conosco
Rose Marton da molti anni e posso assicurarvi che sa trattare con i bambini,
anche con i pi� difficili. Vedrete, staranno bene con lei... -
- Lo spero. Santo cielo, sembravano cos�... cos� tristi... -
Clara guard� di sottecchi Francine. S�, era vero, quei due bambini avevano
l�aria triste, ma era normale con quello che avevano passato... Ritrovarsi soli
nel deserto doveva essere stato terrificante, per non parlare poi del buio...
Perfino lei si era sentita sopraffare dallo scoramento quando Joe aveva ammesso
di essersi perduto... Ma... perch� erano nudi? Che fine avevano fatto i loro
vestiti? Suo malgrado sent� un certo sollievo nel sapere che non erano pi� una
sua responsabilit�...
Nei giorni che seguirono le due coppie fecero molte escursioni nei dintorni di
Roswell, e un paio di volte passarono anche dall�ufficio dello sceriffo per
sapere se ci fossero delle novit� ma non erano state trovate tracce di
incidenti nell�intera contea e l�uomo li inform� che aveva deciso di sospendere
le ricerche.
Poi gli Steamboldt ripartirono per Fort Worth, e Greg e Francine andarono con
loro.
Rose Marton non aveva avuto il coraggio di confessare al suo vecchio amico il
proprio fallimento con i bimbi che le aveva dato in custodia. Non era riuscita
a stabilire un contatto con loro, non aveva saputo infrangere la barriera
dietro cui sembravano essersi rifugiati fin da quando Clara Steamboldt era
uscita dal suo ufficio. Dopo essere stati accompagnati in una delle tante
piccole stanze allegramente decorate, infatti, i due fratellini si erano
avvicinati alla finestra e non si erano pi� mossi da l�. N� per andare a
mangiare alla mensa comune e nemmeno per dormire, preferendo sdraiarsi sul nudo
pavimento.
Ogni giorno la donna, con l�aiuto dello psicologo del centro, aveva tentato di
comunicare tuttavia i piccoli continuavano ad ignorarla, limitandosi a guardare
fuori dal vetro con un�espressione dolorosamente intensa. Quasi cercassero
qualcosa, qualcuno. I genitori, senza alcun dubbio. Il guaio era che lo
sceriffo l�aveva avvertita della totale inutilit� dei suoi sforzi, e lei non
sapeva pi� cosa fare. Non era neppure riuscita a fargli indossare degli abiti
decenti. I bambini opponevano una resistenza passiva a qualsiasi tentativo di
aiuto, con un�ostinazione degna di miglior causa. Tenevano le braccia strette
lungo i fianchi quando si cercava di sfilargli l�enorme camicia maschile con
cui erano arrivati, non aprivano la bocca quando l�assistente provava ad
imboccarli, puntavano i piedi se qualcuno accennava ad allontanarli dalla
finestra. Una volta un corpulento infermiere, esasperato, aveva fatto il gesto
di sollevare di peso la bambina ma il maschietto gli si era gettato addosso con
uno slancio tale da costringerlo a lasciarla andare, e da allora nessuno li
aveva pi� infastiditi.
Alla fine, con un insolito miscuglio di rammarico e speranza, cominci� a
preparare la documentazione per rendere possibile l�affidamento dei bimbi.
Era una splendida giornata estiva quella in cui l�avvocato Evans, accompagnato
dalla moglie, si rec� al centro d�accoglienza per l�infanzia in risposta alla
chiamata della direttrice.
L�aria era particolarmente tersa dopo il temporale notturno che aveva portato
via ogni particella di polvere, e il verde degli alberi, l�azzurro del cielo,
tutto aveva assunto una particolare lucentezza.
Come sempre affacciati alla finestra della loro stanza, i due bambini
scrutavano in lontananza con disperata bramosia. Non sapevano esattamente cosa
dovessero cercare, cosa stessero aspettando. Sapevano soltanto di trovarsi in
un posto sconosciuto, e per di pi� avevano perduto un fratello. Come avrebbero
fatto a rintracciarlo?
Poi, una macchina si ferm� poco distante e ne scese una donna che indossava
qualcosa di un vivace color giallo che attrasse come una calamita lo sguardo
malinconico della bambina. Il suo volto s�illumin� all�improvviso e stringendo
ancora pi� forte la mano del suo compagno corse verso la porta e via, lungo il
corridoio, fino ad arrivare davanti all�ingresso proprio mentre la donna e
l�uomo che era con lei venivano accolti da Rose Marton.
La direttrice spalanc� gli occhi sorpresa nel vedere i piccoli. - Ecco,
avvocato, sono loro i bambini di cui le parlavo... Io credo davvero che
soltanto all�interno di una famiglia riusciranno a riprendersi dalle
conseguenze dell�incidente di cui sono rimasti vittime... Ma la prego, mi segua
nel mio ufficio, dove potremo parlare pi� comodamente... -
Nel frattempo la signora Evans si era piegata fino ad incontrare gli occhi di
un marrone scuro e brillante della bimbetta. Con un gesto affettuoso le
accarezz� i morbidi capelli biondi che le sfioravano appena le spalle. Ciao,
come ti chiami? -
La piccola la guard� incantata per un attimo, poi sorrise e le pass� un braccio
intorno al collo, costringendo in tal modo il fratellino ad avvicinarsi a sua
volta, dal momento che continuava a tenerlo per mano.
Sopraffatta dalla commozione la donna alz� il capo verso il marito. - Non
potremmo prenderli noi? - chiese con voce sommessa.
Phillip Evans fiss� la moglie e la bambina stretta a lei, e sent� un nodo
stringergli la gola. Sia lui che Diane erano rimasti terribilmente delusi
quando avevano scoperto di non poter avere figli, e qualche volta avevano
pensato di adottarne uno. Non ne avevano mai fatto nulla, per�, per un motivo o
per l�altro, ma a quanto pareva quel giorno il destino aveva deciso per loro.
Fece un piccolo cenno con la testa ottenendo in risposta un timido sorriso. -
Vieni, dobbiamo fare una bella chiacchierata con la signora Marton, e a questo
punto � il caso che ci sia anche tu! -
Un po� a malincuore la donna allontan� da s� la bimba. Le sfior� la guancia
pallida e si sent� morire dentro per l�incredibile fiducia che vide nei suoi
occhi. - Torner� presto, stai tranquilla... - mormor�, prima di voltarsi a
guardare il piccolo fermo al suo fianco. - Ciao, tesoro. - Sent� una lacrima
tremarle sulle ciglia. Dio mio, quei bambini erano cos� belli, cos� teneri...
Cos� bisognosi di affetto... Voleva prendersi cura di loro, voleva portarli a
casa con s� e amarli, coccolarli, renderli felici come ogni bimbo dovrebbe
avere il diritto di essere... Si affrett� a seguire il marito, sapendo nel suo
intimo che lui avrebbe fatto di tutto per ottenerne l�affidamento.
Rose Marton fu molto sincera con loro, espose con estrema chiarezza le
circostanze che avevano condotto fin l� i due bambini e le insormontabili
difficolt� che aveva incontrato nel gestirli. Non parlavano, non mangiavano,
dormivano per terra anzich� nei loro lettini, non era stato possibile lavarli
n� vestirli. Non erano mai voluti uscire dalla stanza in cui erano stati
sistemati, limitandosi a passare tutto il tempo a guardare dalla finestra.
Diane ascolt� attenta eppure non pot� impedirsi di pensare che, con molto amore
e pazienza, sarebbe riuscita ad aiutare quei due poveri bambini e non volle dar
peso alle parole della direttrice. - Phillip, ti prego, prendiamoli noi... -
disse di nuovo guardando il marito negli occhi dopo che la donna ebbe finito di
spiegare la situazione.
L�uomo emise un profondo sospiro. Certo, la faccenda era tutt�altro che
semplice anche se i piccoli avevano dato l�impressione di gradire la presenza
di Diane, o perlomeno cos� era stato per la femminuccia. Comunque, il
maschietto non si era tirato indietro e questo, a ben guardare, era un segno
positivo. Se non altro non aveva aggredito sua moglie come invece aveva fatto
con l�infermiere che, stando al racconto della direttrice, aveva commesso
l�imperdonabile errore di cercare di prendere in braccio la sorellina... Bene,
non sarebbe stato un compito facile, sicuramente, ma anche lui era rimasto
colpito dalla desolata solitudine di quei due bambini cos� comunic� alla
signora Marton che si sarebbe dato da fare per preparare tutte le carte
necessarie nel pi� breve tempo possibile.
- Possiamo portarli a casa fin da adesso? - domand� speranzosa Diane Evans,
tuttavia l�uomo scosse la testa. - No, non � possibile. Per� potresti andare a
vedere un po� di negozi. Serviranno parecchie cose, non credi? - disse
dolcemente, per attenuare l�effetto della risposta negativa.
Come previsto, la moglie sorrise con entusiasmo. - E� vero, hai ragione! Santo
cielo, devo darmi da fare se voglio che sia tutto pronto per quando verremo a
prenderli! - Si alz� in piedi e strinse con cordialit� la mano di Rose Marton.
- Signora, � stato un vero piacere conoscerla! -
La donna tenne saggiamente per s� i suoi dubbi in merito a quella precipitosa
decisione limitandosi a restituire il saluto e poi scort� i suoi ospiti fino
all�ingresso, dove erano rimasti ad aspettare i due piccoli, incuranti del
viavai degli altri bambini. - Che ne direste di andare a mangiare qualcosa? -
prov� a suggerire approfittando del fatto che, per la prima volta, erano fuori
della loro stanza.
A quelle parole Diane si curv� di nuovo davanti ai bimbi. - Adesso devo andare
via ma fra qualche giorno torner� e vi porter� a casa con me. Intanto, per�,
dovreste fare i bravi e obbedire alla signora Marton. Non avete fame? Non
volete fare merenda con gli altri? -
L�unica risposta che ottenne fu un altro breve abbraccio da parte della
femminuccia, prima che corresse via tirandosi dietro il fratellino.
Con un sospiro si raddrizz�. - Oh, Phillip, cerca di fare pi� in fretta che
puoi... -
E Phillip Evans, come promesso, si diede da fare in modo rapido ed efficace,
stilando tutti gli atti che avrebbero reso legale l�affidamento dei due bambini
e mettendosi in contatto con un giudice che conosceva molto bene perch� si
occupasse della registrazione dei documenti in tribunale nel pi� breve tempo
possibile.
Ci vollero tuttavia quattro giorni, e quando finalmente gli Evans si
presentarono di nuovo al centro diretto dalla signora Marton la situazione si
era fatta molto tesa.
I due piccoli orfani, di cui ancora non si era riusciti a sapere il nome, erano
caduti in una specie di depressione. La notte si poteva sentirli spesso
piangere, e il prolungato digiuno li aveva privati di ogni forza. Se ne stavano
ore e ore seduti sotto la finestra tenendosi per mano, gli occhi chiusi, le
testoline poggiate contro il muro. Ogni volta che sentivano il rumore di una
macchina e di sportelli che sbattevano la bimba si alzava in piedi e guardava
di fuori. Ogni volta le sue labbra si serravano, e tornava ad accovacciarsi
accanto al fratello.
Finch� un pomeriggio arriv� la vettura giusta, da cui scese la persona giusta,
e di nuovo la bambina strinse pi� forte la mano del suo compagno prima di
correre via dalla stanza verso l�ingresso.
Ridendo e piangendo allo stesso tempo Diane Evans si strinse al petto i bimbi
cullandoli contro di s�. Ciao, piccolini... Mi siete mancati tantissimo,
sapete? Ma ora � tutto a posto, ora avete una nuova casa...
Dietro di lei, suo marito sfior� con una carezza i morbidi capelli di quelle
due creature innocenti e sent� di aver fatto la cosa giusta. Con un sospiro si
diresse all�ufficio della direttrice e consegn� la pratica relativa
all�affidamento, cui mancava solo la firma di Rose Marton. - Ecco, queste sono
le carte. Ci prenderemo cura di loro nel miglior modo possibile, glielo posso
assicurare... - disse porgendole la cartellina.
- Ne sono certa. Sua moglie sembra perfettamente in grado di occuparsi di quei
bambini... Ah, e... per quel che riguarda i loro nomi, mi dispiace ma ancora
niente da fare... -
- Non importa. Ci abbiamo pensato noi, e il giudice non ha avuto nulla da
obiettare. -
- Bene, perfetto! Allora... possiamo andare! - La direttrice appose le
necessarie firme dopodich� richiuse la cartellina ed accompagn� il signor Evans
fuori della stanza. Stava per guidarlo verso il lato dell�edificio dove si
trovavano le stanze dei bambini quando si accorse del gruppetto davanti
all�ingresso. - Oh, vedo che sono gi� pronti per venire con voi... - mormor� un
poco stupita.
- Grazie di tutto - L�uomo la salut� con una calorosa stretta di mano, poi si
avvicin� alla moglie e si chin� a prendere in braccio il maschietto. - Avanti,
� ora di andare! - disse.
Con un sorriso smagliante Diane si strinse al collo la bambina ed usc�
camminando con orgoglio al fianco del marito.
Non appena entrati in casa la donna li accompagn� a vedere le loro camerette.
Per i primi tempi, comunque, lei e Phillip avevano pensato di farli dormire
insieme e cos� avevano spostato il secondo letto nella stanza pi� grande, che
era quella destinata alla femminuccia.
Fatti sedere entrambi i bimbi su un letto, la coppia si inginocchi� davanti a
loro e due paia di occhi scuri e intelligenti li fissarono con intensit�.
Phillip fu il primo a parlare. - Lo sceriffo non � riuscito a ritrovare la
macchina dei vostri genitori, e in nessuno degli ospedali della contea sono
state ricoverate di recente vittime di incidenti stradali. Questo significa
che, almeno per il momento, resterete con noi. Se e quando qualcuno segnaler�
la vostra scomparsa, allora verranno fatti dei controlli e, se tutto risulter�
in ordine, tornerete con la vostra vera famiglia. Ma fino ad allora sarete...
sarete i nostri bambini... - Tacque, in preda ad una forte emozione. Era
indescrivibile quello che stava provando, dinnanzi a quei volti seri e smunti.
Per una settimana, per un mese, magari per un anno, quei piccoli sarebbero
stati i suoi figli...
Diane accarezz� gentilmente le loro ginocchia. - Volete dirci quali sono i
vostri nomi? La direttrice ci ha spiegato che, fino ad oggi, non avete mai
parlato, ma forse adesso vi va di farlo? Come vi chiamate? - Rimase in paziente
attesa poi, visto che non otteneva risposta, batt� piano un dito sotto il mento
di entrambi. - Allora vi daremo noi dei nomi, e se non vi piacciono sentitevi
liberi di farcelo sapere, ok? Bene, dunque tu ti chiamerai Isabel, e tu Max.
Che ve ne pare? -
Ancora silenzio. Ma negli occhi marrone scuro di Isabel vide brillare per un
attimo una luce di gioia, e per lei fu sufficiente. Si protese ad abbracciarla
forte, poi fece lo stesso con Max, che per una volta ricacci� indietro la sua
riservatezza e si lasci� andare contro la donna.
Commossa, Diane strinse quel corpicino sottile e tiepido e si ripromise di fare
l�impossibile per far capire a quei bambini spaventati che, a dispetto di
tutto, avevano trovato una nuova famiglia.
- Ora credo sia meglio andare a tavola, a lavarci ci penseremo poi, eh? - La
voce le usc� strozzata. Non poteva capacitarsi del fatto che per dodici giorni
non avessero mangiato o bevuto. Sentiva le piccole ossa premere dolorosamente
sotto la pelle, e desider� rimanere per sempre cos�, con quei bambini stretti
al petto, dando e ricevendo calore...
Poi Phillip si schiar� la gola richiamandola alla realt�. - Bene, andiamo! -
disse alzandosi con un certo sforzo.
Diane Evans si era prodigata in cucina preparando il sugo per gli spaghetti, il
pollo al forno con le patatine, una grande ciotola di insalata mista e una
crostata alle ciliegie, nella speranza che il profumo di tutte quelle cose
buone avrebbe invogliato i bambini a mangiare, per cui rimase perplessa quando,
dopo averli fatti accomodare sulle sedie che Phillip aveva scostato per loro,
Isabel e Max si limitarono a guardare con attenzione i due adulti.
- Coraggio, cominciate pure! Sapete usare le posate, no? Siete abbastanza
grandi per aver imparato a mangiare da soli... - osserv� l�uomo.
Davanti alla loro immobilit� Diane corrug� la fronte. - Io... non ne sarei cos�
sicura... - mormor�, prima di lasciare il proprio posto e andare vicino alla
bambina. - Guarda, tesoro, si fa in questo modo... - Ruot� la forchetta
raccogliendo alcuni spaghetti e l�accost� alla sua bocca. - Dai, apri... -
La piccola fiss� la posata con curiosit�, ricordando la volta in cui un�altra
persona, in un altro posto, aveva fatto la stessa cosa. Allora parve capire e,
obbediente, apr� la bocca. Dopo una brevissima incertezza cominci� a masticare.
Era strano, come strano era il sapore, ma alla fine riusc� ad inghiottire il
boccone e fece un impercettibile respiro di sollievo.
Solo in quel momento Diane si accorse della mano di Max delicatamente stretta
su quella della bambina, quasi a volersi assicurare che stesse bene. �Oh,
tesoro... sei preoccupato per lei?...� Si costrinse a concentrarsi su Isabel.
Prese un altro po� di spaghetti, mise la forchetta fra le dita della bimba e le
guid� il polso fino ad avvicinare la pasta alle sue labbra. - Cos�, brava, hai
visto com�� facile? -
Sconvolto, Phillip osserv� la moglie spostarsi verso Max e mostrargli l�uso
corretto della posata. - Non � possibile! Non sanno... non sanno come si fa!
Non stanno facendo i capricci, non hanno davvero idea di come si tenga la
forchetta! - esclam� a bassa voce, non volendo impaurirli.
- Gi�. Sembra impossibile, ma � cos�... - fu l�altrettanto sommessa risposta di
lei.
La cena and� avanti per un tempo infinito. I due bambini mangiarono solo la
met� di quello che venne loro messo davanti, ma dopo il lungo digiuno
autoinflitto era comunque un enorme passo avanti.
Per questo, quando infine si alzarono, fuori era ormai calato il crepuscolo, e
Diane si sentiva sfinita. Emotivamente e fisicamente. Tuttavia era decisa a
vincere la sfida rappresentata da quei piccoli, e con risolutezza si diresse
verso il bagno.
Nel momento stesso in cui apr� il rubinetto e dal diffusore della doccia venne
gi� lo scroscio d�acqua i bimbi si divincolarono e corsero nell�angolo pi�
lontano, gli occhi sbarrati per l�angoscia.
- Ehi, avanti! � soltanto acqua! E calda, per di pi�! E� piacevole e molto
rilassante, posso assicurarvelo! -
Davanti alla loro ostinazione Diane sospir�. - Phillip, ti spiace uscire? Credo
che dovr� spogliarmi e lavarmi anch�io. Forse cos� capiranno che non voglio
fargli del male... -
- Diane, forse... -
- No! - La donna lo interruppe subito, intuendo cosa stesse per dire. Non
avevano sbagliato a prendere in casa quei due angioletti... Semplicemente,
avevano bisogno di imparare a conoscersi, a fidarsi, e questo richiedeva tempo.
E loro avevano tutto il tempo del mondo!
Rimasti soli, Diane si tolse la camicetta e la gonna a fiori che aveva
indossato nel pomeriggio, poi si curv� a sfilare le camicie ormai sudicie dei
bambini e con gentilezza li prese per mano dirigendosi verso la doccia. Intanto
continuava a parlare dolcemente, spiegando quello che avrebbero fatto, cercando
di convincerli che non c�era nulla da temere.
Vedendo che l�acqua stava per colpire la sorellina il bambino si slanci� verso
di lei spingendola indietro tuttavia, in quel modo, fin� lui stesso sotto il
getto tiepido.
Sui visetti di entrambi apparve un�identica espressione di terrore ma poi il
bimbo alz� un poco la mano voltandola col palmo verso l�alto e guard� le gocce
rimbalzare sulla pelle. Era... diverso... Non era la stessa sostanza che li
aveva protetti e nutriti prima dell�uscita dai bozzoli... Forse... forse non
gli avrebbe fatto del male... L�istinto lo avvertiva che tornare nel liquido
dei bozzoli sarebbe stato pericoloso, ma quello... aveva una consistenza
differente... Sforzandosi di non tremare fece un passo avanti e sent� l�acqua
cadergli sulla testa, scivolare lungo le guance e il naso, toccargli le labbra,
mentre l�aria continuava ad entrargli nei polmoni. Prov� un senso di sollievo
cos� forte che quasi svenne. Lentamente si gir� a guardare la sorella e, dopo
alcuni secondi, tese la mano libera verso di lei attirandola un poco alla volta
accanto a s�.
Rassicurata, la bambina gli si avvicin� e Diane, decisa a non porsi domande,
prese un flacone e si vers� addosso un po� di latte da bagno mostrando loro la
soffice schiuma bianca che si andava formando dopodich� cominci� a strofinarli
lievemente con le mani.
Quando furono tutti e tre ben puliti la donna chiuse il rubinetto e prese dei
morbidi teli colorati con cui li asciug� facendo attenzione a non compiere
movimenti bruschi. Sentiva, infatti, che i bambini continuavano a stare sul chi
vive e non voleva distruggere quel poco di fiducia che aveva cominciato a
conquistarsi.
Una volta fatti indossare i bei pigiamini che aveva comprato proprio quella
mattina, Diane accompagn� i bimbi in salotto e li mostr� fiera al marito. -
Guardali! Non sono due tesori? -
L�uomo, seduto sul divano intento a sorseggiare del caff�, pos� la tazza sul
tavolino e tese le braccia verso di loro. - S�, siete davvero splendidi! Tutti
e tre! -
Diane si avvicin� ancora di pi� e rise felice mentre il marito li stringeva in
un unico grande abbraccio.
La mattina successiva la donna and� a chiamare i bambini e sent� gli occhi
inumidirlesi nel trovarli distesi uno accanto all�altro nello stesso letto.
Stavano ancora dormendo, abbracciati, quasi a volersi proteggere
vicendevolmente. Da cosa, forse non l�avrebbe mai saputo. Prov� una grande
tenerezza e non riusc� a trattenersi dal chinarsi su di loro e baciargli la
fronte. - Buon giorno... - disse piano.
Max fu il primo a svegliarsi e, come per un riflesso condizionato, si avvicin�
ancora di pi� alla sorellina, che sbatt� assonnata le palpebre.
- Ciao, che ne dite di alzarvi e venire a fare colazione? -
Un po� disorientata davanti allo sguardo inespressivo del bambino, Diane si
sedette sul bordo del materasso. - Mi viene il dubbio che non capiate quello
che dico... - mormor�. Chinandosi un poco verso di loro gli scost� i capelli
dal volto, su cui poteva ancora vedere tracce di lacrime. - Oh, piccoli miei,
come posso farvi capire che vi voglio bene? Che Phillip ed io vi proteggeremo
sempre e non dovrete pi� avere paura? Io non so cosa vi � successo, come mai
siete stati abbandonati nel deserto, ma adesso potete stare tranquilli... Avete
una nuova casa, una nuova famiglia... Noi non vi lasceremo soli... - Prese le
loro piccole mani nelle proprie e le strinse con affetto. - Forse un giorno lo
sceriffo riuscir� a trovare i vostri parenti, ma fino ad allora io mi prender�
cura di voi, ve lo prometto! - Pieg� il capo a baciare quelle dita sottili e
fredde, poi se li attir� al petto abbracciandoli teneramente, e si sent� morire
quando, dopo una breve incertezza, venne circondata da quattro braccine. �Dio
del cielo, ti ringrazio per avermi dato questi tesori...� Li cull� a lungo,
cercando di trasmettergli amore e sicurezza, finch� credette di udire un
leggero borbott�o proveniente dal pancino di Isabel. Allora sorrise e si tir�
indietro per guardarli in viso. Su, coraggio, vi ho preparato le frittelle e
sono sicura che vi piaceranno! -
Si alz� dal letto e tese le mani verso i due bimbi, che automaticamente le
presero e la seguirono in cucina.
Sul tavolo troneggiavano una brocca di succo d�arancia, una di latte freddo,
due scatole di differenti tipi di cereali, un piatto con una pila di frittelle
ancora calde, un barattolo di marmellata e uno di miele, burro e sciroppo
d�acero. - Se lo preferite, posso tostarvi un po� di pane... - disse Diane,
aspettando paziente un qualche segno di reazione che, come al solito, non
venne.
Lentamente, consultandosi di continuo con lo sguardo, Isabel e Max si sedettero
e rimasero in silenzio a guardare la loro nuova mamma.
�Cosa dobbiamo fare?� sembravano chiedere i loro occhioni scuri, e con un
sospiro la donna vers� nei bicchieri il latte e il succo d�arancia. - Ecco,
assaggiate entrambi e ditemi cosa preferite. Intanto spalmer� ogni frittella in
maniera diversa, cos� potrete provare un po� di tutto... Ah, dimenticavo
questi! - Prese le scatole di cereali e ne tir� fuori una piccola manciata di
sfogliette croccanti. - Assaggiateli, e se vi piacciono metteteli in queste
ciotole e aggiungetevi il latte, cos�. - Con un cucchiaio mangi� i fiocchi
d�avena, poi sospinse le due scatole vicino a loro. - Avanti, iniziate pure!...
-
Max ed Isabel, esitanti ma incuriositi, studiarono attentamente ogni cosa
dopodich� si portarono alla bocca minuscole quantit� di tutto quel che Diane
aveva indicato. Mangiarono anche le frittelle, sia pure con una certa
riluttanza, e la donna fece una smorfia. - Non vi sono piaciute... Allora,
domani vi far� provare le uova al bacon: forse preferite fare colazione con il
salato... - Con un sospiro si mise a rigovernare la cucina mentre i due bambini
esploravano la casa. Quando ebbe terminato li port� in bagno e li aiut� a fare
la doccia e a lavarsi i denti dopodich� li condusse dapprima nella stanza di
Isabel e poi in quella di Max per vestirli, e infine mostr� loro i giocattoli
che lei e Phillip avevano scelto in uno dei migliori negozi di tutta la citt�.
- Adesso dovete avere qualche minuto di pazienza perch� devo lavarmi e vestirmi
anch�io, e dopo andremo al parco. Purtroppo Phillip � dovuto uscire di casa
molto presto, stamattina, e non ha voluto svegliarvi per salutarvi, ma ha
promesso di rientrare per pranzo cos� potremo stare tutti insieme... - Si era
inginocchiata davanti a loro per poterli guardare negli occhi e aveva parlato
lentamente per dargli modo di assimilare quello che diceva, o almeno lo
sperava, ma non era certa che avessero compreso le sue parole. - E� difficile,
pi� di quanto avessi immaginato, ma... ce la faremo, vedrete! - Li strinse in
un rapido abbraccio e li baci� sulle guance prima di uscire dalla stanza,
lasciando dietro di s� la porta aperta perch� capissero che non li stava
abbandonando.
La passeggiata fu una rivelazione, per Diane Evans. Max ed Isabel tenevano
obbedienti la mano in quelle grandi e calde della donna, come ad accettare la
sua guida, mentre si guardavano attorno quasi intimoriti eppure, allo stesso
tempo, assorbendo ogni particolare, controllando tutto quello che vedevano. La
normale curiosit� di un bambino, ma moltiplicata per mille! Era pi� una...
fame. Fame di scoprire, di imparare. Nulla sembrava sfuggire ai loro occhi
attenti e fu certa che, se solo ne fossero stati in grado, l�avrebbero
subissata di domande. Al parco c�erano altre mamme coi loro bimbi, alcuni poco
pi� che neonati, e Diane rimase sorpresa per il senso di soddisfazione che
prov� nel trovarsi l�, per la prima volta, insieme a due piccole creature che,
dentro di s�, considerava gi� suoi figli. Li port� all�angolo dei giochi, dove
c�erano due scivoli e diverse altalene, e si divert� ad osservarli mentre
l�espressione seria spariva dai loro visetti per essere sostituita da una cauta
animazione. Li guard� aggirarsi fra le strutture di sostegno fino a quando, un
po� trepidanti, imitarono gli altri bambini e si arrampicarono sulle scale per
poi scivolare lungo l�ampia fascia di metallo dai bordi rialzati.
Sembrava proprio che non avessero mai giocato in quel modo, prima di allora, ma
scroll� le spalle e si rifiut� di soffermarsi a riflettere su quell�ennesimo
mistero. Max ed Isabel erano con lei, adesso, e avrebbero avuto la loro
infanzia. Almeno finch� la direttrice dell�orfanotrofio l�avesse chiamata per
comunicarle che erano stati rintracciati i parenti. Ma non voleva pensare a
quel momento. Non poteva immaginare che qualcuno le portasse via i suoi
bambini...
Circa un�ora pi� tardi li chiam� ad alta voce e sorrise nel vederli arrivare
correndo. Li prese di nuovo per mano ed insieme si diressero verso il centro
commerciale. Doveva fare un po� di spesa prima di tornare a casa, poi avrebbe
preparato qualcosa di speciale per pranzo. Magari anche una bella crostata di
more, che era il dolce preferito di Phillip...
Max ed Isabel rimasero in cucina a guardare Diane affaccendarsi tra i fornelli.
Il loro interesse sembrava inesauribile, con gran divertimento della donna, che
pi� di una volta gli fece assaggiare gli ingredienti che andava man mano
usando. Vide lo stupore dipingersi sui loro visi quando leccarono prima il sale
e poi lo zucchero, e un evidente piacere quando fu la volta del pepe. - Ehi,
adesso basta! - esclam� riprendendo il barattolino e mettendolo a posto. - Si
usa per insaporire le pietanze, non per mangiarlo cos�, da solo... -
Quando Phillip arriv� i bambini stavano in piedi accanto a Diane e lo
guardarono con curiosit�. L�uomo pos� la cartella a terra e si pieg� tendendo
le braccia verso di loro. - Su, venite qui a salutarmi, giovanotti! Sorrideva
intenerito, e i due fratelli si avvicinarono lasciandosi abbracciare. Era
piacevole sentire sotto la guancia quel delicato tepore, il sordo battito
rassicurante nella sua regolarit�, e il maschietto mosse piano il viso contro
il tessuto della camicia.
- Oh, Max... - Phillip baci� i capelli scuri del bimbo, che emise un piccolo
sospiro. �Max...� Sapeva che quella parola stava ad indicare se stesso. L�aveva
gi� sentita pronunciare, ma solo in quel momento ebbe la piena consapevolezza
della sua entit� come Max. Sbirci� la sorella, anche lei accoccolata contro
l�ampio torace dell�uomo. �Isabel� Per un attimo il dolore gli serr� il petto.
Poteva percepire l�assenza di qualcosa. Tutto ci� era... sbagliato... Quel
posto, quelle persone... Sbagliato... Ma come? Perch�? E lui... che fine aveva
fatto? Lo avrebbero ritrovato? Lasci� che Phillip si raddrizzasse e,
prendendoli per mano, li conducesse in bagno. - Scommetto che la mamma ha
preparato uno squisito pranzetto, vero? Adesso ci laviamo le mani cos� potremo
andare a tavola!... -
Poco prima di lasciare l�ufficio Phillip aveva telefonato allo sceriffo, che
gli aveva confermato la totale assenza di indizi per quello che riguardava
l�incidente che doveva aver coinvolto la famigliola. Certo, l�uomo era molto
anziano e stava per andare in pensione, tuttavia aveva sempre svolto il suo
lavoro con grande cura e lui non aveva alcun motivo per dubitare delle sue
capacit�. Era molto triste, ma quello non sarebbe stato certo il primo caso in
cui un intero nucleo familiare scompariva nel nulla... Gli Steamboldt avevano
fatto del loro meglio per delimitare l�area delle ricerche, eppure gli agenti
non erano riusciti a trovare niente. E di sicuro n� Max n� Isabel sarebbero
stati in grado di aiutarli. Sembravano tranquilli, sereni, eppure non parlavano
e pareva avessero dimenticato tutto il loro passato. Quella notte sia lui che
Diane li avevano sentiti piangere. Un pianto quieto, non convulso, che li aveva
colmati di tristezza. Quei bambini dovevano aver sofferto le pene dell�inferno,
ne era certo, ma lentamente, con le incredibili risorse tipiche della loro et�,
ne sarebbero venuti fuori. E loro li avrebbero aiutati.
Entrambi i coniugi rimasero gradevolmente stupiti nel notare la compostezza con
cui Max ed Isabel stavano a tavola. A quanto pareva ricordavano alla perfezione
quel che gli era stato insegnato in precedenza, anche se sembrava non
trovassero il cibo troppo appetitoso.
Poi Diane sembr� rammentare qualcosa e si alz� per prendere il sale e il pepe,
sorridendo soddisfatta nel vedere Max tendere la manina verso di lei. - Tieni,
ma non esagerare, capito? - disse.
Phillip sgran� gli occhi nel notare la quantit� di pepe che il bambino sparse
sulla zuppa di verdure ma non fiat�, in attesa di vedere cosa sarebbe successo.
Anche Isabel guard� attenta il fratello, e quando lui riprese a mangiare con
gusto si affrett� ad imitarlo.
- Non gli far� male tutto quel pepe? - bisbigli� l�uomo alla moglie, che si
strinse nelle spalle. In effetti il contenuto della pepiera era diminuito di
quasi la met�, ma dato che i piatti erano stati letteralmente ripuliti la donna
prefer� lasciar perdere.
- Senti, visto che gli piace il piccante, che ne dici di fargli provare il
tabasco? E� di sicuro meno dannoso del pepe... -
La donna corrug� la fronte. - Beh, forse quello � un po� troppo forte... ma...
perch� no? -
Poco dopo torn� con in mano una bottiglietta di vetro. Quando vide Isabel fare
il gesto di mettere il pepe sui piselli la ferm� toccandole il polso. -
Aspetta, dimmi cosa ne pensi di questo... - e vers� una goccia di liquido rosso
nel piatto.
Incerta, la bimba prese una cucchiaiata di piselli e se la port� alla bocca,
sotto lo sguardo ansioso di Diane. Il visetto di Isabel s�illumin� di piacere,
e con un sorriso estatico mise un po� di tabasco nel piatto di Max.
- Non riesco a crederci... - Phillip rimase a guardare i due piccoli aggiungere
la salsa piccante a tutto ci� che venne dato loro da mangiare, dolce compreso.
- L�importante � che si nutrano. Per quel che mi riguarda, possono metterlo
anche nel latte, purch� perdano quell�aspetto emaciato il pi� in fretta
possibile!... -
Quando ebbero finito di pranzare Phillip and� a baciare le testoline dei bimbi
e poi strinse Diane in un rapido abbraccio. - Cercher� di non far tardi,
stasera. Mi piacerebbe giocare un po� con questi due angioletti... Cosa farete,
oggi pomeriggio? -
- Mah, non so... Magari un salto in libreria. Vorrei cercare un abbecedario e
provare ad insegnargli a leggere. Secondo il dottore del centro di accoglienza
dovrebbero avere fra i cinque e i sei anni, e quindi... chiss�, in autunno
potrebbero andare a scuola... -
- Vacci piano, tesoro. Sembrano molto svegli ma non dimenticare che sono
solamente dei bambini che hanno sub�to una terribile esperienza, e non devono
essere forzati. Neanche per mangiare. Lasciali andare avanti un poco alla
volta, secondo il loro ritmo... -
- Certo, stai tranquillo. Cercher� di fare del mio meglio - Diane gli sorrise
con aria biricchina, ma si vedeva che moriva dalla voglia di prendere quei
cuccioli e stringerli in un abbraccio senza fine. Sorrise a sua volta poi,
scuotendo la testa, prese la cartella e se ne and�.
Rimasta sola, la donna accompagn� i bambini in bagno perch� si lavassero i
denti poi and� a mettere in ordine la cucina canticchiando allegramente.
Quando ebbero finito Max ed Isabel, vedendola ancora affaccendata, si
avvicinarono alla porta sul retro ed uscirono nel giardinetto. Scrutarono in
ogni dove a lungo, senza bisogno di parlare fra di loro, cercando la stessa
cosa. La stessa persona. Ma non riuscirono a percepire nulla, e una profonda
mestizia si dipinse sui loro volti.
Rientrarono soltanto al richiamo di Diane, che li stava cercando preoccupata
per tutta la casa, e si lasciarono abbracciare senza comprendere il motivo del
suo evidente sollievo.
Come programmato, pi� tardi si recarono in una libreria specializzata per
l�infanzia e insieme cominciarono a curiosare fra gli scaffali fin quando la
donna trov� quel che cercava. - Ecco, bambini, che ne dite di questo? - Mise
nelle loro manine il libro poi riprese a frugare tra la miriade di testi finch�
ne vide un paio che sembravano fare al caso suo. Torn� a guardare i bimbi. -
Allora? Vi piace? Lo prendiamo, d�accordo? - And� alla cassa per pagare,
dopodich� li condusse in un bar poco distante. - Qui fanno dei frapp� davvero
squisiti! -
Max ed Isabel entrarono con lei e sedettero ad uno dei tanti tavoli sparsi
nell�ampio locale, affollato da gente in cerca di refrigerio dal caldo
soffocante di quella giornata.
Una ragazza con un corto abito verde acqua ed un buffo grembiulino argentato
and� subito da loro per prendere le ordinazioni.
Gli occhi nocciola di Max seguirono affascinati il dondol�o delle palline alle
estremit� di due sottili bastoncini che sporgevano dalla testa della ragazza.
- Ciao, piccolo, ti piacciono le mie antenne, eh? - disse Marjorie chinandosi
verso di lui e facendo, in tal modo, muovere ancora di pi� le piccole sfere
attaccate al cerchietto che portava tra i folti capelli ricci. Cosa vuoi
prendere? Abbiamo frapp�, gelati, torte... Ecco, questo � il menu... - Porse un
foglio plastificato a Diane, che scorse rapidamente i fantasiosi nomi
dell�elenco prima di optare per un frapp� alla cioccolata, un gelato alla crema
e una fetta di torta ai mirtilli. Sperava, cos�, di riuscire ad offrire ai due
fratellini qualcosa di loro gradimento. Voleva tanto farli felici, vederli
sorridere, sentirli scherzare come ogni altro bambino. - Ah, le spiace portare
anche una bottiglia di tabasco, se � possibile? -
La ragazza sollev� le sopracciglia con fare interrogativo ma si limit� a
segnare qualcosa sul suo blocchetto e ad allontanarsi per passare l�ordine al
banco.
Quando furono serviti Diane invit� i bambini ad assaggiare i vari tipi di dolce
che aveva scelto aggiungendo lei stessa una goccia di tabasco sui cucchiaini.
Sorrise soddisfatta quando, dopo una brevissima incertezza, ognuno di loro
avvicin� a s� il cibo preferito e si accinse a gustare la torta ai mirtilli
lasciata al centro del tavolo.
Una volta a casa si mise a sedere coi piccoli sul divano e inizi� a sfogliare
uno dei libri appena acquistati. Dunque, qui c�� una figura per ciascuna
lettera dell�alfabeto. In questo modo potete imparare non solo la pronuncia e
la grafia, ma anche il nome delle cose disegnate. Vogliamo provare? -
Max ed Isabel guardarono incerti da lei alle pagine illustrate poi, quando
Diane cominci� a sillabare indicando contemporaneamente le singole figure,
sembrarono comprendere e si concentrarono al massimo per memorizzare tutto.
La donna fu molto compiaciuta quando sent� le loro limpide vocette ripetere
ogni cosa senza mai sbagliare. - Bravi! Siete davvero bravi! - Li baci�
entrambi sulla fronte prima di chiudere il libro. - Andate pure a giocare,
adesso, mentre io preparo il pranzo... -
Verso le cinque Phillip Evans torn� a casa e rimase piacevolmente sorpreso nel
vedere Isabel che, alzata di scatto la testolina nel sentire la sua voce, scese
dal divano e corse verso di lui. La sollev� in aria ridendo. Ehi, come sta la
mia piccola principessa? - Se la strinse al petto sentendosi commuovere fino
alle lacrime quando lei ricambi� il suo bacio, poi, mentre la metteva gi�, si
accorse del bimbo fermo davanti a lui. Max, tesoro, tutto bene? - mormor�
piegando un ginocchio a terra per poterlo guardare meglio.
Isabel era rimasta con un braccino intorno al suo collo e la testa poggiata
contro il forte torace, lo sguardo implorante fisso sul fratello.
Max si sentiva come paralizzato. Vedeva sua sorella stringersi fiduciosa a
quell�uomo, e questo lo faceva sentire tremendamente solo. Avrebbe voluto avere
la sua stessa certezza che l� sarebbero stati al sicuro ma non poteva impedirsi
di pensare che quello non era il posto giusto, non era la loro vera casa.
Tuttavia non sapeva dove cercare, dove andare, e questo lo faceva star male.
Per� lei... lei sembrava pregarlo di accettare tutto quello che li circondava,
eppure era consapevole del fatto che lo avrebbe seguito sempre e ovunque,
qualsiasi cosa avesse deciso di fare. Solo che... non sapeva cosa fare. Guard�
gli occhi lucidi dell�uomo accovacciato davanti a lui, poi sollev� il capo e
incontr� quelli di Diane, colmi di timida speranza, torn� a fissare Phillip. E
con un sospiro di rassegnazione mista a sollievo per aver fatto infine la sua
scelta fece un passo in avanti e lo abbracci� forte.
Tuttavia quella notte la donna lo sent� singhiozzare a lungo, desolatamente, e
rimase per un bel pezzo sveglia in attesa che quei gemiti sommessi cessassero e
Max potesse infine riposare tranquillo.
L�indomani era sabato e i coniugi Evans trascorsero l�intera giornata giocando
coi due bambini, che avevano portato fuori per un picnic. Erano andati verso il
fiume Hondo, in un punto molto suggestivo dove c�erano tavolini e panche di
legno e tutto quello che serviva per fare il barbecue.
Max ed Isabel sembrarono gradire molto l�esperienza, con grande gioia di Diane,
ciononostante, o forse proprio a causa di quello, si addormentarono piangendo.
Per ci� che avevano perduto, per un fratello con cui non potevano condividere
quel che avevano trovato.
La mattina successiva la donna entr� cautamente nella stanza dove dormivano e
trov� Max rannicchiato in posizione fetale, il visetto bagnato di lacrime.
Isabel, che stava seduta con le ginocchia strette al petto e gli occhi fissi
sul fratellino, si volse a guardarla con una muta richiesta di aiuto nei begli
occhioni scuri.
Sentendosi quasi male davanti all�evidente sofferenza del bimbo Diane fece il
giro del letto e si sistem� accanto a lui prendendolo fra le proprie braccia
per cullarlo finch� si fosse calmato. �Tesoro, vorrei poter cancellare tutto il
tuo dolore...� pens� tristemente. Rimase a lungo in quella posizione, finch�
Isabel si spost� andando a rannicchiarsi contro il suo fianco. Allora emise un
sospiro e tese un braccio per stringere a s� la bambina. Vorrei poter fare di
pi�, per voi... - mormor� sconsolata.
La piccola premette il visetto contro di lei. Le faceva male vedere il fratello
cos� triste, sapendo che quello che desiderava era irraggiungibile. Avevano
trovato un posto dove stare, delle persone che li avrebbero protetti. Per il
momento non erano in grado di fare altro che aspettare. Ma lui sembrava
incapace di accettarlo e continuava a lottare contro se stesso. Voleva con
tutte le sue forze rimanere l�, con Diane e Phillip, e voleva che... Max...
capisse che era la cosa migliore per loro. Timidamente, paventando di venire
respinta, tese una manina e la poggi� sulla sua gamba. Cerc� di trasmettergli
l�affetto e la preoccupazione che provava per lui, e dopo un tempo
interminabile il bimbo tir� su col naso e la guard� negli occhi. Sorridendo
trepidante Isabel sent� la tensione abbandonarlo e annu�.
Nel pomeriggio, mentre Phillip insegnava ai bambini a lanciare la palla nel
canestro recentemente attaccato alla parete del garage, Diane usc� per fare
degli acquisti. Quando venne l�ora di andare a dormire aiut� come sempre i
piccoli a prepararsi per la notte poi, dopo aver consegnato ad Isabel un
bellissimo orsetto di peluche, si avvicin� a Max e gli porse una casa
giocattolo. - Questa � una casa magica - spieg� sottovoce, come se stesse
svelando un segreto molto importante. - Se la terrai stretta a te, quando
dormi, lei ti porter� nella tua vera casa... -
Il bimbo la fiss� come trasognato poi prese il giocattolo e, dopo averlo
osservato con cura, se lo premette al cuore e chiuse gli occhi sospirando
piano.
Accecata da un velo di lacrime, la donna lo baci� sulla fronte e si ritir�
senza far rumore.
Nei giorni che seguirono Diane si scopr� spesso a studiare ogni minima
sfumatura dell�espressione di quei giovani volti, ma alla fine si
tranquillizz�. Entrambi sembravano adattarsi sempre di pi� alla loro nuova
famiglia, anche se ogni tanto Max aveva la tendenza a ritirarsi in un mondo
tutto suo.
E ascoltavano sempre con grande attenzione, apprendendo con estrema rapidit�
ogni cosa che veniva loro spiegata, al punto che la donna si ritrov� ad
affrontare di nuovo col marito il discorso della scuola. - Sono cos� svegli...
Sono sicura che per settembre saranno in grado di seguire i corsi... -
L�uomo non pot� che convenire con lei. In effetti sia Max che Isabel sembravano
dotati di un�intelligenza non comune e certamente non avrebbero incontrato
difficolt� nel frequentare la scuola.
- Allora? Che ne pensi? - Diane era certa che stare coi loro coetanei avrebbe
fatto un gran bene ai due bambini. Avevano bisogno di condurre una vita il pi�
normale possibile, e lei sperava di essere in grado di offrirgliela. Almeno,
finch� qualcuno non fosse venuto a portarglieli via. Per�... forse, anche in
quel caso, Phillip sarebbe riuscito a convincere il giudice a lasciarli
affidati a loro per non sottoporli al trauma di un nuovo cambiamento. In fin
dei conti se ci fossero stati dei parenti, questi avrebbero dovuto essersi gi�
fatti sentire, no? Dovevano sapere dove fossero diretti i genitori di quei due
angioletti, e avrebbero potuto rivolgersi agli sceriffi di tutte le citt� della
zona... Quindi... quindi c�era la possibilit� che Max ed Isabel... No, non
osava neppure pensarlo, nel timore che cos� facendo si verificasse l�esatto
contrario! Ma poi si diede una decisa scrollata mentale. E invece s�, voleva
farlo! Max ed Isabel sarebbero potuti rimanere per sempre con lei! Avrebbe
potuto adottarli definitivamente! Guard� il marito sorridendo. Sono certa che
gli piacer�. La loro curiosit� sembra insaziabile, e a scuola potranno imparare
un mucchio di cose... -
- S�, probabilmente hai ragione. Il guaio � che non parlano ancora - obiett�
lui un po� preoccupato.
La donna si sollev� sul gomito. - Beh, ripetono quello che gli insegno a
leggere, e qualcosa mi dice che non dovremo aspettare molto perch� comincino a
parlare normalmente... - Si volse di lato per spegnere l�abat-jour.
- Cio�? - chiese lui sconcertato.
- Hanno continuato a leggere da soli, dopo che li ho lasciati per preparare la
cena. Scommetto che gi� da domani cominceranno a fare domande! - Rise piano
poi, con un sospiro, si strinse al marito e inizi� a tentarlo con piccoli baci
maliziosi.
Phillip Evans emise un borbott�o fintamente seccato mentre la sospingeva
all�indietro e rotolava su di lei schiacciandola col proprio peso. - Tipo...
come nascono i bambini? - mormor� prima di baciarla.
L�indomani mattina, quando and� a svegliarli, Diane trov� Isabel seduta sul
materasso intenta a stropicciarsi con forza gli occhi gonfi di sonno.
- Ciao, tesoro, buon giorno! - la salut� allegra.
- Ciao, mamma -
Il cuore della donna ebbe un sobbalzo. - Oddio, Isabel! - Corse ad abbracciarla
stringendola con forza, ancora nelle orecchie il suono argentino di quella voce
infantile. - Isabel... piccola mia... - Non riusc� a trattenere le lacrime. -
Oh, tesoro, sono cos� felice... - La cull� a lungo contro di s�, poi vide Max
aprire a sua volta gli occhi e gli sorrise dolcemente. - Ciao, amore. - disse
piano.
Lui la guard� un po� insonnolito. - Ciao... - bisbigli� prima di scendere dal
letto e avvicinarlesi tendendo le braccia verso di lei.
Tremando per l�emozione Diane gli pass� un braccio intorno alla schiena e lo
premette contro di s� baciandolo sulla testolina. - Vi voglio tanto bene... -
Li tenne cos� ancora per qualche minuto poi si alz� invitandoli a fare
altrettanto. - Vado a prepararvi la colazione. Sbrigatevi, mi raccomando... -
Li baci� di nuovo, questa volta sulla fronte. Santo cielo, non riusciva a fare
a meno di riempirli di baci! Erano cos� piccoli, cos� vulnerabili...
Mancavano ancora tre settimane all�inizio della scuola, e durante quel periodo
gli Evans videro letteralmente sbocciare i due bambini. Pur mantenendo un certo
riserbo, infatti, Max ed Isabel si affidarono in modo quasi commovente alla
loro guida imparando a muoversi con sempre maggiore sicurezza sia in casa che
fuori, mentre il loro vocabolario diventava ogni giorno pi� ricco.
Diane sapeva che Max era meno espansivo della sorella, ma quando le capitava di
vederlo immobile vicino alla finestra, assorto in chiss� quali pensieri,
un�espressione un poco triste sul bel visetto illuminato da due splendidi occhi
nocciola che sfumavano nell�ambra con tante pagliuzze verdi da rendere
impossibile, alla luce del giorno, stabilire l�esatto colore delle iridi, aveva
l�impressione che serbasse un segreto, dentro di s�, che lo rodeva, nonostante
gli sforzi per nasconderlo. In quelle occasioni Isabel, immancabilmente,
lasciava perdere qualsiasi cosa stesse facendo e andava da lui, lo prendeva per
mano e restava in silenzio ad aspettare che gli passasse. Era incredibile
vedere quanto fossero legati, quanto tenessero ciascuno al benessere
dell�altro. Nessuno, tra i figli dei loro conoscenti, era cos� unito... Decise
che, prima dell�inizio della scuola, avrebbe organizzato una piccola festa e
avrebbe invitato un po� di gente. Avevano tutti bisogno di rilassarsi, e stare
con gli amici era la giusta cura!
Stranamente, quei giorni sembrarono dilatarsi all�infinito per i coniugi Evans,
che insieme ai due fratellini scoprirono un mondo nuovo. Fatto di domande a
volte ingenue e a volte fin troppo acute, di fiabe, di giochi, di film alla
televisione guardati stando abbracciati tutti insieme. E, ogni tanto, c�erano i
silenzi. Lunghi, tristi, opprimenti silenzi davanti ai quali Diane e Phillip si
trovavano disarmati. Pi� volte avevano provato ad infrangerli senza per�
riuscire ad ottenere nulla, e alla fine avevano deciso di lasciare in pace i
bambini, intuendo che quella doveva essere la maniera con cui cercavano di
venire a patti con la nuova realt� in cui si erano ritrovati. Tuttavia Max
continuava a preoccuparli. Era cos� sensibile, cos� serio... Temevano che, per
lui, affrontare la vita sarebbe stato pi� difficile rispetto ad Isabel, al
contrario aperta e socievole.
Poi un giorno, ritenendo giunto il momento, Diane prepar� tutto il necessario
per la festicciola che aveva in mente e accolse gli amici con un sorriso felice
sul volto. Erano colleghi di Phillip, vecchi compagni di universit� con i quali
erano rimasti in contatto pur vivendo in citt� diverse, e i cui figli avevano
et� variabili dai cinque ai dodici anni. Quattro coppie e sette bambini, pi�
Max ed Isabel. Naturalmente ben presto si scaten� un piccolo inferno n� ci si
poteva aspettare altro da quell�orda di scalmanati, e lei si scopr� a seguire
con occhi ansiosi i suoi figli adottivi. Stavano giocando con gli altri?
Correvano, ridevano con loro? Si divertivano?
- Sono due splendidi bambini, Diane! Davvero! Era ora che tu e Phillip vi
decideste! -
- S�, lo credo anch�io, Lindsey. Oh, tu non hai idea... non puoi sapere quanto
siano teneri... -
La donna sorrise divertita davanti all�espressione dell�amica. - Parli come
tutte le mamme del mondo, per ognuna delle quali il proprio figlio � l�essere
pi� perfetto che esista sulla terra! Comunque non posso biasimarti: sembrano
veramente bravi... Sebastian non si � ancora azzuffato con loro, e questo vuol
dire che devono essere molto intelligenti per non cedere alle sue provocazioni!
-
- Hai ragione, dovresti insegnare un po� di educazione a quel ragazzaccio! -
esclam� il marito, che aveva sentito il suo commento mentre stava sorseggiando
una birra ghiacciata provvidenzialmente offerta da Phillip.
- Guarda che sei tu che gliele dai tutte vinte! - lo rimbecc� lei mentre Diane
faceva uno sforzo per non mettersi a ridere. Tutti sapevano che Rudy viziava
terribilmente il figlio.
Il pomeriggio trascorse in maniera piacevole ed era quasi il crepuscolo quando
i coniugi Evans salutarono i loro amici.
Quando fu di nuovo tutto calmo e silenzioso Isabel si avvicin� alla donna, che
la prese in braccio ridendo. - Mia piccola cara, ti sei divertita? Hai visto
com�� bello giocare con altri bambini? -
La bimba reclin� la testa sulla sua spalla, non del tutto convinta.
Max le segu� con lo sguardo mentre rientravano in casa. Aveva lasciato che gli
altri lo coinvolgessero nei loro giochi, ma non si era sentito completamente a
suo agio come invece succedeva quando stava con Phillip e Diane. Poi si sent�
sollevare in aria e un sorriso involontario gli incurv� le labbra.
- Ehi, Max, scommetto che non avevi mai corso cos� tanto prima d�ora! - Phillip
se lo port� al petto e gli diede un bacio sonoro sulla guancia. - Per� hai
mangiato un po� poco. Non hai fame? -
Il piccolo scosse la testa, e l�uomo si fece serio. Si era accorto che Max
tendeva a mangiare di meno quando attraversava i suoi momenti di introversione,
per� quel giorno gli era sembrato che partecipasse volentieri alle varie
attivit� organizzate per i bambini. Forse gli era sfuggito qualcosa? Oppure...
era solo la reazione di un bimbo di sei anni ancora provato dal trauma della
perdita della propria famiglia?, si chiese dandosi dello stupido. Come poteva
pensare che Max e Isabel avessero cancellato dai loro ricordi tutto il passato
soltanto perch� lui e Diane gli avevano offerto una nuova vita? Ci sarebbe
voluto di sicuro molto tempo prima che quei bambini tornassero ad essere
allegri e spensierati! Con un sospiro sistem� meglio contro di s� quel
corpicino magro e tiepido stringendolo con tenerezza e si sent� sciogliere
dentro quando Max gli pass� le braccia intorno al collo. �Oh, tesoro, sapessi
quanto ti voglio bene...� pens� avviandosi verso casa.
Quella notte Max dorm� stringendo fra le mani la casa magica regalatagli da
Diane. Forse pianse anche un poco, ma Isabel, che ora stava da sola nella
propria cameretta, non lo sent� e non and� da lui per consolarlo. Fu solo verso
l�alba che la bambina avvert� la profonda tristezza del fratello e, senza
esitare, scese dal letto e lo raggiunse. Lo trov� in piedi accanto alla
finestra, il visetto premuto contro il vetro.
- Siamo soli... - bisbigli� Max continuando a guardare fuori.
Isabel lo fiss� per un attimo prima di girarsi a sua volta ad osservare il
pezzetto di mondo racchiuso nello spazio della finestra. - Lui � l�, da qualche
parte, e ora ci sono la mamma e il pap�. Non siamo soli. -
- E� diverso - obiett� lui, dopo un lungo silenzio.
- E� quello che abbiamo. -
Max non rispose. Non c�era altro da dire. Era la verit�. Ma almeno loro due
erano insieme, e questa era la cosa pi� importante.
- Eccoci arrivati. Questa � la vostra scuola. Da domani potrete venire col
pullmino, ma oggi volevo accompagnarvi io. Sapete, credo di essere pi�
emozionata di voi! - Diane sorrise e ravvi� una ciocca di capelli ad Isabel. -
Andiamo... - Scese dall�auto e ne fece il giro per aprire lo sportello
posteriore. Aspett� che entrambi i bambini scendessero dopodich� richiuse lo
sportello e li prese per mano.
C�erano diversi genitori, davanti all�ingresso della scuola elementare Del
Norte, che come lei avevano scelto di accompagnare i figli per quel primo
giorno.
Max ed Isabel camminavano tranquilli al suo fianco, guardandosi intorno con
blanda curiosit�, e quando lei si ferm� davanti alla porta della loro aula la
scrutarono con attenzione.
- Fate tutto quello che dice la maestra, e a mezzogiorno e mezza verr� a
riprendervi. E� inutile che vi dica di comportarvi come si deve: siete due veri
angioletti! - La donna si chin� a baciarli e gli sfior� le guance morbide con
una carezza. - Sono sicura che andr� tutto bene... - mormor�, pi� per
rassicurare se stessa che loro.
- Ciao, mamma - la salutarono entrambi, e ancora una volta sentirsi chiamare
cos� le fece inumidire gli occhi. - Ciao, miei piccoli tesori... - rispose,
dando loro un altro bacio. Poi se ne and�, prima che finisse con lo scoppiare
in lacrime come una stupida. Si era cos� abituata ad averli attorno in ogni
momento della giornata che l�idea di non vederli per quattro ore e mezza la
faceva stare male. Forse aveva sbagliato ad iscriverli, forse avrebbe dovuto
seguire il consiglio di Phillip e aspettare ancora qualche mese, se non un
anno... Scosse decisa la testa. No, Max ed Isabel avevano bisogno di quello che
poteva dar loro la scuola, e lei non aveva alcun diritto di negarglielo solo
perch� avrebbe voluto tenerli sempre con s�! Usc� dall�edificio scolastico col
cuore pesante, ma quando pass� davanti al supermercato gli occhi le brillarono.
�Ho trovato! Preparer� un pranzo speciale, e dir� a Phillip di cancellare ogni
appuntamento e venire a mangiare a casa! Oggi dobbiamo festeggiare!�
Quando si trov� davanti alla tavola imbandita Phillip Evans sgran� gli occhi. -
Diane! E come faccio a tornare al lavoro, dopo questo banchetto?!? -
- Ti dar� un thermos di caff�, non preoccuparti! - lo prese in giro la moglie
mentre cominciava a riempire i piatti. - Allora, bambini, raccontateci tutto
quello che avete fatto! -
Come al solito fu Isabel la prima a parlare. Il primo giorno di scuola l�aveva
evidentemente entusiasmata e aveva mille cose da dire. Max, dal canto suo, si
limit� a rispondere a monosillabi alle domande dei genitori ma dallo scintill�o
dei suoi occhi si capiva che anche lui si era trovato bene.
Diane e Phillip si guardarono di sfuggita, comprendendosi al volo. Nonostante i
loro timori, avevano fatto la cosa giusta...
L�indomani, come previsto, i due piccoli presero il pullmino e sedettero quieti
mentre tutto intorno a loro era un�allegra esplosione di chiacchiere e
schiamazzi infantili.
Quando scesero dal veicolo Isabel prese il fratello per mano e s�incammin�
verso il portone della scuola. Max la segu� distrattamente, incuriosito da un
gruppetto di bambine che stava giocando l� vicino. Poi la sua attenzione si
focalizz� su una di loro, e senza rendersene conto si ferm�. Era bellissima.
Aveva lunghi capelli scuri e la fronte coperta da una folta frangia. Sorrideva,
gli occhi abbassati sulle mani impegnate in misteriosi movimenti, ed il suo
viso sembrava scintillare sotto la luce del sole. Per un attimo eterno non
avvert� nulla. N� le voci degli altri bambini, n� la mano di Isabel che lo
tirava. C�era soltanto lei... La sensazione dur� solo pochi secondi perch� la
sorella continu� a trascinarlo e lui non pot� pi� vederla, ma ne era rimasto
cos� colpito che gli bastava ripensare al suo viso per sentirsi meglio.
Nei giorni che seguirono cerc� ansiosamente di vederla di nuovo, purtroppo non
frequentavano le stesse lezioni e cos� dovette accontentarsi degli incontri
fortuiti prima di entrare in classe. Tuttavia aveva scoperto il suo nome,
quando una delle sue amiche l�aveva chiamata da lontano. Liz. Un suono cos�
dolce... Lo ripeteva spesso nella sua mente, e ogni volta rivedeva quel
sorriso. Liz...
Non ebbe mai modo di parlarle, di conoscerla, n� os� rivelare ad Isabel quel
che sentiva quando pensava a lei. Quello era il suo segreto e lo avrebbe
custodito con la massima cura, come un tesoro.
Forse, un giorno si sarebbero ritrovati in classe insieme, e allora avrebbe
potuto sapere qualcosa di lei.
Avrebbe aspettato con pazienza quel momento, sperando che potessero diventare
amici.
Max era in preda ad una grandissima emozione. Non riusciva ancora a crederci!
Quell�anno, in terza elementare, Liz era in classe con lui! Adesso conosceva
anche il suo cognome. Parker. Liz Parker. Non aveva ancora avuto la possibilit�
di scambiare qualche parola con lei, ma solo sentire la sua voce quando era
interrogata gli dava un piacere grandissimo. Aveva notato che preferiva le
materie scientifiche, ma era molto brava in tutto. Era... era semplicemente
perfetta! La sua Liz...
Era incantato da lei, avrebbe voluto trascorrere ore ed ore a guardarla, e allo
stesso tempo si sentiva morire dentro perch� sapeva che non avrebbe mai potuto
esserle amico per via del suo segreto, quello spaventoso segreto che
condivideva con Isabel.
Era successo poche settimane prima dell�inizio della scuola. Lui e Isabel
stavano andando in bicicletta quando lei era caduta procurandosi un profondo
graffio sul polpaccio. Preoccupato, si era inginocchiato al suo fianco e le
aveva toccato la gamba per capire quanto fosse grave il danno. Sotto la sua
mano la ferita si era rimarginata quasi istantaneamente. A quel punto Isabel,
sorridendo fra le lacrime, lo aveva abbracciato ringraziandolo. - Nessuna
bambina ha un fratello come te! -
Il commento, l� per l�, gli aveva fatto solo piacere. Voleva molto bene alla
sorella ed era felice di essere importante per lei. Ma poi, quando si era
ritirato nella propria stanza per la notte, quelle parole gli erano tornate in
mente, e con loro altri ricordi. In preda ad una sorta di ansia febbrile era
andato da Isabel e le aveva raccontato ogni cosa.
Lei lo aveva ascoltato con una certa preoccupazione ed aveva risposto alle sue
domande sforzandosi di essere il pi� precisa possibile, e un poco alla volta
avevano messo insieme tutti i pezzi. Fino ad allora non avevano mai parlato
neppure fra di loro di quanto era successo prima di essere accolti in quella
casa, e col tempo i particolari erano sbiaditi fino a scomparire. Ma le cose
pi� importanti, come l�essere stati trovati a vagare soli nella notte, senza
vestiti addosso e incapaci di spiegare cosa fosse successo, il ricordo del
fratello fuggito da loro, il senso di perdita che li aveva tormentati a lungo,
erano ancora l�. E poi altri dettagli, fatti accaduti quando gi� vivevano coi
loro genitori adottivi, cui fino a quel momento non avevano prestato attenzione
ma che invece, riesaminati con cura, risultarono di fondamentale importanza per
cercare di comprendere la verit�.
Avevano discusso ogni aspetto della faccenda fino all�alba e alla fine avevano
raggiunto la conclusione che c�erano delle cose che solamente loro erano in
grado di fare, che possedevano capacit� che gli altri non avevano. Erano
diversi. Lo erano in un modo che ancora non capivano, ma l�istinto li avvert�
di non farne parola con nessuno, neppure con i genitori, e Max fece giurare
solennemente alla sorella di non rivelare mai quello che avevano scoperto.
Adesso che la scuola era ricominciata, per�, e aveva scoperto che Liz avrebbe
frequentato la sua stessa classe, si sent� crollare sulle spalle la piena
consapevolezza del significato di quel segreto. Loro non erano come le altre
persone, non lo sarebbero mai stati, e avrebbero dovuto stare attenti a non
tradirsi. E Liz... Liz era perduta, per lui. Non avrebbe mai potuto diventare
suo amico. Non avrebbe mai potuto aprirle il proprio cuore. Liz sarebbe rimasta
per sempre il sogno della sua vita. Solamente un sogno...
� � �
Era troppo stanco perfino per provare fastidio al contatto della ruvida
corteccia dell�albero contro cui poggiava con la schiena, le gambe strette al
petto in un patetico tentativo di difendersi dal freddo e dalla fame. In realt�
non aveva un nome da dare al profondo disagio che avvertiva in tutto il corpo.
Non era in grado di capire che gli effetti del liquido nutritivo del bozzolo
che lo aveva custodito per tanti anni si erano ormai esauriti e il suo
organismo reclamava nuove risorse di energia. Aveva vagato a lungo tra i radi
alberi, sostituiti a poco a poco da polverosi cespugli di piante capaci di
sopravvivere in quelle terre aride, passando da momenti in cui il caldo
minacciava di soffocarlo ad altri in cui l�aria diveniva cos� gelida da fargli
battere i denti. Allo stesso modo si alternavano luce abbagliante e fitta
oscurit�. Per sua fortuna era in grado di vedere abbastanza bene anche di
notte, cos� aveva potuto camminare ogni volta che ne aveva avuto le forze, ma
ora non ce la faceva davvero pi� e rimpianse amaramente di non aver seguito i
suoi compagni. Sentiva che avrebbe dovuto farlo, ma allo stesso tempo sapeva
che era molto pericoloso. Non riusciva a comprendere dove si trovassero, aveva
la strana sensazione che le cose non fossero... giuste. Forse lui e gli altri
non avrebbero dovuto allontanarsi, n� tantomeno separarsi, eppure... aveva
sentito prepotente il bisogno di mantenere una distanza di sicurezza da ci� che
si stava avvicinando. Adesso, per�, era solo e ignorava cosa fosse successo
agli altri. Con un moto di rabbia si rialz� in piedi, lottando contro la
debolezza che lo aveva assalito per il brusco movimento, e riprese a camminare.
Non si rese subito conto della differenza del suolo che stava calpestando
ciononostante, quando realizz� come fosse pi� facile avanzare, decise di
seguire quel nuovo sentiero. Si trattava, in realt�, della strada statale 285,
e continu� a percorrerla finch� i primi raggi del sole schiarirono la volta del
cielo.
Si trascin� stancamente per oltre un�ora immerso in una specie di torpore,
desideroso di ritrovare i suoi compagni, ricongiungersi a loro. Poi lo
sferragliare ansimante di una vettura che si avvicinava lo ricondusse alla
realt� e, senza neppure guardarsi attorno, fece uno scatto degno di un
primatista nel tentativo di raggiungere il nascondiglio offerto da alcuni
enormi massi, ma con sua grande costernazione inciamp� e fin� lungo disteso a
terra, il cuore che batteva come impazzito per l�enorme sforzo cui era stato
sottoposto.
Dalla sgangherata macchina, fermatasi a pochi metri da lui, scese un uomo basso
e tarchiato con un sudicio berretto da baseball calzato alla rovescia. - Ehi,
ragazzino, tutto bene? - Si chin� ansimando sul piccolo corpo nudo e smagrito.
- Accidenti, figliolo, ma cosa diavolo ti � successo? - Con insospettata
delicatezza lo gir� sulla schiena e si gratt� pensoso la guancia coperta da una
fitta peluria ispida. - Ti sei sbucciato le ginocchia... - borbott�.
Il bambino fece del suo meglio per sollevarsi sui gomiti e indietreggiare ma
l�uomo non comprese il lampo di paura che gli attravers� gli occhi scuri e,
senza starci troppo a pensare, lo sollev� tra le sue forti braccia. - Vieni, ti
porto in citt� con me. E� il caso che ti veda un dottore... -
Forse, se avesse saputo che stavano andando nella direzione opposta a quella
presa dall�altro veicolo, si sarebbe ribellato con quel poco di forze che gli
restavano, invece si lasci� avvolgere in una pesante felpa grande il doppio di
lui e cadde addormentato ancora prima che avessero percorso due miglia.
Arrivarono a Vaughn poco prima di mezzogiorno e l�anziano medico della piccola
citt�, dopo una breve visita, non pot� che confermare lo stato di debilitazione
del bimbo.
L�uomo s�infil� imbarazzato le mani in tasca. - Io devo tornare alla fattoria,
e l� ho molto da fare. Non posso occuparmi di lui... -
- Non preoccuparti, Vernon, ci penso io. Fra due giorni devo andare a Santa
Rosa, e l� lo affider� ai servizi sociali. Per ora � meglio che resti con me,
cos� potr� intervenire se dovessero esserci problemi. -
- Oh, grazie, dottore! E�... � fantastico! -
Il medico gli sorrise con simpatia. - Ti ha detto come si chiama? - chiese
accennando alla porta che dava nell�ambulatorio vero e proprio, dove aveva
sistemato il piccolo.
- Non ha detto una sola parola fin da quando l�ho caricato. Secondo me era
troppo sfinito per parlare... -
- Va bene, vai pure, adesso. Sei stato grande... -
Vernon fece una spallucciata e se ne and� senza dire altro. Aveva sempre
condotto una vita solitaria e stare a contatto con la gente lo metteva a
disagio. Il dottore era una brava persona e con lui riusciva talvolta a
scambiare quattro chiacchiere, ma adesso il pensiero delle sue oche, delle
galline e del mulo lo faceva stare in ansia e voleva rientrare. Mancava da casa
da troppe ore e non poteva perdere altro tempo...
Intanto il bambino si era svegliato e stava studiando con attenzione l�ambiente
in cui si trovava. Era stanchissimo tuttavia non poteva fare a meno di
esaminare, elaborare, cercare di capire. I suoi occhi di un nocciola scuro,
dove brillava una vivace intelligenza, seguirono come calamitati l�ingresso
dell�uomo. Non era la stessa persona che lo aveva raccolto quando era caduto, e
attese incuriosito di vedere cos�avrebbe fatto.
Il medico lo sottopose ad un accurato controllo e alla fine gli diede un
leggero buffetto sulla guancia. - A parte la denutrizione non hai nient�altro.
Quindi, che ne diresti di cominciare con qualcosa di leggero, magari una
minestrina con brodo di verdure? - Senza attendere risposta si avvicin� al
telefono e chiam� la tavola calda dove consumava di solito il pranzo, poi torn�
a sedersi accanto a lui. - Ecco fatto, fra pochi minuti potrai mangiare la
minestra pi� deliziosa di tutta la citt�! La prepara una mia cara amica, e
vedrai che ti piacer� moltissimo! -
Come promesso, dopo circa un quarto d�ora arriv� un ragazzo con un contenitore
thermos e Jules Grove si mise ad imboccare il suo giovane paziente. - Coraggio,
su, senti com�� buona! -
Il piccolo alieno fiss� incerto il cucchiaio fermo davanti a lui, senza capire,
poi l�uomo si pieg� ancora pi� in avanti avvicinandogli la posata alle labbra.
- Avanti, apri la bocca... - lo invit� sorridendo. Poich� il bambino continuava
a tenere le labbra strette corrug� perplesso la fronte. - Forse � troppo calda?
- si domand� prima di assaggiare la minestra. - No, non scotta. Puoi mangiarla
tranquillo. - Riemp� di nuovo il cucchiaio e lo avvicin� alla bocca del
piccolo, che aveva seguito ogni sua mossa. - Provala, � davvero squisita! -
Stavolta lui apr� le labbra e inghiott� avidamente tutto il cibo, poi si
addorment� di nuovo. Il suo fu un sonno abbastanza irrequieto e l�uomo and�
spesso a verificare che non avesse la febbre. Alle quattro e mezza, orario di
chiusura dell�ambulatorio, gir� il cartello appeso alla porta a vetri
dell�ingresso e si sfil� il camice con un sospiro di sollievo. Vaughn era solo
un grande paese e di norma i suoi abitanti godevano di ottima salute ma quel
pomeriggio sembrava che avessero deciso di infrangere la tradizione e nel suo
studio c�era stato un insolito viavai di persone. Lui amava fare il medico, e i
casi trattati erano stati in realt� alquanto banali, ma aveva settantadue anni
e cominciava a sentire la fatica. Per fortuna di l� a due settimane sarebbe
arrivato suo nipote, che aveva da poco terminato gli studi, e avrebbe potuto
affidargli l�ambulatorio.
Trov� il bimbo sveglio e lo invit� a seguirlo al piano di sopra, dove si
trovava l�appartamentino in cui viveva. - Mi sarebbe piaciuto portarti su in
braccio, purtroppo devo ammettere di non averne la forza... Sono soltanto pochi
scalini, stai tranquillo, e poi ti potrai stendere di nuovo. Spero non ti
spiaccia stare sul divano, che comunque � molto comodo, perch� le mie vecchie
ossa hanno bisogno di riposare sul materasso duro del letto. - Si gir� a
guardarlo mentre salivano lentamente le scale. - Non sei di molte parole, eh,
ragazzo? Come ti chiami? -
Il piccolo lo guard� attento. Non comprendeva nulla di quel che l�uomo diceva
ma di una cosa era certo. Finch� non avesse imparato a muoversi in quel posto
cos� strano doveva restare con le persone. Poi, si sarebbe dato da fare per
cercare i suoi compagni.
Dopo aver disteso le lenzuola pulite sul divano ed aver recuperato un cuscino
in un cassettone che apriva cos� di rado da aver dimenticato cosa contenesse,
il dottor Grove si mise a preparare la cena.
Quando fu tutto pronto prese un vassoio e vi mise sopra due piatti, uno per s�
ed uno per il bambino. - Ho riscaldato un po� di polpettone avanzato da ieri e
ho fatto il pur� istantaneo. Ma non lo dire a Brenda, altrimenti si arrabbia.
Sai, lei odia questi cibi liofilizzati, e si ostina a non capire che certe
volte fanno molto comodo... - Avvicin� una sedia al divano e gli pos� sulle
ginocchia il piatto. - Ecco, mangia piano, con calma, o potresti sentirti male.
Qui c�� anche un bel bicchiere di latte. Finisci tutto e vedrai che domani
sarai di nuovo in forze! - Gli sorrise con dolcezza e, guardandolo con una
certa curiosit�, cominci� a mangiare a sua volta. Quel bambino era come un
pulcino spaurito, sempre sulla difensiva, e continuava a rifiutarsi di dirgli
il suo nome.
Il giorno successivo fu una replica del primo, solo che stavolta l�uomo
ricevette la visita di un paio di signore molto annoiate e molto chiacchierone,
che cercavano semplicemente un po� di compagnia, poi arriv� il gioved� e, come
programmato, part� per Santa Rosa. Aveva fatto indossare al suo giovane
compagno di viaggio un paio di calzoncini ed una maglietta di cotone che aveva
acquistato la mattina precedente in uno dei due empori di Vaughn e lui stesso
si era vestito con particolare cura. Di solito non badava a quello che metteva,
purch� fosse comodo, ma quando andava in citt� gli faceva piacere tirar fuori
dall�armadio gli abiti migliori che possedeva. Niente di particolare, a dire il
vero, ma lo facevano sentire pi� a suo agio.
Aveva anticipato di quasi due ore la partenza per avere tutto il tempo di
recarsi all�ufficio dei servizi sociali e spiegare la situazione del bimbo che
aveva con s�, sperando che trovassero presto una famiglia che lo adottasse.
Aveva preparato anche una scheda clinica su cui aveva riportato tutto quel che
era emerso dalla visita cui aveva sottoposto quel piccolino, a dire il vero
nulla di nulla a parte un leggero stato di debilitazione dovuta a mancanza di
cibo e un paio di graffi sulle ginocchia, tra l�altro guariti molto in fretta.
L�assistente cui era stato indirizzato era un giovanotto sui trentacinque anni,
baffi sottili e occhiali tondi dalla montatura di metallo, che ascolt� con
grande attenzione il breve resoconto di Jules Grove. - Ehm... ha gi� segnalato
la cosa allo sceriffo? - chiese alla fine.
- Veramente no. Sono venuto qui non appena arrivato in citt�, e in effetti non
ci ho neppure pensato. - L�uomo mise una mano sulla testa del bimbo. - Le
uniche cose che mi sono venute in mente sono state prendermi cura di lui e poi
portarlo qui da voi. Pu� dare allo sceriffo una copia della dichiarazione che
le ho appena firmato: � tutto quello che so a proposito di questo bambino... La
prego, faccia del suo meglio per trovare una famiglia come si deve che si
occupi di lui. -
- E� quello che facciamo sempre - fu la risposta un po� piccata
dell�assistente.
- Ottimo. Allora, se non c�� altro, io dovrei andare... -
- No, non c�� altro. -
- Bene - Grove si chin� un poco per dare un buffetto sulla guancia tenera del
piccolo. - Dunque, ragazzo, ti affido a questo signore. Resterai qui fino a
quando arriveranno un pap� e una mamma per te. Mi raccomando, fai il bravo e
vedrai che andr� tutto bene! - Per un attimo sent� un nodo stringergli la gola
ma si fece forza e sorrise prima di voltarsi e sparire per sempre dalla sua
vita.
Il bambino lo guard� allontanarsi, un�espressione malinconica sul visetto
pallido.
Con fare rassegnato l�assistente lo prese per mano e lo condusse fino ad una
stanza dove c�erano quattro letti. Gli mostr� quello pi� vicino alla finestra.
- Ecco, qui � dove dormirai. I vestiti puoi metterli in questa cassapanca. -
Cos� dicendo alz� il coperchio del piccolo mobile ai piedi del letto - Non
preoccuparti per il cambio e il pigiama, te li procureremo noi. Il bagno � l�,
in fondo al corridoio, mentre la sala mensa � da quell�altra parte - Fece un
cenno col braccio ad indicare l�estremit� opposta, dove una porta a doppia
anta, aperta, lasciava intravedere un lungo tavolo blu di plastica. - Una
campanella suona per avvertire quando � pronto da mangiare. Mi raccomando,
puntualit� e mani ben lavate! - Abbass� lo sguardo su di lui e sorrise
allegramente nel notare la sua espressione perplessa. - Non preoccuparti, ti ci
abituerai subito: � molto semplice! E adesso ti porto in cortile a conoscere
gli altri bambini. Sono un po� pi� grandi di te ma sono sicuro che andrete
d�accordo... -
Il cortile si rivel� un grande quadrato di terra battuta con un ciuffo di
alberi, alla cui ombra una ragazzina si divertiva a saltare la corda che altre
due femminucce vestite pressocch� in maniera identica facevano abilmente
ruotare. A poca distanza da loro un paio di bambini giocavano con un gatto dal
bellissimo pelo fulvo.
Inginocchiata nella polvere una giovane donna era intenta a pulire il naso ad
un bimbetto di tre anni, che sembrava non gradire troppo l�operazione.
- Ciao, Myrna, ti ho portato un nuovo ospite. -
Myrna distolse per un attimo lo sguardo dal nasino sporco del piccolo e sorrise
incoraggiante al bimbo tenuto per mano dal suo collega. - Ciao. Come ti chiami?
- Non ottenendo risposta alz� gli occhi sull�assistente, che si limit� a fare
una spallucciata. - Finora non ha detto una parola. Per adesso l�ho registrato
come Michael, ma se tu riesci a farti dire il suo vero nome avvertimi,
d�accordo? -
- Ok. Bene, Michael, io sono Myrna, e questo qui � Louis. Vuoi venire a giocare
con noi? - Tese la mano verso di lui e, poich� non si muoveva, lo prese
gentilmente per il polso tirandolo verso di s�. - Su, non sarai mica timido?! -
Considerando ormai esaurito il suo compito l�assistente torn� dentro e si mise
a riordinare lo scarno fascicolo del bambino.
Nel frattempo il piccolo alieno aveva seguito Myrna senza battere ciglio ma
dopo pochi minuti la sua attenzione era concentrata interamente sullo spazio
che lo circondava, nella speranza di trovare il modo di andarsene di l� e
riprendere la ricerca dei compagni perduti.
Rimase un po� in disparte dando l�impressione di osservare i giochi cui erano
intenti gli altri bimbi tuttavia, nel momento in cui la ragazza si distrasse di
nuovo dietro il pi� piccolo, fu pronto ad approfittarne e si arrampic� sulla
rete che recingeva il cortile. Mancava solo mezzo metro alla sua libert� quando
qualcosa lo afferr� con forza alle ginocchia e venne tirato gi� senza troppi
complimenti.
- Ehi, dove credi di andare, tu? - Myrna se lo strinse al petto, incurante dei
calci disperati che lui tir� come una furia. - Mi dispiace ma sei stato
affidato a me e non ho nessuna intenzione di permetterti di filartela! Su,
avanti, si torna dentro: � l�ora della merenda... - Si pieg� un poco di lato
per prendere la mano di Louis e fece un fischio acuto. - Coraggio, ragazzi,
correte a lavarvi le mani: appuntamento fra cinque minuti in sala! - Rafforz�
la stretta intorno al torace magro di Michael e aspett� di essersi ben chiusa
la porta alle spalle prima di mettere gi� quella piccola tigre scatenata. Si
pieg� su di lui per guardarlo dritto negli occhi. - Senti, Michael, mi rendo
conto che non deve essere facile per te trovarti qui, con persone che non
conosci in una casa che non � la tua, ma cerca di capire che in questo posto
c�� gente che vuole prendersi cura di te. Aiutaci ad aiutarti, ok? - Gli diede
una leggera carezza sul viso. - Su, vai in bagno, adesso. Ti aspettano un bel
panino e un bicchierone di latte!... - Vedendo che lui non si muoveva sorrise
divertita. - D�accordo, per questa volta ti accompagno io... Ma cerca di
imparare presto la strada: sei un ometto, in fin dei conti! -
Dopo aver fatto svogliatamente merenda il bimbo and� nella sua stanza e si mise
a sedere sul letto, lo sguardo fisso fuori della finestra. Voleva uscire,
voleva andare via, ma la verit� era che non sapeva come fare per ritrovare gli
altri. Dal momento in cui era tornato indietro per scoprire cosa gli fosse
successo non aveva fatto altro che camminare, camminare, e ancora camminare,
senza per� riuscire a ritrovarli. Dove erano, adesso? Cosa stavano facendo?
Sentivano la sua mancanza cos� come lui sentiva la loro?
Non si mosse da l� quando la campanella suon� di nuovo per il pranzo, n� quando
Myrna and� a cercarlo perch� tornasse in cortile a giocare con lei e gli altri
bambini, n� tantomento per la merenda. Ma all�ora di cena decise di recarsi
alla sala mensa. Non doveva indebolirsi di nuovo, non sarebbe stato prudente.
Lui doveva essere forte. E prima o poi sarebbe riuscito nel suo intento.
L�indomani pens� di andare ovunque la ragazza avesse scelto di portarlo. Aveva
bisogno di imparare tante cose, di conoscere quello strano mondo, e non poteva
farlo stando chiuso in una stanza.
Dopo due giorni non ne poteva pi�. Ormai capiva qualcosa, quando gli parlavano,
ma per il resto non c�era molto altro che potesse apprendere rimanendo l�. Si
sentiva irrequieto, aveva bisogno di... di muoversi.
- Salve, signor Guerin, la stavamo aspettando! - Il responsabile del centro
invit� l�uomo ad accomodarsi. Sua moglie non c��? -
- No, oggi non � potuta venire. -
- Oh, bene, allora forse preferisce tornare un�altra volta, con lei? Immagino
che vogliate essere tutti e due presenti per decidere chi prendere in
affidamento... -
Hank Guerin si pass� il palmo della mano sui pantaloni. In realt� sua moglie se
n�era andata di casa una settimana prima, portandosi via tutti i suoi vestiti e
i pochi gioielli che possedeva, e lui era rimasto con un migliaio di dollari in
banca e la vecchia Chevrolet che, miracolosamente, quel giorno si era messa in
moto al primo tentativo. Non aveva certo bisogno di un moccioso fra i piedi, ma
i soldi che gli avrebbero dato per la custodia gli facevano molto comodo e cos�
aveva deciso di recarsi lo stesso all�appuntamento a Santa Rosa. Da l�, poi,
sarebbe andato a cercare lavoro in qualche cantiere. Magari, vedendolo arrivare
con un bambino, lo avrebbero assunto senza fare troppe storie...
Quando venne accompagnato nel cortile dove i giovanissimi ospiti del centro
stavano giocando riconobbe i pi� grandicelli, decisamente troppo difficili da
gestire e che quindi lui e Joan avevano gi� scartato, e poi vide il maschietto
dall�aria seria fermo in un angolo.
Notando la direzione del suo sguardo il responsabile annu�. - Si chiama
Michael, ha all�incirca cinque-sei anni. E� stato trovato che vagava nei pressi
di Vaughn, e il medico che lo ha visitato per accertarsi che stesse bene lo ha
portato qui al centro luned� scorso. E� un bambino molto tranquillo, e di
sicuro ha bisogno di tanto affetto. Allora? Che ne pensa? Vuole parlargli?
L�avverto che finora non siamo riusciti a sentire la sua voce, per�... - Fece
una risatina un po� imbarazzata. A dire il vero Myrna gli aveva confidato di
temere che fosse muto, ma dal momento che non lo sapevano con certezza... -
Venga, andiamo da lui! -
L�alieno rimase perfettamente immobile e in silenzio mentre il responsabile gli
faceva qualche domanda, dato che l�altro non diceva una parola, poi li guard�
allontanarsi e un filo di speranza gli riscald� il cuore. Forse quella persona
lo avrebbe portato via da l�...
Guerin si era sentito molto stupido a stare davanti ad un ragazzino che non
aveva fatto altro che fissarlo negli occhi, senza fiatare, ma si convinse che
quella fosse la situazione ideale. Tranquillo, silenzioso... No, non ideale:
perfetta!
Una volta di nuovo nell�ufficio della direzione conferm� la propria decisione
di prendere Michael in affidamento e firm� senza esitare tutti i documenti che
l�altro gli mise davanti. - Ah, forse lei ha bisogno di tenersi in contatto col
bambino, magari mandando qualcuno a controllare che stia bene... Ma... ecco,
io... - Si schiar� la voce mentre radunava i vari fogli sparsi sulla scrivania.
- Io sto per trasferirmi e... Posso chiamarla quando ci saremo sistemati e
darle il nuovo recapito, che ne dice? -
- D�accordo, non ci sono problemi. Buongiorno, signor Guerin, lei e sua moglie
avete fatto una cosa bellissima, per questo bimbo... Tutti noi gliene siamo
grati... -
L�uomo strinse la mano che gli veniva porta e, preso Michael per una spalla, lo
guid� fuori dell�edificio. Ecco fatto, giovanotto, da oggi starai con me! -
Una volta a bordo della vettura Hank Guerin si diresse verso la periferia ed
entr� in un grande rivenditore di mezzi usati. - Grazie, Todd, come vedi sono
stato puntuale! - Si avvicin� al titolare e gli porse le chiavi della Chevrolet
e un fascio di banconote. - E con questo il conto � saldato! Dov�� il mio
camper? -
Poco dopo erano di nuovo in viaggio, lungo una strada che attraversava il
deserto arroventato dal sole. Sono sicuro che io e te ce la intenderemo alla
grande, vero? - disse scoppiando in una risata quasi sinistra.
Rannicchiato nel suo cantuccio, lo sguardo rivolto al paesaggio brullo che si
estendeva fino all�orizzonte, il bambino non diede segno di aver sentito. Nella
sua mente c�era un solo pensiero. Ritrovare i suoi fratelli.
Ma sarebbero trascorsi tre anni prima che il caso conducesse il sempre pi�
malandato camper di Hank alle porte di Roswell, in un campo attrezzato.
La vita accanto a Guerin aveva insegnato a Michael a contare esclusivamente su
se stesso, chiudendo il proprio cuore ad ogni cosa. Hank era un uomo duro,
incattivito dall�abuso di alcol, capace di lavorare solo in cave e miniere,
dove l�unica cosa richiesta era la forza fisica. Non si era mai preoccupato che
il bambino mangiasse in maniera adeguata, giocasse con ragazzi della sua et�, o
perfino andasse a scuola.
Dopo il quarto cambio di lavoro, e conseguentemente di domicilio, i servizi
sociali di Santa Rosa avevano smesso di cercare di mandare un assistente a
controllare la situazione limitandosi a spedire per corriere la quota di
sostegno, e cos� non era rimasto pi� nessuno a preoccuparsi delle condizioni in
cui viveva.
Per la verit� Hank aveva sempre fatto in modo che Michael e gli assistenti
sociali non si incontrassero e la cosa era stata, tutto sommato, abbastanza
semplice perch� il bambino cercava di stare il pi� lontano possibile da lui.
Poi erano arrivati in quella cittadina, la cui sola attrattiva degna di nota
era rappresentata dal convincimento di parte della popolazione che, nell�estate
del 1947, in una zona desertica ai confini della contea fosse precipitato un
disco volante.
L�uomo era stato assunto in un cantiere edile a Dexter e stava fuori dalla
mattina alla sera e Michael, pi� riservato e ombroso che mai, trascorreva come
al solito gran parte della giornata ad esplorare i dintorni nella speranza di
riuscire a trovare qualche traccia che potesse condurlo fino ai suoi compagni
ma fino a quel momento le sue ricerche non avevano dato alcun risultato.
La sua frustrazione cresceva ogni giorno di pi� cos� come l�insofferenza nei
confronti di Guerin, il quale gli rivolgeva la parola solamente per
rimproverarlo per il modo in cui aveva svolto i compiti che gli aveva
assegnato. In realt� lui faceva del suo meglio per tenere pulito e in ordine il
camper, era anche in grado di preparare dei pasti molto semplici, ma Hank non
era mai soddisfatto. Disprezzava quell�uomo, lo disprezzava con tutte le sue
forze, e se soltanto avesse saputo dove altro andare sarebbe fuggito gi� da
tempo. Si era infatti reso conto che non era semplice muoversi, almeno per un
bambino della sua et�. C�era sempre qualcuno che lo fermava e gli faceva
qualche domanda, come si chiamasse, se si fosse perduto, come mai non stesse a
scuola... Soprattutto i poliziotti. Quando li vedeva cambiava subito strada
cercando di non farsi vedere. Era stato cos�, per sfuggire a uno di loro, che
un giorno aveva casualmente svoltato un angolo e aveva sentito una stranissima
sensazione. Si era bloccato di colpo poi, quasi guidato da un filo invisibile,
aveva girato la testa di lato e li aveva visti. Una donna e due bambini, sul
marciapiedi opposto. Aveva trattenuto per un attimo il fiato, incredulo.
Possibile che fossero loro? Erano un po� cambiati, dopo tanto tempo, per� c�era
qualcosa... In quel momento la ragazzina, con una lunga coda bionda che
ondeggiava al ritmo del suo passo, si volse per parlare alla madre e lui non
ebbe pi� alcun dubbio. S�! Li aveva ritrovati! Si mise a seguirli, incerto su
come agire, poi salirono su una macchina e si ferm� sospirando. Non importa, si
disse, ormai li ho trovati e posso prendermela calma. Un giorno in pi� o in
meno non fa alcuna differenza... Con grande soddisfazione riprese la strada per
il campo delle roulottes.
Tornato al camper Michael cominci� a preparare qualcosa per la cena e quando
Hank torn� dal lavoro sedette al microscopico tavolo che usavano per mangiare.
- Voglio andare a scuola - disse con voce ferma. Aveva gi� controllato, a
Roswell c�erano quindici scuole elementari. Sarebbe stato difficile scoprire
quale frequentassero i suoi compagni, ma lui aveva tutte le intenzioni di stare
con loro. Loro erano la sua famiglia, non l�uomo brutale con cui viveva...
Hank Guerin fece una smorfia. - A scuola? Eh, in effetti sarebbe ora che ci
andassi. Ormai sei troppo grande per restartene a gironzolare qui attorno come
un fannullone... - Non gli venne neppure in mente che se Michael non era mai
andato a scuola la colpa non era certo sua, e con una scrollata del capo
ricominci� a mangiare. - Va bene, cercher� di trovare il tempo per andare a
iscriverti. A proposito, ma tu sai leggere e scrivere? -
- S�, certo - �E di sicuro non per merito tuo...� comment� fra s� e s�.
- Bene. Allora ne riparliamo fra qualche giorno, ok? Ma adesso piantala: ho
fame e voglio cenare in santa pace! -
L�indomani Michael fece in modo di trovarsi nei pressi della prima scuola
elementare della sua lista intorno all�orario di uscita e studi� con attenzione
i bambini che sciamarono fuori ridendo e salutandosi a voce alta. Si sent�
molto depresso quando non li vide. Aveva sperato... Comunque, non aveva
importanza: avrebbe provato di nuovo l�indomani, con un�altra scuola. Non
poteva permettersi di sbagliare...
Il sesto tentativo fu quello fortunato. Vide quasi subito lui e sorrise senza
volerlo. S�, era cresciuto, ma quegli occhi li avrebbe riconosciuti ovunque.
Perfetto, adesso sapeva cosa doveva fare!
Una settimana pi� tardi Hank si decise ad andare alla scuola indicatagli dal
ragazzo e spieg� che, a causa del suo lavoro, non si era mai fermato abbastanza
a lungo nello stesso posto da poterlo iscrivere. - Per� � molto sveglio e
impara presto. E poi... � previsto dalla legge che vada a scuola, no? -
- S�, infatti. - La donna lo scrut� con diffidenza. Non le piaceva, quell�uomo,
ma di certo per il bambino sarebbe stato meglio studiare. L�istruzione era
l�unico mezzo per costruirsi una vita decente... Per quanto qualcosa, nel
discorso di Guerin, non la convincesse decise di non indagare e gli diede
alcuni moduli da compilare. Pu� farlo anche qui, se vuole, e gi� da domani
Michael potr� venire a lezione. I corsi sono iniziati da pi� di un mese ed �
opportuno che non perda altro tempo. -
- Giusto, giusto! - Senza soffermarsi troppo a leggere si limit� a vergare una
firma simile ad uno scarabocchio e riconsegn� il tutto alla direttrice. - Bene,
allora il ragazzo sar� qui domani alle 8 in punto. Buongiorno, signora, e
grazie... -
- Buongiorno. - La donna attese che i due fossero usciti e poi sbuff�. �Che
razza di gente! A nove anni quel ragazzino non � mai andato a scuola! Certe
persone non dovrebbero proprio avere figli...�
Michael si agit� nervosamente sulla sedia. Si era alzato prestissimo, quel
giorno, eppure era riuscito a non far tardi solo per pochi minuti perch� Hank
aveva rovesciato la caffettiera e aveva preteso che lui ripulisse tutto e
preparasse del caff� fresco, cos� non aveva avuto il tempo di fare le sue
ricerche prima che cominciassero le lezioni. Ormai erano quasi due ore che
stava in quell�aula a sentire l�insegnante parlare di cose che non lo
interessavano, e non ne poteva davvero pi�! Lui era venuto l� per i suoi
fratelli non per quella donna che lo stava annoiando a morte, e purtroppo loro
erano in una classe diversa! Quando se n�era reso conto avrebbe voluto gridare
per la rabbia ma si era costretto a trattenersi, a restare buono buono al
proprio posto senza attirare l�attenzione su di s�, aspettando il momento
giusto per schizzare fuori da quella maledetta stanza. Ma quel momento sarebbe
mai arrivato?!?
Finalmente suon� la campanella e pot� uscire in corridoio. Si guard� attorno
scrutando ogni volto ma c�erano cos� tanti bambini che non era facile
controllarli tutti, eppure doveva trovarli, aveva bisogno di vederli, di sapere
che non si era sbagliato... Continu� a camminare sentendo il cuore battergli
sempre pi� forte. Erano vicini, lo sapeva. Erano l�, a pochi passi da lui,
eppure non riusciva a... No, eccoli! Eccoli... I suoi fratelli... Avvert� un
brivido lungo la schiena. Lo avrebbero riconosciuto? Oppure... si erano
dimenticati di lui? In preda all�ansia fece dietrofront e torn� in classe.
Aveva la fronte coperta di sudore freddo e continuava ad aprire e chiudere le
mani cos� forte da lasciare i segni delle unghie impressi nei palmi. �Pi�
tardi... Gli parler� pi� tardi...�
Quando suon� la campanella che segnava la fine dell�ultima ora si precipit� a
riprendere i libri e i quaderni che aveva lasciato nell�armadietto, ansioso di
raggiungere il prima possibile il portone. Sbatt� con forza lo sportello e fece
ruotare la manopola della combinazione dopodich� si gir�, e s�immobilizz�.
- Ciao - disse esitante.
Il ragazzino continu� a guardarlo con intensit�, quasi affascinato, finch�
venne raggiunto dalla sorella.
- Devo parlarvi - Michael sent� un brivido scorrergli lungo la schiena. Perch�
non dicevano niente? Perch� non si avvicinavano? Avevano forse paura di lui? Si
mosse a disagio, chiedendosi quale avrebbe dovuto essere la sua prossima mossa.
- Ok -
La risposta della bambina lo colse di sorpresa. Bene, ora toccava a lui. Senza
dire altro precedette i due fino all�uscita e si diresse verso un angolo
tranquillo del giardino che circondava la scuola. Lasci� cadere il proprio
zaino sull�erba e s�infil� le mani in tasca. - Vi ricordate di me? - chiese con
voce insicura.
Sia Isabel che Max lo fissarono intenti, senza parlare, e decidendo di
rischiare il tutto per tutto si affrett� a continuare. - E� successo tanto
tempo fa... Eravamo insieme, poi io me ne andai e quando decisi di tornare
indietro voi non c�eravate pi�. Vi ho cercato a lungo, e cominciavo a temere di
non riuscire a ritrovarvi... Ora mi chiamo Michael e vivo con Hank Guerin -
Max annu�. - Ci portarono qui a Roswell, e fummo adottati dagli Evans. Io sono
Max e lei Isabel. -
- Siete... siete i miei fratelli? -
Isabel guard� speranzosa Max, che sorrise timidamente stringendosi nelle
spalle. - Forse. Non lo sappiamo con certezza. Ma abbiamo sempre pensato a te
come a nostro fratello... - Esit�, incerto su come continuare. - Tu... ricordi
qualcosa? Voglio dire, prima di quella notte? -
Michael scosse piano la testa. - No, per�... so di saper fare cose che gli
altri bambini non riescono a fare. E neppure gli adulti, credo. O perlomeno
Hank non ne � capace... -
- E� vero, anche noi siamo in grado di fare... delle cose... Per� non ne
abbiamo parlato con nessuno, neanche coi nostri genitori. Pensiamo che... che
sia pi� sicuro cos�... -
- S�, certo. Credo anch�io che sia meglio... - Il ragazzino si mosse un poco, a
disagio. - Allora, ci vediamo domani... -
A quel punto Max ed Isabel gettarono i loro zaini a terra e tesero le mani
verso di lui. - No, aspetta! - esclamarono all�unisono. Isabel fu la prima ad
abbracciarlo. - Ci sei mancato da morire! - bisbigli� stringendolo forte.
I suoi occhi incontrarono quelli color ambra di Max, e si sent� rimescolare.
C�era qualcosa, qualcosa di indefinibile, che lo attirava verso di lui. Un
senso profondo di amicizia, fiducia, lealt�... Si lasci� serrare dalle loro
braccia, sentendosi bene per la prima volta da quando era in grado di
ricordare.
- Non te ne andrai di nuovo, vero? - chiese Isabel con voce sottile, in preda
ad una forte commozione.
- No, non vi lascer� pi� - fu la sommessa risposta di Michael. Finalmente la
sua solitudine era finita.
Scritta da Elisa |