Smallville Italia

PAX ET LEX
scritto da
Cassandra Phoenix Nova


RIASSUNTO: Lex Luthor si imbatte in una misteriosa ragazza di nome Pax.
DATA: 13 Febbraio 2003.
AMBIENTATO: dopo l'episodio 1.11 "Contro ogni volont�".
ADATTO: v.m. 14 anni.
DISCLAIMAR: si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di propriet� del sito Smallville Italia, e che tutti i personaggi di "Smallville" utilizzati sono di propriet� Warner Bros Television, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.


Prologo

Il buio che avvolgeva la citt� di Smallville, ed in particolare, quel vicolo umido e sporco, la facevano somigliare ad sacco dell'immondizia, sebbene la figura fosse sottile, ma curva su se stessa, come un qualcosa gettato a terra furiosamente.
Lex non se ne preoccup�, aveva altri pensieri nella testa, ed immagini pi� accattivanti sfrecciavano davanti ai suoi occhi, eppure nel dirigersi alla sua auto, si volt� un'ultima volta, in direzione di quello che appariva un segno del degrado del quartiere; una parte di quel sacco vibr�, forse una piega di plastica agitata dalla brezza della notte, ma somigliava terribilmente ad una scura ciocca di capelli. Lex attese, i suoi occhi cercarono immobilit� in quel sacco, la certezza di non avere a pochi passi una creatura vivente, ma esso si scosse ancora, come in un tremito, ed il vento serale non poteva giustificare un fremito cos� violento.
Era una donna, con ogni probabilit�, una derelitta, finita l� per caso, forse, nel tentativo di nascondersi da qualcuno, un protettore irato o un marito feroce, nella migliore delle ipotesi. Non erano affari suoi, si disse Lex, sentiva i muscoli del viso contrarsi in una smorfia nervosa; il suo scopo in quel paese di provincia non era salvaguardare le anime tormentate del luogo, non era uno dei proseliti di Madre Teresa; e la donna avrebbe potuto rimanere l� sino a quando chi la rivoleva l'avesse trovata, o peggio ancora, non vedendo n� speranza, n� altre alternative, ella stessa non si fosse alzata per tornare da lui. Se avesse desiderato occupare le giornate, lavorando come assistente sociale, aggiunse Lex, sarebbe gi� scagionato da ogni impegno, pochi si prenderebbero la briga di avvicinarsi ad una sconosciuta, rannicchiata in un vicolo, legata alla criminalit�, come tutte le persone disperate; non aveva alcun obbligo verso di lei.
Lex Luthor si chin� leggermente, era a pochi passi da lei, ma non le vedeva il volto: era chiusa su se stessa come un animale, le gambe strette sul ventre, le braccia stringevano la sua piccola forma, Lex vedeva una massa di arruffati capelli corvini, a cui la luce della Luna, regalava riflessi argentati.
"Ehm... Sta bene?" domand� Lex, si accorse di avere il tono titubante di uno scolaretto, ma era preferibile ad una voce marziale, in un caso del genere.
La donna, sembrava un fagotto, talvolta si sbilanciava verso il muro, ma non dava segno di captare la realt� che la circondava.
"Gli... Occhi... Oh Brian!" era un mormorio sommesso, quasi un farfugliare confuso, ma Lex lo ud�.
"Come prego?" chiese pi� seccamente.
"Cosa...? Cosa... Gli occhi, Brian, gli occhi!" era un singhiozzo ad accompagnare le parole, era il pianto a farla sussultare.
"Posso aiutarla?" disse in maniera seccata, e la sua mano le sfior� la spalla.
"Cosa... Oh Brian, Brian, Brian... Gli occhi!" esclam� ella con enfasi e nel sentirsi sfiorare, alz� gli occhi.
Non era una donna, era, come Lex aveva temuto, una ragazzina, di 15 anni, forse meno, il viso rigato dal liquido che le sgorgava dagli occhi, non comuni lacrime, ma qualcosa di pi� scuro e denso: sangue.
"Alzati, riesci ad alzarti!" le ingiunse Lex, e senza attendere il suo assenso, la prese per un braccio, straordinariamente sottile, e la trascin� in piedi: era minuta, fragile come un filo d'erba, gi� in buone condizioni, gli sarebbe parsa delicata, ma cos� sconvolta era uno spettacolo straziante.
Le iridi di lei traboccavano ancora gocce rosse, quando la mise davanti a s�, tenendola per i fianchi, come se dovesse prendere le sue misure per un vestito. La ragazza si pass� una mano tremante sulle guance, quindi chiuse gli occhi: il risultato fu che il suo incarnato divenne una maschera di orrore, ma lei non lo sapeva; Lex non poteva pi� disfarsene, almeno sino a quando non fosse stata al sicuro.
"Dannazione!" imprecarono entrambi, nel medesimo momento, e stupiti si fissarono, ed ella parve improvvisamente lucida.
"Smallville, vero?" chiese, con una voce quasi trillante.
"No, il mio nome � Lex Luthor" rispose egli.
"Uhm... Arrivo qui e subito incontro la primadonna... Ho una buona stella da qualche parte!" comment� sarcastica.
"Come ti chiami?" la interrog� Lex.
La ragazzina si divincol� dalla sua stretta: "Con il mio nome. Adesso scusami, ho da fare" ribatt� in tono brusco.
Lex la prese per un braccio, la giovane parve in egual misura, stupita e offesa.
"Il tuo impegno � il Pronto Soccorso" disse Lex.
"Non credo... Non mi risulta" disse ella pensosa.
"Beh... Risulta a me, invece, cammina" disse avviandosi alla macchina, trascinandosela dietro.
Era irritato, non tanto perch� avrebbe pagato di tasca propria, le cure alla sventurata, quando perch� si era lasciato incastrare una ennesima volta. Lei aveva bloccato i piccoli piedi al suolo, come una bimba capricciosa ed inveiva ad alta voce, ma nessuno l'avrebbe liberata, in particolare da uno come Lex Luthor.
"Maniaco, pervertito! Sono minorenne... Mostro!" biascic� furibonda.
Lex apr� la portiera: "Che notizia incredibile!" osserv�.
"Si, come quella di te in manette per... per... Cosa vuoi farmi? " ad un tratto la ragazzina parve spaventata.
"Portarti all'ospedale... � il luogo ideale per la mia indole di pervertito". Chiuse la fanciulla in auto e vi sal� a sua volta.
"Cielo! Come sono ridotta, sembro la protagonista dell'Esorcista, ridacchi� lei, per questo volevi portami al Pronto Soccorso?".
"No, per questo ci andremo" rispose Lex.
"Oh... Io sono in ottima forma, non mi serve perdere tempo con questa inutile procedura... Ho poco tempo!" obiett� lei.
"Lo sfrutteranno bene i medici" l'auto era gi� partita.
"Non sei molto dolce... Non come dovrebbe esserlo un buon samaritano..." disse lei.
"Infatti, non lo sono" disse Lex.
"Beh... Io sono Pax, significa Pace in latino... Sai mio padre ama stupire" esclam�.
"Una dote ereditaria, io Alexander Luthor, Lex in latino vuol dire Legge... Mio padre non ama dare nell'occhio" ribatt� Lex.
"Pace e Legge, uhm? Sembra il titolo di una serie Tv di propaganda" comment�.
"Che meraviglia!". Pax ridacchi�, poi s'allacci� la cintura :" Una cosa breve, chiaro?" disse infine.

Capitolo 1�

Le trattative erano in corso gi� da un quarto d'ora, Lex udiva appena la vocetta sottile e squillante di Pax, svettare su quella del medico, zittire l'infermiera, strepitare, farsi ancora pi� acuta di quanto non fosse, con quel timbro infantile e saccente insieme.
Lex scosse il capo nel guardare le lancette dell'orologio; era un nuovo giorno, e lui era fuori dalla stanza in cui la ragazzina era tenuta, quasi a viva forza, senza che nulla lo trattenesse: aveva fatto il proprio dovere, trasportata Pax in un luogo sicuro, ma appena il medico si era precipitato nella camera dove c'era "il signor Luthor", era stato invitato ad uscire. Era stato sul punto di andarsene, ma poi aveva sentito il suo urletto, mentre un ago le pungeva il braccio, le sue proteste sulle dimensioni della provetta per le urine, ed infine un mutismo ostinato circa le proprie origini.
Lex si rese conto che la ragazza non solo stava poco bene, ma era fuggita da casa, e non intendeva farvi ritorno: non era un suo problema, non aveva alcun legame con Pax, ammesso che quello fosse il suo nome.
Il medico chiuse l'uscio alle proprie spalle, il viso teso come dopo un lungo intervento.
"Signor Luthor, aspetta notizie della paziente?" chiese quasi stupito.
"Si, vorrei sapere come sta, e cosa le era accaduto" rispose con voce sicura.
Il dottore si strinse nelle spalle: "L'esame tossicologico � risultato negativo, quindi non � sotto l'effetto di alcol o droga, ma � tesa, direi sconvolta, nonostante ci� rifiuta calmanti, persino una blanda tisana; ripete di avere fretta e molte cose da fare. � stravolta dalla stanchezza, eppure non cede, questo la rende nervosa e instabile" spieg� con voce professionale, anche se aveva appena terminato di pregarla di sdraiarsi sul letto.
"I suoi occhi sanguinavano..." aggiunse Lex.
"Questo � preoccupante, consiglierei una T.A.C., una risonanza magnetica, per evidenziare eventuali masse tumorali al cervello, ma ne dubito, dovrebbe fare una visita oculistica approfondita, ma la ragazza teme che il liquido per dilatare la pupilla le annebbi la vista.
Ripete che non pu� perdere tempo" il medico emise un respiro profondo e sconsolato.
"Posso vederla?" domand� Lex, e gli parve una richiesta assurda, perch� da quella ragazzina petulante e isterica poteva ricavarne guai e forse un desiderio malsano di prenderla a schiaffi.
"Si, signor Luthor, magari accetter� i suoi consigli, specie se il vostro rapporto �..." il dottore non termin� la frase.
"Sta insinuando che ho abusato di una minorenne?" disse minaccioso Lex.
"No, nessun rapporto sessuale... Da quando � nata" ribatt� egli.
Lex prefer� chiudere la discussione, avanz� verso la camera, buss� e apr� l'uscio contemporaneamente.
"Bene, avete chiamato i rinforzi!" esclam� Pax, guardando accusatoria l'infermiera.
"Ci pu� lasciare soli alcuni minuti?" domand� Lex alla giovane donna, questa spossata dalla lotta verbale con Pax annu� riconoscente, si dilegu� con la velocit� di un treno in corsa.
Lex attese che nessuno li disturbasse, Pax lo guardava, era una ragazza graziosa, dal viso pallido, tagliato da occhiaie scure e gonfie, i suoi occhi erano pozzi scuri e impenetrabili, che non si abbassavano mai; indossava una camicetta, un tempo bianca e linda, e Jeans scuri, a vita bassa, quindi un paio di pesanti scarpe blu, portava una lunga borsa, tipica dei liceali, in cui avrebbe potuto infilare anche un com�, tanto era capiente, le due dite stringevano questa borsa celeste, e tremavano leggermente.
"Come ti chiami?" domand� Lex, ostentando pazienza.
"Pax... Sei di memoria corta?" rispose la ragazza sbuffando.
L'insano desiderio inizi� a farsi largo fra i buoni propositi di Lex.
"� il tuo vero nome?" insistette.
"Non � colpa mia se sono figlia di pacifisti colti... E quale fantasia perversa mi avrebbe spinta a creare un nome cos� assurdo?".
"Il cognome?".
"� quello di mio padre".
"Quanti anni hai?".
"Meno di 18, pi� di 10".
Silenzio, un pesante, cupo silenzio.
"Ti diverti, Pax?" disse Lex, un sibilo carico d'ira.
"No e tu?" lo imbecc� lei, con voce querula.
"Fai ci� che ti dice il medico, bambina, e sii pi� gentile con chi vuole aiutarti!" disse deciso, autoritario.
Pax tacque, era rimasta impressionata dalla sua severit�, ne dedusse Lex, e questa speranza lo cull� per brevi secondi.
"Uhm... Sai credo sia difficile andare contro di te" disse pensosa Pax, "sei un Luthor, no? Mi � venuta un'idea... Tu hai pi� di 18 anni, e si vede... Io penso che se firmassi i moduli per la mia scarcerazione, potrei andarmene!".
Lex fu sul punto di vibrarle un colpo sulla sua bocca impertinente, ma non si mosse, chin� il capo e cont�, era una situazione inverosimile: era finito in un racconto di Kafka, dove il mondo veniva dominato da una quattordicenne.
"Cosa ti fa pensare che io, le rispose piano, mi assuma la responsabilit� di farti scorrazzare per le strade, tu, che sei pericolosa, per te stessa, per la comunit� e... Per i miei nervi?".
Alz� gli occhi su Pax, lei annu� comprensiva: "La sicurezza di non rivedermi pi�!" disse prontamente.
"O di trovarti nella cronaca nera..." aggiunse Lex.
"Non � mai capitato" ribatt� Pax.
Lex attese, poteva prendersi la responsabilit� di lasciarla libera, anche se malata, sola e totalmente indifesa, per poi lavarsene le mani?
"No, tu resti qui. Questo � un dialogo fra sordi" concluse e sbatt� la porta.
Doveva tornare a casa, o avrebbe finito per fare la cosa peggiore: farla dimettere pur di levarsela dai piedi.
Lex cammin� un po', era cos� strano, ma non riusciva a levarsi dalla testa Pax, quasi avesse lo scopo di difenderla, ma non l'aveva ed era stanco.
Trov� l'infermiera, rinfrancata da una tazza di caff�, insieme ad un gruppo di colleghe: "Non ha detto nulla, ma ha un aspetto terribile!" le disse. La donna fece un cenno col capo e torn� alla stanza.
Era il momento: Lex usc� dall'ospedale e respir� l'aria tagliente della notte. Si avvi� all'auto con passo svelto, prima che il pensiero di Pax lo riportasse al Pronto Soccorso.
"Mi dai un passaggio?" chiese una vocina dietro di lui.
"Torna in ospedale Pax, o ti ci trascino io!" url� Lex.
"Non lo farai" asser� sicura Pax.
"Si?".
"Non � questo il modo d'aiutarmi, e se non mi aiuterai non ti disferai di me... Non sei un buon samaritano, ma neppure un criminale" disse lei.
"Sali in macchina " le ordin�.
Questa si sistem� sul sedile accanto al guidatore.
"Come hai notato, disse Lex chiudendo le portiere con la sicura, non ho messo in moto, perch� conto di farti ragionare: devi sottoporti ad accertamenti clinici e fornire dati precisi su di te; � nel tuo interesse, Pax, non ti faranno uscire senza che una persona responsabile vegli su di te. Inoltre i tuoi parenti saranno in ansia, e li capisco, forse avete avuto dei problemi, ma esistono strutture adeguate per risolvere queste faccende; scappare non ha risolto nulla, Pax.
Ho fatto ci� che potevo, ora..."
La fiss�, era come l'aveva immaginata, era stata in silenzio troppo tempo: Pax dormiva.
"Dannazione!" imprec� Lex, mise in marcia e fece ritorno a casa, stando attento a non destarla.

Capitolo 2�

Lex si sofferm� un attimo sul viso addormentato di Pax, aveva due sole opzioni per evitare che la servit� venisse destata e scoprisse che, contro un parere medico e senza l'autorizzazione dei tutori, aveva preso in casa una minorenne.
L'entrata era stata spalancata in precedenza, ora Lex doveva prendere Pax e portarla in luogo discreto dove si ristorasse per il maggior tempo possibile, mentre lui cercava di restituirla ai genitori, o chi per loro; appena l'ebbe sollevata si rese conto di quanto fosse fragile e leggera, gli pareva una bambola di stoffa, non perch� ogni suo arto pendeva apatico, come se fosse privo di massa muscolare, ma perch� era piccola sia nelle dimensioni, che nell'aspetto.
Lex aveva cercato di non porre freno alle emozioni che le persone gli suscitavano, sua madre sosteneva che erano la parte pi� vitale dell'essere umano, ma lentamente, senza che Lex lo volesse o vi facesse caso, i suoi sentimenti si intorpidivano, si spegnevano come candele consumate, spesso Lex guardava volti, parlava con individui verso cui non sentiva nulla, n� di positivo, n� di negativo; per cui non provava simpatia, o antipatia, che considerava semplici pedine.
Pax sin dal primo istante, quando l'aveva vista sporca di sangue e in pieno delirio, lo aveva scosso da questa apatia, aveva alternato la tenerezza alla rabbia, in un'altalena di sensazioni a cui non era pi� abituato.
Chiuse la portiera e l'uscio con un calcio, non sentiva pi� l'ira provata all'ospedale, anzi il tenere fra le braccia quella ragazza sfinita, cancellava la saccenza e la spudorata sicurezza nella voce di Pax, pi� la teneva stretta a s� pi� si convinceva che era una creatura innocente, sottoposta a maltrattamenti, forse malata, piena di paura e incertezza. Una volta salito al piano superiore scelse la prima opzione, la pi� semplice e priva di rischi: non senza difficolt�, entr� nella stanza di Victoria, con in braccio Pax, che acquistava velocemente peso.
Victoria non vi aveva mai trascorso la notte, in quella camera arredata sontuosamente, spesso aveva sonnecchiato sul letto durante il primo pomeriggio, o vi si era recata per cambiarsi d'abito, truccarsi o avere il bagno a completa disposizione, nonostante ci�, Lex non aveva permesso che il letto venisse disfatto, e tutto tornasse buio e l'aria stantia, come era prima che Victoria la occupasse. L'uomo sistem� Pax sulla trapunta rosa, e gli parve di inalare il profumo della precedente inquilina, i ricordi, belli e brutti, inaciditi dall'epilogo di quella storia, lo trasportarono lontano, e quando torn� alla realt�, not� che Pax si era rannicchiata sul fianco, nella posizione di un feto nel grembo materno.
Lex la sollev� con cura e cerc� di sfilarle la borsa, ma la ragazzina emise una serie di lamenti soffocati dal sonno, che la riportavano alla veglia, lasci� perdere: era evidente che nella borsa vi erano i suoi documenti, e che la fanciulla ci tenesse a mantenere l'anonimato.
Lex scost� un lembo di trapunta e copr� Pax, ella si distese, sulla sua faccia si dipinse una smorfia schifata: "Cosa � questo odore?" mormor� con disappunto.
Lex s'avvi� all'uscita, la mattina, una volta sveglio, avrebbe cercato e trovato tutto quello che riguarda Pax, che lei lo volesse o meno, quindi avrebbe avvertito la famiglia e i servizi sociali, nel caso fosse vittima di violenze. Un lavoro semplice e rilassante, ne concluse.
"Brian? Oh... No, Brian, no!" bofonchi� la ragazzina.
Lex si gir� rest� in attesa, dalle palpebre chiuse di lei non scivol� neppure una goccia di sangue, eppure leggeva la paura nel pronunciare quel nome.
"No, Brian, no!" ripeteva.
Lex si sedette accanto a lei, un attimo, le sfior� la fronte imperlata di sudore.
Cerc� una sistemazione accettabile, in quel materasso troppo soffice e rest� immobile a controllare il respiro e le pulsazioni della ragazzina. Sent� il nome "Brian" altre mille volte, poi Pax tacque come vinta, e alle prime luci dell'alba, quando il suo sonno divenne quieto e profondo, Lex si alz�.
Chiuse la finestra, ed infine la porta a chiave, era sicuro, che una volta sveglia Pax si sarebbe fatta sentire. Si, disse fra s�, temo che in tutta Smallville la sentiranno.

Capitolo 3�

Lex Luthor rest� alcuni istanti a fissare il proprio riflesso nello schermo nero e opaco del monitor: appariva ancora pi� pallido ed ossuto di quanto non si figurasse e vide nei suoi occhi un'ombra scura, qualcosa di inarrestabile che invadeva la sua pupilla, che infettava il suo pensiero.
Egli decise, infine, di non perdere tempo prezioso spulciando le 17 pagine delle persone scomparse segnalate dalla polizia, ma mise il nome Pax come chiave di ricerca. Il risultato fu il vuoto totale, cos� pure se la giovane si fosse chiamata Paxandra, Paxentra, o Pax fosse il suo cognome: di lei non vi era alcuna traccia. Lex lesse con sgomento il numero delle minorenni fuggite o rapite da casa, 154 nella sola provincia di Metropolis, nonostante ci� salv� il materiale e inizi� pazientemente a guardare le foto delle fanciulle.
Ad un tratto gli parve di vacillare e spense il portatile in fretta, sulle prime, Lex, come tutti coloro che si trovavano nella casa dei Luthor, credette si trattasse di un terremoto, o del cedimento del piano superiore, ma non appena fu balzato in piedi, sent� che quei tonfi sordi avevano una cadenza quasi musicale.
Lex spalanc� la porta del proprio studio e trov� il maggiordomo ad aspettarlo, con sguardo preoccupato: "Volete che chiami la polizia, signore?" chiese l'uomo.
"Uhm... Per adesso, no" rispose seccamente, mentre saliva le scale.
La tenerezza che lo aveva animato per le lunghe ore di veglia, stava svanendo per lasciare spazio ad un senso di rabbia, di frustrazione che a stento Lex dominava.
Le dita di lui afferrarono la chiave di bronzo, e la cacciarono nella serratura con furore.
I colpi cessarono, un piccolo grido di soddisfazione sfugg� alle labbra di Pax.
"Ebbene?" la incalz� Lex trovandosi davanti la ragazzina scarmigliata.
Pax sorrise beffarda: "Le domande spettano a me, questa volta, Lex Luthor?" ribatt� ironica.
"Non � questo che mi risulta" le disse entrando nella camera.
Pax indietreggi�, senza una sfumatura di paura, ma anzi fissando Lex con sicurezza: "Davvero?"
"Vedi la realt� da uno specchio deformante, Lex" disse ella, "come tutti i Luthor; mi hai chiuso in una stanza, dopo aver disfatto il letto come se ci avessero ballato sopra le donnette di Rio, e io non ho il diritto di esigere una risposta?".
"Sei stata tu a scegliermi, ora segui le mie regole: nessuna fuga, nessuna impertinenza e dosi massicce di quiete, oltre che la tua biografia aggiornata a dieci minuti fa!" la imbecc� Lex, incurvandosi, per vederla meglio, per far risultare la propria altezza.
Pax non era intimorita, anzi si scaldava sempre di pi�, quasi attendesse uno scontro aperto: "Cosa � accaduto questa notte?" chiese con voce malferma.
Lex sospir�: "Nulla, eri agitata, poi il tuo sonno si � calmato... Credi che possa farti qualcosa?".
"No, non � questo... Ho fatto cose particolari?" disse imbarazzata Pax.
"No, e non hai perso sangue dagli occhi.
Puoi dire qualcosa a me, adesso, io ti rispondo poi tu mi rendi il favore" azzard� Lex.
Pax indic� un uscio: "� il bagno? C'� acqua calda?".
"Si, ma..." bofonchi� Lex.
"Vado a darmi una rinfrescata con il tuo permesso, e scusa il disturbo. Buona giornata!" disse Pax gioviale, si divincol� da ogni discussione e si chiuse la porta alle spalle.
"Hai visto Il silenzio degli innocenti vero Lex? Beh... Il metodo di Hannibal non funziona con me!" strill� mentre l'acqua scrosciava copiosamente.
Lex l'attese per un'ora e la sua mente cerc� ogni possibile indizio avesse in suo possesso sulla ragazzina, sull'accento perfetto, sulla dimestichezza con i termini, con la lingua corrente, sul suo ostinato, spinoso carattere.
Fin� col sorridere: "Mio padre deve spiegarmi tante cose!" pens� fra s�, e, anche se si rifiutava d'ammetterlo, badare ad una piccola testa calda come Pax non gli spiaceva.
Pax si trad�, o meglio commise un errore che le fu fatale: usc� dal bagno in ordine, i capelli scuri lisci sulle spalle minute, il viso disteso dal sonno e dalla permanenza nella vasca. Indossava una divisa scolastica, portava una gonna a pieghe blu, una camicetta azzurra e una giacca color oceano, da cui aveva strappato lo stemma.
"Io ho fame, e tu?" disse allegra.
Lex sfior� uno dei fili con cui il simbolo della sua prestigiosa scuola era applicato sulla stoffa e incresp� le labbra: "Uhm... Abbiamo frequentato lo stesso istituto Pax" esult� con voce sommessa.
"Potrei averla rubata ad una ingenua scolaretta" disse ella di rimando.
"E come, penetrando nei Dormitori femminili, soffocando una tua coetanea, che aveva le tue medesime misure e fuggendo con abiti normali?" rise Lex.
"Ho visto di peggio" ebbe il coraggio di ribattere Pax.
"La divisa � tua, per�" disse Lex.
Pax annu� tristemente.
"Da quanto sei fuggita e perch�?" domand� Lex.
La ragazza croll� sul letto, a capo chino: "Conosci qualcuno di nome Brian?".
"No e tu?".
Ella scosse il capo: "Non mi riesce di... Ascolta" disse Pax, "mi starai a sentire, devo raccontarti una storia".
Lex le si sedette a fianco: "Sono qui, Pax" disse comprensivo.

Capitolo 4�

Lex Luthor s'alz� dal letto in cui, troppo a lungo, era stato seduto, i suoi passi lo condussero sino alla finestra della camera: il giardino offriva il suo lato migliore, ed i cespugli potati con ordine parevano sorridergli, l'erba stessa scintillava alla luce di un sole abbagliante e primaverile. L'uomo emise un profondo sospiro, era certo che Pax attendesse una sua risposta, ma le parole che potessero esprimere la sua totale mancanza di giudizio a riguardo non esistevano.
Infine, Lex parl�, ma senza voltarsi verso la ragazza, la sua frase era troppo banale, perch� ella non se ne burlasse, e questo lo avrebbe trascinato in uno scoppio d'ira inutile: "Questa storia �... � semplicemente assurda!" disse.
Pax non ribatt�, rest� muta, come alle domande circa la propria famiglia, Lex si risolse a scrutarne le reazioni, ma la giovane era nella medesima posizione in cui l'aveva lasciata, la sua testa era ancora pi� curva, e guardava le lunghe dita affusolate, magre come lance: "Una ragione in pi� per crederci, ne convieni Lex?" la voce di Pax suon� stranamente triste, sotto la patina beffarda.
Lex si massaggi� la base del naso, quasi confuso poi si scontr� con gli occhi densi di oscurit� di lei : "Pax, ma sei sicura... ?" inizi� con diplomazia.
"Si" sbott� Pax, "certa di tutto quanto ti ho detto.Io non ti ho mai mentito, Lex, semmai ho taciuto!".
"Quindi il tuo nome � Pax?" la imbecc� Lex.
Ella annu�.
"Perch� non sei nell'elenco delle persone scomparse?" domand� Lex, sapeva che stava scoprendo rapidamente le sue carte, ma la situazione era pi� grave di quanto avesse immaginato, e temeva che Lex lo trascinasse dove non desiderava cadere.
Pax sorrise: "Chiedilo alla preside, signor Luthor, disse di rimando, e poi fatti dare il mio fascicolo: avrai la risposta".
La ragazzina sistem� la cinghia della borsa: "Sono davvero desolata che tu non riesca a capire la realt� sotto il mio punto di vista, esclam� poi, perch� sai che di questo si tratta: vedere il mondo attraverso il mio sguardo. Ne deduco che � chiedere troppo ad un Luthor!". Balz� in piedi, piena d'energia e vitalit�.
"Mi chiedo chi ti abbia parlato dei Luthor..." comment� Lex, poteva ricavarne un'informazione preziosa, oppure avere l'onore dell'ultima battuta.
"Un meteorite della loro vita" rispose Pax, e Lex sospir� vinto davanti a quel paziente occultamento di prove circa la sua identit�.
"Cosa nascondi, Pax?" domand�.
"Ti ho detto quanto ti dovrebbe bastare" disse Pax.
Si avvi� all'uscita dalla stanza.
"Vado, Lex, non ho tempo" mormor� la ragazzina.
Lex l'afferr� per un braccio, con violenza, Pax tent� di dibattersi ma con scarsi risultati.
"No, rimani, qui Pax... Non posso permettere che tu vada in giro!" disse autorevole.
"Tu non hai alcun potere... Lasciami!" grid� Pax, la mano libera si impegnava a colpirlo ripetutamente sul braccio, penetrando la sua carne con le unghie piccole come spilli.
Con uno spintone Lex scaravent� Pax al suolo, quando la vide offesa sino alle lacrime, una morsa gli serr� lo stomaco, ma disse soltanto: "Perdonami... Ti far� portare la colazione".
Chiuse la porta a chiave.
Ignor� i tonfi, gli urli della fanciulla, e la servit� non fece domande indiscrete, non osavano anche chiedersi chi fosse Pax, perch� erano consci di che prezzo si pagava opponendosi ai piani di un Luthor.
Lex sedette nel suo studio, lo schermo attendeva un comando, il silenzio era vicino, gli insulti sporadici, i pugni alla porta sempre pi� rari: Pax si stava calmando, infine aveva vinto lui.
Lex mise una parola nel motore di ricerca: " Pax" e non tard� a trovare fra i siti umanitari elencati quello del Comune di Metropolis.
"Non mentivi!" assent� mentre leggeva la schermata.
Pax Spes Owens era nata il 31 Marzo di quattordici anni prima, in una clinica privata, la madre era una certa Christina Roxie Harts e Theodor Owens, il padre.
Era figlia unica, erede di una fortuna consistente, se la memoria non lo tradiva, Ted Owens non era un pivello nel commercio di automobili, ma per maggiori informazioni gli sarebbe bastato cercare il certificato di nozze fra Harts e Owens, mai ratificato, come disse un secco messaggio di Metropolis.
Aveva ancora domande senza risposta, ma la voce del maggiordomo lo distolse dai suoi pensieri.
"Signor Luthor, lo chiam�, temo che la signorina non pranzer�".
"E perch�? La colazione � stata sufficiente?" chiese Lex.
"No signore, perch� si � calata dalla finestra ed �... Fuggita, appena la cameriera � uscita per la spesa, � passata oltre i cancelli come un lampo" rispose l'uomo.

Capitolo 5�

L'ultima volta che Pax aveva visto Smallville era stato dal finestrino dell'auto del padre, mentre questi cercava una traccia di Roxie, sua madre, la ragazza si era accomodata nel sedile posteriore e da l� guardava la citt� correre davanti ai suoi occhi; non era certo uno dei suoi pi� piacevoli ricordi.
Aveva circa nove anni, all'epoca, ne era sicura, perch� Pax era intimamente convita che tutti fossero simili a lei, e si stupiva di come suo padre non capisse, che la sua adorata Roxie era fuggita con un uomo alto e bruno; la paziente costanza delle sue compagne di scuola nel definirla "Pax la strega" l'avrebbe persuasa che era lei, la persona "diversa", che la stranezza fosse dannosa e pericolosa.
Lo sguardo della giovane vagava con ansia sui volti dei passanti, sui cartelli stradali in cerca di un indizio che la portasse da Brian, prima che fallisse, e Pax non aveva mai tardato, da quando aveva compreso chi realmente fosse lei.
Il semaforo scomparve dalla sua visuale, Pax non era pi� in quella parte di Smallville, la sua mente era fuggita altrove, per fondersi ad un'altra, in un mondo parallelo, eppure seguitava a camminare.
Torn� nel proprio corpo quando sent� una stretta dolorosa ai fianchi.
"Attenta!" disse una voce maschile.
Pax alz� lo sguardo e vide un solido uomo di mezza et�, alto ed atletico che le sorrideva: "Non si attraversa con il rosso, disse, anche se si sta pensando ad altro!".
Pax sorrise: aveva trovato Brian o cos� sperava.

Lex Luthor ne concluse che avvisare la polizia o la famiglia Owens fosse assai compromettente per la sua immagine, non che temesse di essere additato come rapitore di una minorenne, ma le complicazioni giuridiche che rischiava lo seccavano; l'ospedale di Smallville aveva gi� telefonato per informazioni su Pax, ma al momento riteneva di non essere sufficientemente informato.
Le pareti di casa parevano urlargli di uscire, di respirare aria fresca, di scrollarsi del ricordo di quella petulante creatura, entrata nella sua vita con la velocit� di una scheggia. Immaginava i guai in cui Pax poteva sprofondare, ma lui aveva fatto quanto in suo potere per proteggerla, ed era stato malamente ricompensato, aveva teso una mano e Pax l'aveva rifiutata.
Lex aument� la velocit� della sua macchina; tormentarsi per qualcuno che non reagisce agli sforzi che si compiono per essa � una spaventosa perdita di tempo, persino sua madre avrebbe capito che tormentarsi su cosa aspettasse Pax era inutile.
La distesa verde davanti ai suoi occhi ebbe l'effetto di un balsamo su di un livido, Lex scese alla ricerca di un luogo tranquillo, cammin� sino alla staccionata dei Kent e con un senso di piacevole soddisfazione, fece un cenno di saluto a Clark.
Il ragazzo lo raggiunse di corsa: "Ciao Lex... Va tutto bene?" domand�.
"Si, certo, non capisco perch� lo chiedi" rispose seccamente Lex.
"Hai il viso stanco" osserv� Clark.
"� un periodo di intenso lavoro questo..." si giustific� malamente Lex.
"Capisco, la scuola mi ruba parecchio tempo libero, per tacere del resto!" sospir� Clark.
"Il resto? C'� nella tua vita una nuova... Notizia?" ribatt� ironico Lex Luthor, con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
Clark scosse il capo: " Non nel senso che vorrei... Entra, ti prego, disse Clark, siamo assai ospitali oggi".
Lex attravers� il cancello spalancato.
"Credi che tuo padre gradir�, la mia visita di cortesia?" lo interrog� Lex.
Clark alz� le spalle: "Mio padre � impegnato, rispose, inoltre � lui ad aver aperto le danze: vedrai!".
La signora Kent, da perfetta donna di casa quale era, fece accomodare l'ospite nel soggiorno: "Gradisci una tazza di the, Lex?  Preferisci un caff�?" disse trillante.
"Grazie signora, fece di rimando Lex, non voglio disturbarla".
"Nessun disturbo e la teiera � gi� pronta!" esclam� ella con un abbagliante sorriso.
Clark gli fece segno di seguirlo.
Pax Spes Owens sedeva sul divano di casa Kent, con le mani strette in grembo, vagamente impacciata, come se si trovasse in un pianeta sconosciuto.
"Cosa... Cosa...?" balbett� Lex.
Pax alz� lo sguardo inviperito: "Per favore Lex non darmi il colpo di grazia: il signor Kent, grazie a suo figlio, spieg� fulminando Clark con gli occhi scuri, ha avvisato mio padre di dove mi trovo!".
Lex non rispose, ma Pax non aveva finito: "Che cosa ne sar� di me?
E Brian... Dovrei dimenticarmi di Brian?" si lagn� Pax.
"Kent-Luthor 1 a 0, Clark" mormor� Lex, mentre cedeva il passo alla signora Kent.

Capitolo 6�

Brian, per Pax quello non era un nome, ma un appuntamento con il destino, ben pi� spaventoso dell'ira paterna, chiese alla padrona di casa il permesso di sdraiarsi sul divano, ed ella annu� con un sorriso gentile.
La testa pareva esplodere e il nome di Brian rimbombava in ogni angolo del suo corpo; Pax chiuse gli occhi, Lex si dilegu� quando parve addormentata e in cucina trov� Kent senior: "Buongiorno, signore!" disse diplomatico Lex Luthor.
"A te; grazie per esserti interessato a Pax, ma adesso arriver� il di lei padre e la faccenda sar� risolta felicemente" rispose in tono brusco il signor Kent, quasi che Pax fosse una parente a lungo cercata.
"Vorrei parlare con Brian Owens, Pax ha dei problemi da risolvere..." disse Lex.
"Il fatto che sia scappata dalla scuola ne � la prova lampante, non occorre altro, Lex Luthor" ribatt� J. Kent.
"Ti prego!" disse la signora Kent, ma in quel mentre una macchina nera si intravvide all'orizzonte.
Brian Owens non guidava un'auto da quando era sparita la moglie Roxie, la vista di un volante lo irritava, per questo aveva assunto un autista, per sua fortuna prudente e ligio al dovere.
"� questa la casa, signore?" domand� l'autista.
"Si, Brian, aspettami qui, prendo mia figlia e ci dirigiamo a Metropolis..." disse mentre scendeva a terra.

Era sola, nessuno sarebbe accorsa in suo aiuto, e lui era l�, in quel lurido vicolo, Brian giganteggiava in tutta la sua crudelt�; l'incubo, la premonizione termin� in un grido disperato.

Capitolo 7�

Pax era ancora spaventata fra le braccia della signora Kent quando il signor Owens fece irruzione nella casa; era reduce da una notte insonne e si notava, occhiaie profonde le tagliavano un viso rugoso, da vecchio, da uomo trascurato e che trascurava, Lex si present� e spieg� come aveva conosciuto la ragazzina.
I singhiozzi di Pax attiravano, giustamente, l'attenzione di Owens ma egli sussult� nel sentire degli occhi insanguinati di Pax.
"� una maledizione, farfugli� come tra s�, un tormento senza fine".
Prima che Lex potesse fermarlo o cercare di rassicurarlo egli si scaravent� nel soggiorno.
"Perch� non me ne hai parlato?" chiese furibondo.
Pax alz� il volto stravolto: "Perch� tu non vuoi capire... A te interessa solo la pace, ma alcune persone non hanno questo dono... Ne hanno altri!" disse la ragazza con tono di sfida.
"Queste sono idee di tua madre, noi sappiamo bene cosa � giusto e ci� che � sbagliato!" esclam� il padre.
"Noi, chi?" lo provoc� Pax.
"Tu ed io".
"No, tu... Io ho altre priorit� che il mio conto in banca!" url� Pax balzando in piedi.
"Ingrata ed impudente, credi che faccia questo per me?" strill� lui.
La signora Kent riprese fra le braccia una riluttante Pax e il signor Kent parl� a lungo con Owens, sino a renderlo mansueto.
"Due ore, poi riconduco mia figlia a casa... Pax..." chiam�.
La giovane annu�.
L'uomo usc� dalla casa e rispose ad una muta domanda: "Si, Brian, portami in un bar... Hai due ore libere ".

Capitolo 8�

Lex Luthor aveva superato i limiti di velocit�, ma non se ne curava, i suoi occhi percorrevano il profilo di Pax, che assorta in strani pensieri non toglieva lo sguardo dalla strada.
"Hai idea dei guai che passer�, per colpa tua?" la incalz� infine, con voce severa, irritata dalla sua totale incuranza alle conseguenze pratiche.
"Io non lo faccio per divertirmi, Lex!" protest� con un sospiro Pax.
"Per me invece � molto eccitante essere accusato di rapimento, di passare dalle mani del signor Kent a quelle di tuo padre, per poi fornire una delirante versione dei fatti alla polizia" esclam� Lex.
"Mi risulta che non passassi le serate in preghiera..." ribatt� prontamente la fanciulla.
Lex strinse le mani sul volante, la sua ira, la sua frustrazione erano sentimenti tanto brucianti, quanto ingiustificati, dato che aveva ceduto alle suppliche di Pax di condurla in un luogo a cui non sapeva dare un nome, senza avvertire i Kent che erano i custodi momentanei della irrequieta ragazzina.
"Mi importa relativamente di cosa ti risulti, ma ci tengo a precisare che le mie compagnie erano maggiorenni, Pax!
Sai cosa insinueranno?" disse come a se stesso.
"Io negher�, sei il solo che prova a capirmi..." lo rassicur� Pax.
Il tono della voce di lei, quelle parole quasi mormorate avrebbero avuto migliore accoglienza ore prima, quando Lex non si sentiva un'autista di una malata mentale.
"Dove vuoi andare?
A fare cosa?" s'infervor� al contrario.
Pax chin� la testa sulle dita graffiate: "Ho visto un omicidio..." sussurr�.
"La polizia � nella direzione opposta!" la inform� rudemente.
"Non � cos� semplice, non sempre ad azione corrisponde reazione, Lex, a volte si pu� provare ad invertire l'ordine naturale" spieg� Pax.
"Sta zitta!" grid� Lex.
Pax volt� il viso e se stesse piangendo Lex non seppe dirlo, ma si impose di non addolcire i modi, non a quel punto: doveva liberarsi di quella creatura che lo sconvolgeva, lo avvinghiava alla sua sorte come se tra loro fosse stato stipulato un patto.
Pax non inebriava i suoi sensi, era troppo giovane e delicata, non era n� docile, n� socievole come avrebbe dovuto essere una ragazza per avere la sua amicizia, eppure avvertiva una tenerezza viscerale verso Pax, quel legame che sua madre chiamava "viscerale".
"Qui! Fermati!" ordin� Pax, ma era disperata, come se rincorresse un condannato a morte per salvarlo.
"� il vicolo dove ti ho trovato" comment� Lex mentre seguiva, con con la testa, Pax scaraventarsi fuori dalla vettura.
L'uomo rest� immobile, vedeva il viso di sua madre, il pi� amato nella vita, quello di Victoria, e sapeva che avrebbe rimpianto Pax come aveva fatto per tante, troppe persone, perdute fra le pieghe del tempo, scappate come Pax e non inseguite.
Era un Luthur, si era ripetuto, nessuno valeva il proprio orgoglio, o l'umiliazione di chiamare un nome prima che svanisse nelle nebbie della memoria, nessuno valeva il suo perdono.
Ud� un singhiozzo strozzato, proveniva dal vicolo, se fosse sceso avrebbe capito a cosa Pax si riferiva, l'avrebbe compresa, e lei si sarebbe legata a lui, un legame profondo, fraterno, di protezione reciproca.
"No! Non merita di vivere... Ha distrutto la mia vita!" url� quello che doveva essere Brian.
Lex doveva scendere, raggiungere Pax, darle quel sostegno che un'emarginata dalla vita come lei reclamava, erano 50 passi: 50 passi che lo separavano da un'amica.
"Se le far� del male, non avr� pi� una vita" mormor�.
Il silenzio lo avvolse, un altro singhiozzo, un gemito, la sagoma di una donna che fuggiva.
Pax rientr� in automobile: "Avremo bisogno di un altro autista, temo..." osserv� con voce sollevata.
Brian sal� dietro di loro.
Lex volle parlarle, ma le parole morivano nella sua gola.
"Portami da mio padre, Lex, e grazie per la pazienza... Hai salvato pi� di una vita!" gli sorrise Pax.
Era vicina, era lontana.
Pax era gi� un rimpianto.

Fine

Questo lavoro non ti rende giustizia, pap�, ma spero ti piaccia.

 

Appendice

Pax ha capacit� divinatorie, aveva visto una persona chiamata Brian uccidere una donna, era quindi fuggita dal collegio e finita nel vicolo dove il crimine sarebbe stato commesso, l� aveva "vissuto" la scena (Capitolo 1); la madre di Pax doveva avere una capacit� analoga, ed anch'essa accompagnata dal sangue dagli occhi (una mia idea per testimoniare lo sforzo di guardare in una dimensione parallela) come il padre di Pax accenna a Lex.
Quando Pax sente che l'autista del padre si chiama Brian, decide di tornare nel luogo dove ha visto l'omicidio e supplica Lex di accompagnarla in auto, questi accetta, pur sapendo che erano i Kent a doversi occupare della ragazzina.
Scesa dalla macchina Pax vede Brian e la sua vittima, noi seguivamo la vicenda dal punto di vista di Lex, ma la giovane avr� convinto il ragazzo a non uccidere la donna, forse una sua ex-fidanzata (si intuisce dalla frase) e lo invita a salire in auto con lei, Brian � ovviamente sconvolto.
Pax sembra, agli occhi di Lex, delusa e "lontana" tanto pi� che gli chiede di portarla dal padre e lo ringrazia con una frase banale.


Fan Fiction � 2002/03 Antonio Genna - Smallville Italia
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